Parità e libertà

Parità ovviamente tra scuola statale e non statale, quest’ultima erroneamente detta privata; svolgendo essa un servizio pubblico, è pubblica a tutti gli effetti.
01 Settembre 1998 | di

La parità  scolastica, vecchio cavallo di battaglia dei cattolici: contro di essa, Fausto Bertinotti, l`€™inossidabile Bastian contrario di Rifondazione comunista, ha ingaggiato un vigoroso «braccio di ferro» con i sodali della maggioranza, ponendo la questione tra i punti discriminanti del rito politico della verifica. La parità  non è questione di poco conto: la sua accettazione o meno ci dirà  se il nostro è un paese libero fino in fondo, o se il retaggio di statalismo è ancora così forte da impedire alle famiglie di esercitare, o concede di poterlo fare solo in parte, uno dei principali diritti-dovere che le appartengono, quello all`€™educazione dei propri figli.

Parità  ovviamente tra scuola statale e non statale, quest`€™ultima erroneamente detta privata; svolgendo essa un servizio pubblico, è pubblica a tutti gli effetti. Le ragioni di chi la rivendica sono semplici e chiare. Due i presupposti. Primo. In una situazione di libertà  e di democrazia, lo Stato non può pretendere di gestire in proprio e in maniera monopolistica la scuola. Solo uno Stato che abbia di mira la creazione di un uomo funzionale ai propri fini pretende di essere «maestro unico», ma questo avviene nei paesi totalitari. L`€™Italia è un paese libero e democratico, ma vale la pena sottolineare anche questi risvolti di una questione che solo ai distratti può apparire banalmente venale.

Del secondo abbiamo detto, e cioè che la protagonista principale dell`€™educazione è la famiglia, perché i figli appartengono ai genitori e non allo Stato. E la famiglia deve essere posta nelle condizioni di scegliere liberamente tra eventuali opzioni. In Italia, sulla carta, la libertà  c`€™è. La Costituzione, all`€™articolo 33, sancisce che «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione». E le scuole non statali non mancano, in prevalenza gestite da cattolici, e la scelta è possibile. Con grande difficoltà , però. La Costituzione, infatti, specifica che l`€™eventuale creazione di scuole e istituti di educazione deve avvenire «senza onere da parte dello Stato». Le scuole non statali si devono, cioè, autofinanziare chiedendo rette a chi le frequenta. Rette piuttosto consistenti, che solo pochi si possono permettere. Con buona pace della libertà  di scelta.

La soluzione al problema è di per sé semplice: lo Stato come finanzia le sue scuole deve finanziare anche le altre, in modo da «mettere le famiglie `€“ come hanno spesso detto i vescovi italiani `€“ in condizioni di fare fronte con pari dignità  agli impegni derivanti dal diritto di scegliere per i figli le scuole che ritengono più conformi alle loro convinzioni religiose e al loro progetto educativo».

Una questione di soldi, dunque, ma per rendere possibile una scelta molto importante, decisiva, che non riguarda ovviamente la scuola materialmente intesa o chi la gestisce, ma la proposta di un progetto educativo che viene accettata perché risponde alle convinzioni, alla cultura, alle aspettative che le famiglie hanno per i propri figli. La non possibilità  di scelta fa balenare l`€™immagine dello Stato totalitario, che per raggiungere i propri fini ha bisogno di controllare, attraverso il monopolio della scuola, l`€™educazione dei cittadini e il potere culturale.

Ecco perché la posta in gioco è alta e va al di là  di una semplice questione di soldi. Sulla maniera concreta poi di realizzare la parità , se attraverso il buono-scuola, credito di imposta o convenzione... non entriamo nel merito. L`€™importante è che ci sia l`€™effettiva libertà  di scelta. Lo schieramento favorevole in parlamento è molto ampio. Ad opporsi c`€™è soprattutto Rifondazione comunista. La cosa non turberebbe più di tanto se Rifondazione non minacciasse di lasciare la maggioranza di cui fa parte così da provocare una crisi di governo. Sulle spine c`€™è soprattutto il Partito popolare di ispirazione cattolica il quale, pur convenendo sulla parità  scolastica, è costretto da coerenza di alleanze a barcamenarsi per evitare la crisi.

In questi casi, trattandosi di un problema serio, crediamo che a ciascun parlamentare debba essere lasciata la possibilità  di votare secondo coscienza e il risultato non dovrebbe mettere in discussione il governo. Se qualcuno lo vuole fare, si accomodi pure: meglio ritornare alle urne che dover subire ancora per un paio d`€™anni i ricatti di un partito che intende incassare i vantaggi di stare nella maggioranza e le medaglie al valore dell`€™opposizione. Controsensi possibili solo in un paese scombiccherato come il nostro. Sant`€™ Antonio ci illumini e ci assista con la sua protezione.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017