Orribile. Parola di «Variety»

10 Giugno 2000 | di

Cambiare o non cambiare? Seguitare o non seguitare? Questo è il problema e anche su questo versante Rai e Mediaset la pensano in modi diversi. Per Raifiction, il limone va spremuto fino all`€™ultima goccia. «Non per mancanza di fantasia o per pigrizia precisa il direttore di Raifiction Stefano Munafò `€“, ma perché il pubblico si affeziona a certi personaggi e privarlo di situazioni a lui diventate familiari equivarrebbe a perdere il suo consenso».
Anche se lo sfruttamento intensivo di una serie tende a far registrare una diminuzione anziché una crescita dello share (è il caso di Linda e il brigadiere, passato da un 32 per cento a un 24 di share), i programmi seriali della Rai prevedono un Linda e il brigadiere 4, un Maresciallo Rocca 3, un Commesse 2, una Piovra 10 e Un medico in famiglia 3. Come recita il detto popolare, «finché dura...!».
A Mediaset la pensano, invece, esattamente al contrario, tanto è vero che, nonostante la simpatia di Luigi Proietti e la popolarità  del suo personaggio, tra i programmi del Biscione non c`€™è traccia di una nuova serie di Antonio Porta, avvocato.
La cosa curiosa, in questa storia, è che i programmi danno segni di cedimento proprio quando cominciano a migliorare. Maurizio Costanzo, direttore artistico di Mediatrade, dimena la testa e si tormenta il baffo: «È paradossale, ma è vero. Abituandosi alla mediocrità , il pubblico mal digerisce la qualità ».
Lo confermano proprio Antonio Porta, avvocato e Linda e il brigadiere, dove il miglioramento dei copioni non ha trovato corrispondenza nell`€™aumento degli ascolti. La soluzione? Per Costanzo «nuove idee e nuovi autori»; per Munafò «continuare fiduciosi sulla strada delle serie di successo».
Quale delle due strategie si è rivelata vincente? Per il momento, i risultati sembrano dar ragione a Maurizio Costanzo: Le ali della vita di Stefano Reali, con Sabrina Ferilli e Virna Lisi, ha realizzato il record degli ascolti di inizio anno con quasi 10 milioni di spettatori e uno share che ha sfiorato il 37 per cento. E pensare che, dopo averne presentato il progetto alla Rai, Stefano Reali se l`€™era visto rifiutare.
Interpretato esclusivamente in quest`€™ottica, un discorso del genere rischia, però, di essere sviante e pericoloso, perché se si dovesse valutare un prodotto esclusivamente in base alla forza dei numeri, nella storia della letteratura trionferebbe Liala e non Grazia Deledda.

Le bordate di «Variety». A far da riparo alla sferzante pioggia di accuse che si è abbattuta sulla televisione di casa nostra non c`€™è ombrello che tenga. L`€™attacco più virulento è partito dall`€™autorevole settimanale americano «Variety». «La tv italiana è orribile, un vero e proprio disastro» ha scritto quella che è universalmente ritenuta la Bibbia dello spettacolo. E, a rincarare la dose, ha aggiunto: «Vediamo soltanto giochi a premi per idioti; la prima serata è uno sterminato varietà  in cui si alternano politici e soubrettes seminude importate da Russia e Spagna`€¦ Con l`€™arrivo di Mediaset e la nascita dei canali tematici la qualità  degli ultimi 10 anni è precipitata`€¦ Credevamo che il compito istituzionale della Rai fosse quello di migliorare la vita degli utenti con programmi di qualità , ma dove sono? Perché pagare il canone se la Rai offre gli stessi show delle tv commerciali?».
A far compagnia a «Variety» da qualche tempo ci si è messo anche un quotidiano nazionale a grande diffusione, che, dopo aver sparato a zero contro le emittenti di Berlusconi, ha virato di bordo e ha aperto il fuoco anche contro il servizio pubblico chiedendosi se abbia ancora un senso pagare il canone.
A tirare le orecchie alla cattiva televisione ci penserà  d`€™ora in avanti il Consiglio nazionale degli utenti, nominato di recente dall`€™Autorità  per le garanzie nelle comunicazioni, che dovrà  verificare la correttezza delle trasmissioni, soprattutto per quel che riguarda le esigenze di tutela dei minori, dandone segnalazione all`€™Autorità , al parlamento e al governo.

 Gli organi di autocontrollo. Dal canto suo, la Rai ha istituito un proprio organo di autocontrollo attraverso la Consulta di qualità  presieduta da Jader Jacobelli. Nel 1999, quest`€™organo di controllo ha trasmesso alla direzione generale circa 300 note di valutazione critica sui programmi andati in onda. Tutti rilievi che `€“ assieme a una nota del sindacato giornalisti Rai in cui si esprimevano severi giudizi sulla qualità  dei programmi `€“ hanno indotto il direttore generale Pierluigi Celli a convocare un meeting dei vertici di viale Mazzini per rivedere tutta la politica dell`€™intrattenimento.
Anche a Mediaset la pensano allo stesso modo, visto che Maurizio Costanzo ha inaugurato il secondo anno della «Scuola di fiction». Un investimento dell`€™azienda per potenziare la serialità , svecchiarla, rinvigorirla con nuove idee e nuovi talenti. «Non si vince con le star, ma con la qualità , con storie dotate di spina dorsale, con un team di scrittori» ha commentato il direttore artistico di Mediatrade. Se son rose`€¦!

   
   
L A LEGGE DI RIFORMA BLOCCATA DAL RIORDINO DELLE CONCESSIONI      

S ul piatto della bilancia della legge di riforma del sistema televisivo pesa un grosso problema che riguarda il riordinamento delle concessioni e delle frequenze. Tutta una serie di questioni che si sono accavallate fra loro intasando la procedura di smaltimento (fra l`€™altro Retecapri, riammessa dal Tar fra le emittenti nazionali a scapito di Rete AMtv, molto seguita dal pubblico giovanile per le sue trasmissioni musicali) ha fatto rinviare a fine maggio-primi di giugno la scadenza per richiedere la concessione a trasmettere via etere. In allarme sono soprattutto le emittenti locali (che da circa 1.100 che erano nell`€™epoca del far west  televisivo sono scese attualmente a circa 700, numero comunque sempre elevato rispetto agli altri paesi e che condensa nella sola Italia il 30 per cento delle antenne esistenti nel mondo), preoccupate da alcuni punti della legge 1138, come per esempio il divieto fatto alle tv locali di acquistare programmi da quelle nazionali o di utilizzare concessionarie nazionali di pubblicità , o ancora di favorire l`€™emittenza non profit.
Ma come si fa, replicano i responsabili dell`€™emittenza locale, a parlare di volontariato o di iniziative senza scopo di lucro in un sistema industriale che dà  lavoro a circa 20 mila persone, che con la sua presenza sul territorio nazionale rappresenta un sicuro antidoto contro la disoccupazione e che di fronte alla rapida evoluzione delle tecnologie richiede continui investimenti? Il 2006 segnerà  la fine delle trasmissioni via etere e il passaggio al digitale. Ma prima di allora bisognerà  sciogliere almeno qualche nodo. Come quello della par condicio  , che, vietando gli spot elettorali, ha privato le tv locali di una sicura fonte di reddito, o come il regolamento della Lega Calcio che limita il diritto di cronaca. Diversamente che par condicio sarebbe?

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017