A Parigi lo scienziato comasco stupì Napoleone. 200 anni fa Volta inventò la pila
Nessuno, neppure i suoi genitori, avrebbero scommesso su quel ragazzo un pò ritardato, che solo a 7 anni di età sarebbe riuscito a parlare correttamente. Eppure c' era già un genio potenziale in quell' Alessandro Volta nato a Como nel febbraio del 1745, dal patrizio Filippo e dalla contessa Maddalena Inzaghi: da grande sarebbe diventato il più geniale fisico sperimentale dopo Galileo. Da qui alla primavera del 2000, il mondo ne ricorda le doti festeggiando il duecentesimo anniversario di una scoperta rivoluzionaria: la pila elettrica.
E pensare che era un autodidatta. I suoi gli avevano impartito una solida educazione umanistica, come volevano le regole dell' epoca. Ma Alessandro si divertiva a compiere in proprio esperimenti scientifici. E ci si appassionava tanto da maturare una competenza che l' avrebbe portato in breve prima alla cattedra di Fisica della Scuola Reale di Como, poi alla cattedra di Fisica sperimentale dell' Università di Pavia, ateneo di cui più tardi sarebbe diventato pure rettore.
Il suo pallino era l' elettricità , su cui mezza Europa si stava rompendo il capo, specie dopo che una nave inglese, nel 1750, aveva trasportato a Londra molti esemplari di un curioso pesce dei fiumi tropicali di Africa e Sudamerica: chi lo toccava, riceveva una scarica elettrica. I biologi si accorsero che questa scarica si aveva soltanto se si toccavano contemporaneamente con una mano l' estremità della testa del pesce, e con l' altra l' estremità della coda. Il bizzarro animale venne battezzato Sirius electronicus.
Qualche anno dopo, nel 1774, Volta, che intanto andava avanti con i suoi esperimenti, progettò un apparecchio che generava cariche di elettricità statica, e lo chiamò elettroforo. Si occupava anche d' altro: di chimica, ad esempio, studiando l' elettricità nell' atmosfera; o di gas, arrivando a identificare il metano. Ma il suo interesse principale rimaneva quello di riuscire a capire la natura della strana forza che generava scariche.
Se ne stavano occupando anche altri. Tra il 1780 e il 1786 un amico di Volta, l' abate Luigi Galvani, si era messo a lavorare sulle rane, accorgendosi che una gamba dell' animale si contraeva quando si collegavano i nervi e i muscoli con due tipi di metalli. Rendendo nota la sua scoperta, Galvani sostenne che erano gli animali a generare elettricità . Volta contestò questa sua tesi, sostenendo che in realtà l' elettricità era legata al contatto tra due metalli diversi. Per dimostrarlo, il fisico mise a punto una macchina che sarebbe poi stata chiamata, per l' appunto, «pila di Volta». sovrappose l' uno sull' altro dischi di rame e di zinco, alternati con strati di panno inzuppato in una soluzione salina. E con quella dimostrò che si riusciva a produrre una corrente elettrica regolare: era la prima batteria a fornire quantità regolari e costanti di elettricità . Ne nacque un' aspra polemica con Galvani che finì per rovinare un' amicizia, nonostante che Volta, nel dimostrare che la contrazione della gamba delle rane era dovuta a un fenomeno inorganico, chiamasse questo fenomeno «galvanismo» proprio per riconciliarsi col collega.
L' abate rimase della sua idea, Volta della propria. Eravamo nel marzo 1799. Il fisico comasco ci lavorò dietro per un anno, poi il 20 marzo 1800 spedì un manoscritto con l' esito delle sue ricerche alla prestigiosa Royal Society britannica, con sede a Londra, che allora era il più importante centro internazionale di scambio di informazioni scientifiche. E qui scoppiò un giallo da spionaggio industriale ante-litteram. Il documento di Volta venne ricevuto da tali Carlisle e Nicholson che lo nascosero, ripeterono in proprio gli esperimenti di Volta, e pubblicarono i risultati a loro nome. L' imbroglio tuttavia venne ben presto smascherato, e venne dato a Volta quel che era di Volta, compreso il nome con cui venne battezzata l' unità di potenziale elettrico, che si chiamò volt. Come sempre accade, il fisico ebbe più soddisfazione all' estero che in casa: Napoleone, che ci teneva alla ricerca, fu entusiasta della scoperta della pila, e nominò Volta conte, bandendo al tempo stesso un premio di 60.000 franchi per ricerche nel campo dell' elettricità .
Tra i due si creò un rapporto tale, che Napoleone assegnò un incarico a Volta anche inserendolo nel gruppo di lavoro incaricato di disegnare l' ordinamento della Repubblica Cisalpina. Ma l' età e gli acciacchi costrinsero alla fine Volta a tornare nella sua Como, dove morì nel marzo del 1827.
I precursori di Alessandro Volta La pila di Baghdad Di contestazioni è piena la storia della scienza, specie per quanto riguarda le primogeniture. E anche la pila non ne va esente: c' è chi sostiene che qualcuno l' aveva inventata ben prima di Volta, per la precisione attorno al 250 avanti Cristo. È una tesi che poggia su una singolare scoperta fatta nel 1957 da un archeologo tedesco, Wilhelm Konig, durante una campagna di scavi nei pressi dell' attuale Iraq, dove un tempo vivevano i Parti. L' oggetto, databile appunto attorno al 250 avanti Cristo, ha le dimensioni di una lampadina tascabile, e assomiglia singolarmente a una rudimentale pila elettrica realizzata con strati di rame e di ferro; l' unica cosa che manca è un filo conduttore. Sta di fatto che qualche anno dopo uno studioso americano, Willard Grey, si mise in testa di capire se quell' aggeggio potesse anche funzionare, mettendosi alla ricerca di un elettrolita adatto; e lo trovò nel solfato di rame: applicandolo all' oggetto, scoprì che funzionava proprio come una pila. E chi volesse oggi levarsi la curiosità (solo di vederlo, naturalmente), potrebbe fare un salto al Museo archeologico di Baghdad, dove viene custodito. Stupefacente? Non proprio, assicurano gli esperti. Dal terzo millennio avanti Cristo, gli artigiani gioiellieri di molte civiltà avevano tecnologie avanzatissime. Rame e ferro erano comunemente usati nel terzo secolo avanti Cristo, e può essere benissimo che qualche artigiano, calandoli in un recipiente con dell' acido, abbia riscontrato che passava della corrente. Provando poi a costruire un antenato della pila di Volta, per servirsene nell' uso quotidiano. |