Opinioni
Sala stampa di Aldo Maria Valli
Un settembre in viaggio
Il settembre 2009 di Benedetto XVI è caratterizzato da due viaggi: il giorno 6 a Viterbo, dal 26 al 28 nella Repubblica Ceca.
Nel capoluogo della Tuscia, noto come la città dei Papi (qui ne vennero eletti cinque), il Pontefice rende omaggio a santa Rosa (1233-1251), la giovane vissuta nel periodo in cui l’imperatore Federico II è impegnato a ottenere il controllo della città a discapito dello Stato della Chiesa. Nata con una grave malformazione fisica (la mancanza dello sterno), educata secondo l’esempio di san Francesco, dedita alla preghiera e all’aiuto ai poveri, in seguito alle lotte tra guelfi e ghibellini è costretta all’esilio con la sua umile famiglia. Protagonista di molti episodi prodigiosi già in vita, muore a soli diciotto anni. Il suo corpo è trovato incorrotto e nel 1457 è proclamata santa. Ogni anno, in suo onore, la sera del 3 settembre, a ricordo della traslazione del corpo, cento portatori trasportano per le strade della città la «macchina di santa Rosa», un campanile illuminato, alto trenta metri e pesante cinquantadue quintali, sormontato dalla statua della santa. Ma Viterbo è nota anche per quanto successe nel 1271. I cardinali, riuniti per eleggere il successore di Clemente IV, dopo tre lunghi anni non riuscivano ancora a trovare un accordo. I viterbesi, persa la pazienza, decisero di chiuderli a chiave (clausi cum clave) e di togliere il tetto alla sala dell’elezione: fu eletto Gregorio X. Così nacque il «conclave». Durante la visita è inoltre prevista una tappa a Bagnoregio, con l’omaggio all’unica reliquia rimasta di san Bonaventura, il teologo e biografo di san Francesco al quale il giovane Ratzinger dedicò la tesi di dottorato.
Nei due giorni nella Repubblica Ceca il Papa visita invece Praga e Brno e si confronta con quello che è forse il Paese più ateo d’Europa, dato che due terzi della popolazione si dichiarano non credenti. Appuntamenti importanti, domenica 27 settembre, sono l’incontro ecumenico e quello con il mondo accademico.
Via della conciliazione di Alessandra Borghese
Contemplative in Vaticano
Nel cuore dei giardini vaticani, tra le querce, i pini e i mirti, si scorge un piccolo edificio. Si capisce subito che si tratta di una chiesa moderna e ciò incuriosisce ancora di più. Il mistero si chiarisce una volta entrati, non appena lo sguardo coglie nella penombra il piccolo coro dietro le sbarre: siamo in un monastero di clausura. Pochi sanno che esiste un luogo del genere in Vaticano. Il piccolo convento, a due piani, in mattoni sabbiati, è arroccato di fronte alle mura Leonine. Circa cinque anni fa sono arrivate le suore benedettine in sostituzione delle carmelitane, e a ottobre ci sarà un ulteriore cambio di guardia con le visitandine. L’iniziativa di far costruire la casa di preghiera Mater Ecclesia – così si chiama il monastero – è stata del Servo di Dio Giovanni Paolo II, che la inaugurò il 13 maggio 1994, nel tredicesimo anniversario dell’attentato di Alì Agca.
Per papa Wojtyla, la preghiera è sempre stata la base di tutte le attività della Chiesa, necessaria per rinnovare la conversione dei cuori ma anche per leggere con precisione i segni dei tempi. Le parole di Giovanni Paolo II che spiegano la decisione di far nascere questa realtà monastica sono semplici e commoventi: «La vita contemplativa appartiene alla pienezza della presenza della Chiesa nella società. È perciò opportuno che anche nella Città del Vaticano, accanto al successore di Pietro, vi sia una specifica espressione della vita pienamente consacrata alla contemplazione e alla penitenza nel totale distacco dal mondo. Pertanto, rispondendo a un intimo e antico desiderio, ho voluto stabilire vicino alla tomba del Principe degli Apostoli una comunità di monache che, con il fondamentale contributo della preghiera e la testimonianza gioiosa della fervente carità, partecipino alla quotidiana premura del Papa per tutta la Chiesa».
Le monache sono in un certo senso gli angeli custodi del Santo Padre e dei suoi collaboratori. La loro preghiera, se pur cantata in gregoriano dal piccolissimo coro, si diffonde con forza in ogni stanza del palazzo apostolico.
Flash diocesi a cura del Sir
– Napoli
«Catacombe senza barriere». Si chiama così il progetto promosso dall’arcidiocesi di Napoli con l’obiettivo di rendere le catacombe di San Gennaro accessibili ai disabili. L’arcidiocesi intende predisporre tutte le azioni necessarie per rendere fruibile il monumento a chi ha forme di disabilità sia motoria che sensoriale. Si tratta «di un progetto ambizioso e delicato – spiegano all’arcidiocesi partenopea – perché si propone di ideare e realizzare un primo esempio di accoglienza, nell’ambito della Chiesa di Napoli, che permetta a tutti i nostri fratelli e sorelle di poter fruire di un grande patrimonio culturale e religioso».
– San miniato
Un «Fondo per la famiglia» per chi si trova in difficoltà economiche. A istituirlo, sull’esempio di altre Chiese locali e della Cei, è la diocesi di San Miniato, in collaborazione con la locale Fondazione Cassa di Risparmio.
«Il Fondo che abbiamo costituito – spiega il vescovo, monsignor Fausto Tardelli – si chiama “Prestito della speranza”, secondo quanto indicato dalla Cei. Per il sostegno “a fondo perduto” la dotazione è di mille euro a famiglia. Per il micro-credito, invece, è di tremila euro, rimborsabili in tre anni a partire dal secondo».
Le domande saranno selezionate dalla Caritas diocesana e dalle parrocchie, insieme con i tecnici della Cassa di Risparmio.
C.V. www.agensir.it