Organi al self-service
Il Papa ha esortato «a sperimentare nuove terapie» per alleviare le sofferenze degli uomini, «evitando quei sentieri che non rispettano la dignità e il valore della persona».
In un intervento che ha trovato concordi molti medici e scienziati, Giovanni Paolo II, partecipando al recente Congresso internazionale sui trapianti tenuto a Roma, ha ribadito il no della Chiesa a progetti e tentativi di clonazione umana, allo scopo di ottenere organi da trapiantare, anche se l'obiettivo per la quale viene realizzata è buono.
Sembrano non esserci limiti agli interrogativi che la scienza pone alla coscienza. Il dibattito in corso in Italia e in diversi Paesi del mondo, sulle proposte di consentire l'uso di embrioni umani per le ricerche biotecnologiche ha riproposto all'opinione pubblica internazionale la questione della clonazione umana. Recentemente l'Europarlamento, con una significativa risoluzione, si è schierato contro. Pressanti e inquietanti domande suscitano in particolare gli studi sulle cellule cosiddette staminali. In estrema sintesi si tratta di cellule con due caratteristiche: la capacità di autorinnovamento molto prolungato, cioè di riprodursi a lungo senza differenziarsi, e la capacità di originare altre cellule «progenitrici di transito», quelle cioè dalle quali discendono i tessuti differenziati che compongono gli organismi.
Le moderne biotecnologie sembrano in grado di manipolare le cellule staminali a fini terapeutici. Si annuncia cioè la possibilità di cure per malattie, ad esempio di tipo genetico, finora mortali o fortemente invalidanti. Il punto dolente è però sui «mezzi» delle ricerche in questione. Evidentemente, tali cellule si trovano soprattutto - ma non solo - negli embrioni, cioè nel primo momento dello sviluppo dell'essere umano che, giova ripeterlo, è tale fin dal momento del suo concepimento. La ricerca scientifica ha usato soprattutto embrioni, prima animali e poi umani, grazie proprio a questa relativa facilità di procurarsi «materia prima». Basti pensare alle inseminazioni artificiali: per ogni bambino che si fa nascere «in provetta» o in «uteri in affitto» ci sono decine di embrioni «congelati». Ma tale uso distrugge, evidentemente, gli embrioni in questione, uccidendo esseri umani.
Come detto, le cellule staminali non si trovano solo negli embrioni. Sono presenti, ad esempio, nei cordoni ombelicali e, seppure in misura minore, negli individui adulti, da dove si potrebbero prendere senza ammazzare nessuno. A ciò, significativamente, fa riferimento un approfondito documento etico e scientifico pubblicato in agosto dalla Pontificia Accademia per la Vita: «Il dato ormai accertato della possibilità di utilizzare cellule staminali adulte per raggiungere le stesse finalità che (...) con cellule staminali embrionali - vi si legge - indica questa come la via più ragionevole e umana da percorrere per un corretto e valido progresso in questo nuovo campo che si apre alla ricerca e a promettenti applicazioni terapeutiche. Queste rappresentano, senza dubbio, una grande speranza per una notevole parte di persone sofferenti».
Va detto con chiarezza che l'uso degli embrioni si spiega semplicemente perché è meno costoso, soprattutto per le case farmaceutiche che finanziano le ricerche in attesa di lucrare i guadagni degli eventuali risultati, sostenute da più o meno interessati cultori del «libero mercato» che paventano di «perdere il treno della rivoluzione biomedica». Così come le stesse voci dichiarano che l'uso degli embrioni accorcia i tempi delle ricerche e che usare cellule staminali adulte significherebbe allontanare la speranza per molti malati.
Questione di tempi? Questione di soldi? O non piuttosto questione di rispetto per l'uomo? Su questi termini si basa un vero dibattito sulla clonazione. E sarebbe ora di costituire finalmente un autentico e autorevole forum internazionale.