Paraguay Tricolore
Diverse «Italie» convivono in Paraguay, un Paese bellissimo dove però i migranti spesso non sono riusciti a coronare il sogno di una vita migliore, nonostante le fatiche e le privazioni. A diversi decenni di distanza, i figli e spesso i figli dei figli di quei migranti cercano il legame con la madre Patria, perché forte è il bisogno di radici. Bello ritrovare queste Italie nelle parole e nelle esperienze dei tanti italiani riuniti nelle associazioni. La differenza di generazione, età, regione di provenienza non intacca l’amore per la madre Patria, che però spesso li ha dimenticati.
Una Paese particolare, il Paraguay. Rimasto ai margini della storia per decenni, ingabbiato dal governo autoritario di Strossner e schiacciato dall’ombra del Brasile e dell’Argentina. Eppure, in questo angolo di mondo, gli italiani arrivarono con la stessa voglia di emancipazione che li aveva portati sulle sponde americane. Con la stessa determinazione a strappare una fetta di felicità, fatta di lavoro e umiltà.
Eduardo Ammatuna appartiene alla terza generazione, eppure in lui la voglia di italianità, di radici è fortissima, tanto da essere uno dei capisaldi della comunità italiana in Paraguay. Una passione che traspare dai suoi scritti: «Anche se tutti parlano di emigrazione, sono in realtà pochissimi coloro che hanno un concetto chiaro e preciso di tale fenomeno, a causa del recondito e impenetrabile stato d’animo dell’essere migrante. Credo, in altre parole, che la comprensione del fenomeno sia circoscritta, in gran parte, solo a coloro che hanno vissuto direttamente e condiviso da vicino questa esperienza di esilio, originata da cause diverse». I suoi nonni, Giacomo Ammatuna Trovato e Maria Concetta Bethola, erano partiti da Scicli (RG), in Sicilia, nei primi anni del Novecento. Nella valigia il sogno di ogni migrante: un futuro migliore per i propri figli. «Non è possibile valutare ogni emigrante con lo stesso parametro – afferma Ammatuna –: lo spirito che mosse i migranti nell’Ottocento è diverso da quello nel Novecento. E diverse furono le vicende di chi si recò in Nordamerica piuttosto che in Sudamerica, di chi ebbe successo nella nuova terra e di chi invece non riuscì a coronare i propri sogni, di chi riuscì a integrarsi nella società d’accoglienza e di chi rimase ai margini. Sono tutte situazioni che non possono essere comprese in pieno da chi non è mai emigrato: è difficile sondare esattamente la sofferenza subita da chi perse il contatto con i propri avi e da chi rimase solo e senza mezzi per tornare in Italia».
Eduardo, figlio di un medico chirurgo, scrittore e socio della Società Italiana di Mutuo Soccorso, è nato in Paraguay nel 1946 e ha ottenuto la cittadinanza italiana nel 1989, coronando un percorso fatto di tenacia e tanta voglia di riappropriarsi delle proprie radici. Ingegnere agronomo, specializzato in economia e marketing, Eduardo è un ex consulente dell’Istituto interamericano di Scienze agricole e ha all’attivo altri prestigiosi incarichi, assegnatigli dagli Stati Uniti. Da sempre ha cercato di mantenere vive le radici siciliane, scrivendone nei suoi romanzi e creando la pagina web www.italiaparatodos.com. E fondando, insieme a Ugo Migliore, l’associazione di Ragusani del Paraguay. «Io e i miei figli ci sentiamo ancora pienamente italiani – conclude Ammatura – e quando ho avuto modo di tornare in Sicilia mi sono sempre sentito a mio agio. Ma siamo poco soddisfatti dei contatti tra l’Italia e i suoi connazionali che vivono in Paraguay e anche per questo motivo abbiamo cercato di dare un nostro contributo attraverso l’associazione di ragusani, appena creata».
Quanti italiani ad Asunción
I primi europei arrivarono in Paraguay nella prima metà del sedicesimo secolo. Il loro passaggio è rimasto indelebile perché la città, fondata dall’esploratore Juan de Pedro nel 1537, divenne il centro della provincia coloniale spagnola e poi la capitale della nazione, resasi indipendente dalla Spagna nel 1811. La città si sviluppa sulle colline che sorgono lungo il Rio Paraguay, con i suoi 500 mila abitanti e con un’area metropolitana che tocca il milione e mezzo di abitanti. Qui vive Antonio Fossati, italiano di prima generazione: «Lo scorso maggio ho festeggiato i miei 49 anni di vita in Paraguay. Decisi di ricominciare in questo Paese dopo aver fatto il carabiniere e dopo aver raggiunto la qualifica di ragioniere». Primogenito di 7 figli, Antonio non poté fare gli esami di abilitazione e una volta arrivato ad Asunción ricominciò dalla scuola elementare, perché nel paese non vi erano accordi culturali bilaterali. E con le proprie forze è arrivato a conseguire una laurea. Autore dei saggi Come leggere la storia, La civilizzazione del futuro, traduttore del volume Contributo degli Italiani allo sviluppo del Paraguay, e del racconto Il lavatoio e le Casebelle, campi indimenticabili, l’ex carabiniere mantiene sempre accesa la fiamma dell’entusiasmo per la ricerca storica: «Mi sono reso conto con il passare degli anni che pochi italiani conoscono il Paraguay, pur essendovi una nutrita rappresentanza di connazionali. Nel 1993 ho voluto creare la rivista Interscambio e Cooperazione, che fu molto apprezzata dall’allora Ambasciatore Sergio Grimaldi».
Altra pagina italiana, altra storia. Antonia Fantilli è rappresentante dell’associazione abruzzese ad Asunción: «Il 20 dicembre del 1950 i miei genitori, Alfredo Fantilli e Maria Cirulli, decisero di emigrare, come molti altri italiani alla ricerca di un futuro migliore. Erano partiti da Schiavi d’Abruzzo, paese in cui io sono nata, per raggiungere dopo 46 giorni di viaggio – con mia madre incinta – un parente che già viveva in Paraguay». Anna Fantilli ricorda con orgoglio i primi passi della propria famiglia in terra paraguaiana e l’aiuto ottenuto da alcune famiglie conterranee. «I nomi di Tucci-Sforza, La Carrubba, Di Modica, Sorvello – afferma – fanno parte della mia storia familiare». Fiera delle origini abruzzesi, Anna ha aiutato i propri figli a ottenere la cittadinanza italiana. Oggi partecipa a tutte le iniziative culturali che riguardano l’Italia in Paraguay. «Nella nostra casa – racconta Anna – si cucinano soltanto cibi italiani, e seppur con difficoltà leggiamo riviste e libri italiani. Con mio figlio Jesus, medico traumatologo, abbiamo creato l’associazione degli Abruzzesi in Paraguay che conta 100 soci e che con molte difficoltà economiche porta avanti le iniziative culturali».
Anna crede fermamente nel valore della tradizione e nell’integrazione, ma non disdegna anche nuove forme di partecipazione sociale, come un concorso di bellezza. Miss Italia nel Mondo è diventata in pochi anni un grande veicolo pubblicitario per le comunità italiane nel Mondo, tutte orgogliose di poter far sfilare sul palco giovani ragazze in rappresentanza delle nuove generazioni degli italiani all’estero. Ed è proprio tra le fila di questo concorso che troviamo la più giovane rappresentante di questa carrellata tricolore: Maria Luisa Bóbeda Picasso (alla quale è toccato, insieme con Pamela Vernazza, lo scettro di ambasciatrice per il concorso delle oriunde italiane). Nata ad Asunción, Maria Luisa è orgogliosa delle proprie radici e di una lontana parentela con il famoso pittore (il cui bisnonno era italiano). «I miei avi vennero in Paraguay per trovare qui quelle opportunità di lavoro che in Europa non avevano. Con gli anni il legame con i parenti italiani si è spento e io ho potuto conoscere la terra dei miei avi solo quest’anno, grazie al concorso di Miss Italia. Un’esperienza bellissima che mi ha fatto incontrare tanti nuovi amici in Italia e che mi ha permesso di visitare la terra d’origine».
Studentessa e modella nel tempo libero, Maria Luisa è una dei tanti giovani che apprezzano le riunioni familiari domenicali. «Il gusto per la cucina e le tradizioni italiane ce lo trasmettiamo da generazioni, ma in famiglia amiamo anche l’arte. Il mio bisnonno si chiamava Luigi Nicoló Picasso e nacque a Santa Margherita Ligure nel 1851. Secondo le ricerche genealogiche, era il cugino del bisnonno del pittore Pablo Picasso, una lontana parentela che mi rende orgogliosa quanto le mie origini italiane. Mi piacerebbe poter conoscere altri parenti o persone che si chiamano Picasso. Sarebbe una bellissima esperienza che andrebbe ad allargare la cerchia di amicizie italiane, oltre quelle conosciute nel mio soggiorno in Liguria, durante il concorso».