In ordine sparso…
Napoletano o di terracotta? Simbolico o realistico? Come che sia, da qualche parte della casa è d’obbligo che trovi un suo posticino, almeno fino all’Epifania. Che oltre a portarsi proverbialmente via tutte le feste, rompe le righe ai nostri presepi: dopo qualche settimana di onorato servizio natalizio, statuine, pecorelle, muschio e casette di legno, tutto torna ordinatamente negli scatoloni. Fino al prossimo Natale. Ma allestire un presepio casalingo non è questione da poco. E il risultato è spesso imprevisto e sconcertante, talvolta non del tutto teologicamente allineato.
Mi pare di vederli – perché in realtà li ho proprio visti a casa dei miei nipotini – i genitori che contrattano con i più piccoli la presenza o meno nel presepio di automobiline, dinosauri, peluche, soldatini o bambole. Ma anche la disposizione strategica dello stesso presepio, dove vanno posizionate statuine, pecorelle e tutto il resto. Ordini diversi si scontrano, spesso senza alcun margine di intesa.
Il risultato è alquanto improbabile come scena sacra, per giunta fissata da anni di presepi «fai da te» o contemplati nelle chiese. Già c’è comunque la statuina del pastorello, nel presepe napoletano chiamato Benino, che se la dorme bellamente, alla faccia di tutti gli annunci angelici. O quello della tradizione siciliana, zu’ Innaru, che a staccarsi dal caldo focolare non ci pensa proprio. Ma ci sono pure e duie cumpare zi’ Vicienzo e zi’ Pascale che devono prima concludere la partita a carte. Che dire poi dei Re Magi con il loro corteo di cammelli e servitù?! A qualche metro di distanza, dalla credenza della cucina, cominciano la loro lenta marcia di avvicinamento a Betlemme. E poi zampognari che disturbano la quiete pubblica, artigiani di ogni tipo alle prese con prosciutti e caldarroste, altri personaggi strampalati che sembrano usciti direttamente da qualche favola. Non tutti sembrano coinvolti dalla nascita misteriosa accaduta lì accanto, nella capanna. Anzi, se proprio devo dirla tutta, qualcuno sembra proprio neanche essersene accorto.
Dopo il passaggio di bambini e gatti, ci sono pure pastori del tutto «fuori rotta»: qualcuno distantissimo dalla meta da dubitare che arriverà mai in tempo alla festa, qualcun altro in cammino verso tutt’altra parte e immerso in pensieri e dubbi, altri stesi a terra tramortiti come se la notte fosse giunta inaspettatamente poco prima di loro. Qualche statuina sembra stanca di esserlo, senza un piede o con una gamba tenuta assieme maldestramente con un po’ di scotch. Tutti sono esemplari di quell’umanità sconosciuta, i cui volti sono sul muro dell’ufficio dello sceriffo tra gli uomini meno ricercati al mondo. Eventualmente il volto radioso di quel pastore esprime, a nome di tutti, la meraviglia per tutta quella grazia, e la consapevolezza di esserne indegno giacché anche solo un po’ di essa sarebbe stata comunque tanta e più del meritato.
E io mi ritrovo ogni volta a commuovermi di fronte a questo disordinatissimo spettacolo divino, a questo presidio permanente di misericordia! E a pensare che nel presepe, grazie a Dio, c’è davvero posto per tutti. Per me, forse senza neanche un soldo di fede nelle mani. Per chi ha già Dio negli occhi. Per chi per ora si accontenta di vedere il panorama da lontano. Perché, d’accordo, sarebbe bello andarci tutti assieme correndo verso quel bambino paziente che attende nella mangiatoia. Ma non è detto che anche zoppicando non ci si possa, presto o tardi, arrivare. Perché siamo tutti fogli scritti con l’inchiostro simpatico, quello che da bambini facevamo con il limone e che si rivela solo al calore di una fiamma. Quella del desiderio di Dio: «Con un desiderio distruggiamo tutto, / e con un solo desiderio trainiamo una vita intera» (Oliver Friggieri). Buon Natale a tutti voi!