Oriundi del pallone
Il calcio d";inizio sta per fischiare nell";umida Seoul, destinata ad accogliere la prima sfida dei Mondiali di calcio 2002. Nell";estremo oriente, tra le metropoli di Yokohama, Osaka, Seoul e Busan, le finaliste del primo campionato del mondo del terzo millennio si daranno battaglia per conquistare il trofeo disegnato negli anni Settanta da un artista milanese, Silvio Cazzaniga, e strapparlo dalla teca della Francia, trionfatrice dell";ultima edizione.
In campo scenderanno squadre blasonate e formazioni meno avvezze al grande palcoscenico della massima manifestazione sportiva dedicata al calcio, e tra le varie maglie nazionali non sarà difficile, ancora una volta, scorgere nomi, anzi cognomi, italici.
Nell";undici biancoceleste dell";Argentina sarà facile scovare atleti che rispondono ai nomi di Zanetti e Crespo. Altrettanto facile sarà associare le antiche origini peninsulari ai galletti francesi: Candela e Silvestre. In maglia belga invece troveremo un tale Walter Baseggio e un certo Fabian Carini in quella uruguagia. Una piccola comitiva, quella con DNA italiano, che proseguirà una tradizione nata fin dal 1930. Scorrendo le formazioni finaliste del primo Campionato, è infatti facile pescare a mani piene nella storia dell";emigrazione italiana. I nomi di Nasazzi, Cea, Mascheroni, Scarone e Supicci (Uruguay) e di Botasso, Della Torre, Varallo, Stabile, Paternoster, dei fratelli Evaristo e Monti (Argentina) aprono una storia fatta di talenti dalle origini italiane, cui il nostro campionato ha dato molti spazi. Lele Sansone e Francisco Fedullo, Attila e Rafael Sallustro, Benedicto Zacconi, Filho Guarisi, i fratelli Juan, Octavio e Leonisio Fantoni, i fratelli Frione, Bertini, Serafini, De Maria, Del Debbio, Ferrara, Scopelli, Garraffa, Demaria, De Vincenzi, gli uruguaiani Mascheroni, Porta, Faccio, Faotto, Uslenghi rappresentano la prima colonia di talenti importati dai vivai italiani d";oltreoceano. Talenti che hanno lasciato più di un segno nelle tante edizioni dei Mondiali di Calcio.
Tocca, ad esempio, a due uruguagi di origini tricolori "; Ghiggia e Schiaffino "; surclassare, nella finale del 1950 al Maracanà , il grande Brasile, provocando infarti e suicidi in tutto il Paese. E l";effetto non si fa attendere: in Italia saranno importati assi come Francisco Ramà³n Lojacono, Ernesto Tito Cucchiaroni, Silvio Parodi, Ernesto Grillo, cui seguiranno Manfredini, Sani e Clerici.
Intanto, ai Mondiali del Cile fu un italocileno, Jorge Toro, a decretare l";eliminazione della nostra nazionale, dopo una furiosa battaglia sul campo. Nell";indimenticabile (e amara) finale per-sa dall";Italia, la stratosferica formazione brasiliana schierò, tra i suoi, Piazza e Roberto Rivelino mentre la bellissima Italia del 1978 sconfisse un";Argentina molto italiana (vi ricordate dei vari Daniel Passarella, Tarantini, Bertoni e dell";allenatore Menotti?).
Il resto è storia recente. I trionfi italiani del 1982 in Spagna, fecero dimenticare funamboli oriundi come Platini e Scifo; campioni del mondo come Cuciuffo, Ruggeri, Giusti e Trobbiani (finalisti dell";86), gli argentini Simeone, Troglio, Sensini, Basualdo, Lorenzo, Dezotti (finali-sti di Italia `90), e il brasiliano
Junior Baiano (finalista in Francia `98) che hanno lasciato sui Campionati mondiali di Calcio le loro impronte italiche, regalando sempre un pezzo di tricolore a uno sport che sembra cucito addosso ai nostri cromosomi.
Il calcio è nei cromosomi degli italici
Per il bene del calcio italiano è logico, ammissibile e nazionalistico "; nel senso buono della parola "; guardare ai figli delle nostre colonie, figli di emigranti italiani. Essi possono sempre scegliere di diventare italiani. Con queste parole, la stampa italiana salutava, nel 1928, l";arrivo di Raimundo Orsi in casa della Juventus. Ferocemente osteggiato dall";Argentina, l";acquisto dell";attaccante "; nonché ottimo suonatore di tango "; nato a Buenos Aires da genitori genovesi, divenne suo malgrado il primo caso di cittadinanza contesa tra Argentina e Italia, e una grande carta da giocare sullo scacchiere della propaganda fascista, pronta a sostenere la volontà di esaltare l";italianità dei suoi figli sparsi nel mondo.
Non fu, però, il primo campione in calzoni corti ad arrivare dalla lontana terra delle Pampas. Julio Libonatti e Arturo Ludueà±a Chini giunsero infatti a Torino nel 1925, chiamati dal presidente Maroni "; direttore della Cinzano "; a sua volta figlio di emigranti italiani in Argentina.
Nell";inverno del 1929 arrivò alla Juve l";attaccante Renato Cesarini. Nato a Senigallia nel 1906, ed emigrato dopo un anno a Buenos Aires, Cesarini giocò sia nella nazionale argentina che in quella italiana, lasciando dietro di sé molti gol e la famosa espressione del gergo calcistico: zona Cesarini. Inoltre, finita la carriera di calciatore, si distinse anche come allenatore, sia della Juventus che del River Plate.
Nel 1934 l";Italia di Pozzo attinse ampiamente ai suoi oriundi. Orsi, Enrico Guaita e Luisito Monti regalarono la coppa e tornarono in Sudamerica, lasciando il testimone, nell";Italia del 1938 al solo Michele Andreolo, e strada facendo, una maglia azzurra anche al grande Attila Sallustro. Dopo la tragedia di Superga, l";Italia in maglia azzurra ricorse ancora una volta ai suoi figli sparsi in America. Ma senza troppo successo. All";edizione del 1958, l";Italia infatti non si qualificò, nonostante la presenza, tra le sue fila, di Ghiggia, Schiaffino, Da Costa, Pesaola e Montuori.
Nel 1957 la Juventus aveva intanto trovato una vera star: Omar Sivori. Pronipote di un emigrante partito nel 1818 da Cava dei Tirreni, Sivori fu ben presto conteso da Juve e Inter, che si consolò con Anton Valentin Angelillo. I due giocatori percorsero strade diverse ma entrambi vestirono la maglia azzurra. Nel 1958 fu la volta del Milan che scovò un altro attaccante di qualità impareggiabili: José Altafini, che giocò ben diciotto stagioni tra San Siro, Napoli e Juve (alla quale regalerà due scudetti).
Chiuse le frontiere ai giocatori stranieri, l";Italia puntò, dagli anni Settanta, sui suoi gioielli di famiglia, attingendo raramente agli oriundi nati fuori dai confini. Tra questi vi è stato, di recente, Bobo Vieri, (nella foto qui accanto) figlio di un";altra emigrazione "; quella in terra australe "; e di un";era calcistica moderna. Ma questa è attualità !