PARITÀ, CON CHI?

8 marzo, festa della donna: una conquista o un compromesso? E, poi, questa ostentata "parità occidentale" non nasconde, forse, una subdola discriminazione perpetrata dall’"eterno mascolino"?
03 Marzo 1997 | di

È il mese di marzo, si parla di donne e si celebra la loro festa. Già , la festa. A essere maligni, anzi, maligne, e a giudicare dal fatto che non esiste l";equivalente 'sagra dell";uomo', che invece la parità  imporrebbe, possiamo immaginare che chi l";ha inventata appartenga all";altro sesso, un bell";esemplare dell";umanità  mascolina che, dedicando una giornata alle donne, ne ha fatto una 'razza' a parte, graziosa e utile quanto vogliamo, ma diversa, magari anche 'lievemente inferiore'. Come gli animali domestici ai quali, il 4 ottobre, si offre, al posto delle mimose, la benedizione di san Francesco. E come gli stranieri di un Paese quando dicono, a proposito di immigrazione: 'Parlare di integrazione è già  un modo per discriminarci', cui la sociologia dello stesso paese risponde: 'Vero, ma attenzione: sostenere una causa con parole forti e a scapito dell";identità  dei locali può ottenere l";effetto contrario'.

Figlie di Eva

Parafrasiamo in termini di femminismo e ci accorgiamo che discutere di uguaglianza tra Adamo ed Eva è implicitamente ammettere che essa non è così evidente; che difendere l";eterno femminino a danno dell";immagine dell";eterno mascolino non giova né alle une né agli altri. Fumo negli occhi, quindi, l";8 marzo? Forse, ma preferisco ritenere che sia solo un formidabile business travestito di egualitarismo. In altre parole, abbiamo fatto un po"; di confusione: si trattava di convincere che una Saffo o una Marie Curie potevano valere quanto Dante o Sabin; e si trattava di ottenere che, a parità  di capacità , fossimo trattate, dal punto di vista sociale, salariale, familiare, professionale, ecc., come i nostri partner maschili. E, invece, spesso ci siamo persi in quisquilie.

Prendiamo a esempio l";Italia dove il governo Prodi ha istituito un ministero nuovo di zecca, denominato delle 'Pari opportunità ' e affidato a Anna Finocchiaro, sulla base di un ragionamento che non fa una grinza: se il compito è garantire al gentil sesso le stesse occasioni, gli stessi vantaggi, gli stessi diritti (io aggiungerei: gli stessi doveri!) di cui godono gli uomini, solo una donna può valutare dove, come e quando ovviare alle eventuali discriminazioni. Risultato: l";Italia si è divisa tra femministe e maschilisti; le prime hanno rilevato che, comunque, a decidere è il parlamento, prevalentemente al maschile, che è come dire che la palla ce l";hanno ancora loro, i 'padroni' della situazione. Gli altri hanno avuto di che storcere il naso: ormai le donne si trovano ovunque, quanto prima entreranno nelle Forze armate e hanno già  sfondato la porta della Corte costituzionale, da quando Scalfaro vi ha fatto entrare Ferdinanda Contri, che ha più grinta di molti suoi colleghi. Allora, era proprio necessario creare un ministero?

A portare acqua al loro mulino è la notizia del primo disegno di legge, tuttora (per fortuna) non discusso in assemblea, uscito dalla fertile testa della 'ministra' che reclama, nelle famiglie, il doppio cognome, con licenza per la prole maggiorenne di scegliere quello della madre o del padre. Francamente, una futile innovazione che non vedo cosa aggiunga in dignità  a una sposa-genitrice, mentre può scatenare furiosi complessi di colpa, o d";inferiorità , nei figli di fronte al difficile bivio: è più prestigioso il nome Cipollino di papà  o Scaccianoce di mammà ?

Le im...pari opportunità 

Un ottimo argomento, invece, sarebbe stato: dove sono le pari opportunità  delle donne nelle istituzioni? In effetti, in cinquant";anni di repubblica, che forse ha mantenuto in vigore la legge salica dei Savoia, le porte del Quirinale si sono aperte solo per presidenti con i pantaloni; ohibò, niente gonne, per favore, nella sala degli Arazzi, equiparata agli eremi del monte Olimpo o al soglio pontificio. Se è per questo, le signore degli Stati Uniti potrebbero dire che neppure alla Casa Bianca è mai entrato un presidente con pieni poteri e un grazioso volto alla Evita Peron, a riprova che perfino ai 'tempi bui', quando le donne valevano solo come 'regine dei focolare' (e ci pare poco?), non si parlava di femminismo ma si permetteva a una Caterina di Russia, a Maria Teresa d";Austria, a Vittoria d";Inghilterra di reggere, con uguali meriti e demeriti, le sorti addirittura di un impero. E che imperi!

Non ha vissuto maggior grazia palazzo Chigi, sede del governo, dove si sono alternati, in mezzo secolo, ben 53 presidenti del Consiglio e mai una presidentessa. Né è toccata miglior sorte alla terza carica istituzionale, in quel palazzo Madama che, a dispetto del nome, è presieduto solo da emeriti signori. È vero, alla presidenza della Camera, bontà  loro, i deputati hanno messo due affabili signore, la Jotti e la Pivetti, ma ahimé, erano calcoli politici da manuale Cencelli, non ammissione di pari capacità . Senza andare così in alto, qualcuno ricorda un segretario di partito al femminile? A comandare è sempre lui, 'il' leader in giacca e cravatta. Qualche 'ministra' l";abbiamo avuta ma in sedi di scarso rilievo: chi ci dice che se al Tesoro o alle Finanze avessimo avuto una saggia donna di casa, abituata a fare economia, non avremmo evitato il debito (due milioni trecentomila miliardi di lire) che, malgrado Visco "; e il 117: alias il telefono della spiata ";, cresce di 14 miliardi l";ora? Insomma, peggio delle Filippine, che magari non hanno la festa dell";8 marzo ma credettero nella battagliera Aquino. E peggio dei misogini musulmani che hanno messo in campo la Bhutto in Pakistan e Tatsu Ciller in Turchia. E non parliamo dell";indiana Ghandi e della anglicana Thatcher. Perfino gli ideatori dell";impurità  femminile, gli israeliani, vantano una Golda Meir. Da noi non vigono neppure le 'first ladies'; in compenso abbiamo un ministero delle pari opportunità , a conferma del detto: chi si accontenta, gode.

Bambole e papesse

Possiamo scherzarci su quanto vogliamo, ma dobbiamo ammettere che l";uguaglianza sancita a parole o per legge non elimina la discriminazione, e lo dimostra il voto concesso alle svizzere solo nel 1972, benché la Costituzione della confederazione parli di 'uguaglianza dei sessi' fin dal 1874. E ciò perché le affermazioni di principio, se espresse male e se coinvolgono più la sfera delle personali opinioni che quella dell";universale raziocinio, non possono essere imposte; e se enunciate con chilometrici sermoni, troppo seriosi per essere presi sul serio, risultano poco convincenti. Significativa l";esperienza italiana circa l";eleggibilità  delle donne alle camere: la consulta ha abrogato 'per incostituzionalità  in quanto discriminante' la norma che il parlamento aveva imposto nel 1993, cioè la tassativa alternanza di un candidato e di una candidata: una parità  umiliante per entrambi, che punta al numero, non ai meriti.

Scendendo a un livello più frivolo, guardiamo alla moda dell";abbigliamento. Oggi si sta rasentando la schizofrenia, di fronte alla quale il fenomeno del cosiddetto 'unisex' era oro; qualcuno le definisce pomposamente 'provocazioni', ma di certe sfilate si può dire che provocano il rifiuto della donna vestita "; o meglio svestita, da oggetto del desiderio, e non da persona umana "; e dell";uomo tanto femminilizzato da farci chiedere: perché mai dovrei sceglierlo come 'compagno' della vita, con il rischio che si serva del mio guardaroba, più accessori? Tuttavia sovente la moda fa testo, più di una legge, e seguirla ci fa sentire civili, soprattutto uguali.

Nessuna meraviglia che, sull";onda della conquista, si parta per altri fronti, ed è rivendicazione continua anche in chiesa, ove per ora ci si limita a chiedere l";altare, domani, perché no, anche il soglio pontificio: del resto, se ci fossero le 'pretesse', perché non potrebbero diventare 'papesse'? Anche loro hanno diritto a far carriera, altrimenti le pari opportunità  dove le mettiamo? Le mettiamo in cantina, se fa comodo. E penso all";aborto, e qui divento seria. Aberrante che in un mondo che lotta contro la pena di morte ci si arroghi poi il diritto di togliere la vita a un essere che non può difendersi. Ma aberrante anche che la donna, in nome di quell";unico privilegio che la fa veramente diversa dall";uomo, quello di essere portatrice di vita, pretenda poi di essere la sola autorizzata a decidere se essere madre o boia, rifiutando, in nome di una sbagliata libertà , i 'pari' diritti della procreazione.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017