Pezzi di ricambio per l’uomo di domani?

La ricerca sulle cellule staminali è da anni al centro del dibattito scientifico e bioetico e da più parti esse sono considerate una panacea in grado di guarire tutti i mali. Ma le cose stanno davvero così o stiamo correndo troppo?
25 Maggio 2009 | di


La loro esistenza è nota da molti decenni, ma sono passati solo poco più di dieci anni da quando James Thomson, dell’Università del Wisconsin, le isolò all’interno di embrioni umani. Da allora, sono al centro del dibattito scientifico e bioetico. Se da un lato, infatti, era fin dall’inizio evidente che questa scoperta apriva una linea di ricerca capace di cambiare il volto della medicina più di ogni altra scoperta precedente, dall’altro, per studiare questa possibilità (e, nell’eventualità funzioni, ancora di più per applicarla), occorre distruggere embrioni umani.
Ma è lecito utilizzare gli embrioni prodotti in sovrappiù dalle tecniche di fecondazione assistita o addirittura crearli appositamente, allo scopo di estrarne la cura per malattie talvolta devastanti? Ogni Paese ha dato risposte diverse a questa domanda, autorizzando e finanziando le ricerche in questa direzione, come ha fatto la Gran Bretagna, proibendole come l’Italia o consentendole senza tuttavia fornire fondi federali, come ha fatto per anni l’America di George Bush. Ai primi di marzo, come promesso in campagna elettorale, il nuovo presidente Barack Obama ha invece rimosso il divieto. «Alla prova dei fatti, tuttavia, le legislazioni più restrittive hanno alimentato la ricerca di strade alternative – sostiene Angelo Vescovi, docente di biologia cellulare all’Università di Milano Bicocca – eticamente accettabili anche per chi, come me, considera l’embrione un essere umano con tutti i diritti del medesimo».

Non solo dagli embrioni

Prima di tutto va detto che le cellule staminali non si trovano solo nell’embrione e nei feti più avanti nello sviluppo; sono presenti anche nel sangue del cordone ombelicale, nel liquido amniotico e in molti tessuti adulti.
Queste ultime sono già oggetto di molti studi: il più recente, in ordine di tempo, appena approvato dalle autorità statunitensi, prevede che nel corso di interventi di by pass coronarico al Jewish Hospital di Louisville vengano raccolti frammenti di tessuto cardiaco. Da questi, i ricercatori dell’Università di Harvard estrarranno cellule staminali da iniettare dopo alcuni mesi nel cuore dello stesso malato, per favorire la rigenerazione del tessuto danneggiato dall’infarto.
La maggior parte dei ricercatori continua comunque a ritenere che lo studio delle cellule staminali embrionali resti insostituibile. Le cellule staminali adulte, infatti, sono capaci di dare origine a cellule di un solo «filone»: ci sono quelle dette ematopoietiche, da cui hanno origine globuli rossi, globuli bianchi e tutte le altre cellule del sangue; quelle epiteliali, da cui possono avere origine l’epidermide o altri tessuti di rivestimento, e così via. Le cellule staminali embrionali invece, a uno stadio precedente di sviluppo, hanno potenzialità illimitate.

Da questa stessa caratteristica derivano però dei rischi, come quello di dare origine a tumori chiamati teratomi. «Inoltre, la loro somministrazione pone le stesse questioni di compatibilità di qualunque altro trapianto da donatore – prosegue il ricercatore milanese – con il rischio intrinseco di un rigetto».
Per questo negli anni scorsi si era tentato di clonare embrioni umani con le cellule del malato, perché il suo sistema immunitario le riconoscesse come proprie.
Nel 2006, però, la svolta, che sembra aver cancellato con un colpo di spugna molte di queste questioni etiche e pratiche. Due ricercatori giapponesi, Kazutoshi Takahashi e Shinya Yamanaka, sono riusciti a «convincere» cellule adulte e già specializzate a tornare allo stadio di staminali embrionali: l’esperimento, condotto inizialmente sui topi, è stato poi ripetuto usando cellule adulte estratte per lo più dalla pelle umana. «Queste cellule, ribattezzate iPS (induced Pluripotent Stem cells, cioè cellule staminali pluripotenti indotte), hanno rivoluzionato in meno di tre anni tutto il panorama della ricerca in questo campo – sottolinea Vescovi –. Nell’esperimento iniziale sono state ottenute attraverso l’uso di un virus potenzialmente pericoloso, ma subito è partita la gara tra tutti i laboratori del mondo per rendere questa tecnica più sicura, prima servendosi del comune virus del raffreddore e ultimamente facendo completamente a meno del vettore virale».

Queste cellule, che hanno le stesse caratteristiche delle embrionali pur derivando dal tessuto adulto di una persona sana o malata, possono a loro volta essere indotte a trasformarsi nel tipo di cellula che si desidera: per esempio, due diversi gruppi di ricercatori statunitensi sono riusciti a ottenere cellule nervose partendo da quelle della pelle di portatori di gravi malattie neurologiche, e un altro ha ottenuto dei miglioramenti iniettandole in topi con una condizione simile al morbo di Parkinson. Oltre a scavalcare le questioni etiche, questa tecnica consente di ottenere per ciascun malato le cellule di cui ha bisogno dalla sua stessa pelle, senza timore di rigetto.
Evenienza di cui invece dovranno tenere conto gli scienziati delle due aziende che in California e Gran Bretagna hanno ricevuto per la prima volta l’autorizzazione a somministrare cellule staminali embrionali e fetali a una decina di persone paralizzate a causa di un trauma alla spina dorsale e ad altrettante colpite da ictus. «Per il momento si tratta solo di verificare che il metodo, finora sperimentato sui topi, non sia troppo rischioso» hanno puntualizzato i responsabili del progetto.
Ma mentre in questi casi si tratta dei primi timidi tentativi di passare dagli animali agli uomini, ci sono settori in cui la cura con le staminali è già realtà. E non coinvolge gli embrioni.

Tra passi avanti e rischio di delusione

Nei topi, da una singola cellula staminale estratta dalla prostata è stato possibile ricostruire l’intera ghiandola e sull’impalcatura fibrosa di un cuore ne è stato fatto ricrescere un altro. Ma mentre l’idea di ricostruire in laboratorio un «organo di ricambio» e reimpiantarlo è ancora lontana dalla pratica – o limitata a casi eccezionali come la trachea artificiale prodotta e impiantata da un chirurgo italiano a Barcellona –, ci sono alcuni campi in cui questo approccio, che si chiama di «medicina rigenerativa», è già realtà.
Ne è un esempio la ricostruzione della pelle gravemente ustionata o della cornea danneggiata, campi in cui i ricercatori italiani sono all’avanguardia. «Siamo stati i primi al mondo a ricostruire, in caso di ustioni chimiche, la cornea, quando il trapianto non è possibile, con le cellule staminali provenienti dall’occhio sano o da un residuo sano di entrambi gli occhi nelle lesioni bilaterali – spiega Michele De Luca, direttore del Centro di medicina rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio Emilia –. Abbiamo già trattato circa 250 pazienti di questo tipo e centinaia di altri, gravemente ustionati». Un altro campo in cui le staminali sono ormai di routine è quello delle leucemie e delle altre malattie del sangue: oggi per raccoglierle non c’è più solo il trapianto di midollo osseo, eseguito in anestesia generale. «Il donatore può scegliere invece di ricevere un farmaco che stimola il midollo a liberare nel sangue enormi quantità di cellule progenitrici di tutte le componenti del sangue, che vengono raccolte per essere conservate o utilizzate subito» spiega Enrico Maria Pogliani, direttore dell’Unità complessa di ematologia all’Ospedale San Gerardo di Monza.

Con lo stesso sistema è stato recentemente dimostrato che si possono riversare nel sangue anche le cellule da cui hanno origine muscoli, ossa e vasi sanguigni: una speranza per una riparazione più rapida delle fratture, ma soprattutto del muscolo cardiaco colpito dall’infarto.
Si parla molto, infine, delle staminali prelevate dal sangue del cordone al momento del parto. In Italia, tranne casi eccezionali, non possono essere conservate per uso personale: possono invece essere donate perché siano utilizzate da chi ne abbia bisogno, come fossero un organo da trapiantare. Chi desidera tenerle per sé deve inviarle all’estero, in banche private, dove vengono custodite a pagamento, nell’evenienza di una necessità futura. Su internet si trovano offerte, condizioni e costi.
La rete, tuttavia, è anche pronta a imbrogliare chi, per ingenuità o disperazione, è disposto a credere a ogni promessa di guarigione. «La Società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali ha istituito un’apposita commissione per difendere il pubblico dalle truffe– mette in guardia De Luca, che ne fa parte –: sul web o attraverso la televisione si offrono, in Occidente o, più spesso, in Cina o Thailandia, trattamenti a base di cellule staminali di dubbia origine, per i quali non è ancora dimostrata né la sicurezza né l’efficacia . La ricerca sta facendo passi da gigante, ma occorre procedere con cautela, senza facili entusiasmi che possano produrre brucianti delusioni».          

Zoom. La dignità della persona

La recente Istruzione della Congregazione per la Dottrina delle Fede Dignitas personae (8 dicembre 2008) tratta espressamente delle cellule staminali. Vi proponiamo alcuni passaggi significativi.

L’uso terapeutico delle cellule staminali

31. Le cellule staminali sono cellule indifferenziate che possiedono due caratteristiche fondamentali: a) la capacità prolungata di moltiplicarsi senza differenziarsi; b) la capacità di dare origine a cellule progenitrici di transito, dalle quali discendono cellule altamente differenziate, per esempio, nervose, muscolari, ematiche.

Da quando si è verificato sperimentalmente che le cellule staminali, se trapiantate in un tessuto danneggiato, tendono a favorire la ripopolazione di cellule e la rigenerazione di tale tessuto, si sono aperte nuove prospettive per la medicina rigenerativa, che hanno suscitato grande interesse tra i ricercatori di tutto il mondo.

Nell’uomo, le fonti di cellule staminali finora individuate sono l’embrione nei primi stadi del suo sviluppo, il feto, il sangue del cordone ombelicale, vari tessuti dell’adulto (midollo osseo, cordone ombelicale, cervello, mesenchima di vari organi, ecc.) e il liquido amniotico. Inizialmente, gli studi si sono concentrati sulle cellule staminali embrionali, poiché si riteneva che solo queste possedessero grandi potenzialità di moltiplicazione e di differenziazione. Numerosi studi, però, dimostrano che anche le cellule staminali adulte presentano una loro versatilità. Anche se tali cellule non sembrano avere la medesima capacità di rinnovamento e la stessa plasticità delle cellule staminali di origine embrionale, tuttavia studi e sperimentazioni di alto livello scientifico tendono ad accreditare a queste cellule dei risultati più positivi se confrontati con quelle embrionali. I protocolli terapeutici attualmente praticati prevedono l’uso di cellule staminali adulte e al riguardo sono state avviate molte linee di ricerca, che aprono nuovi e promettenti orizzonti.

32. Per la valutazione etica occorre considerare sia i metodi di prelievo delle cellule staminali sia i rischi del loro uso clinico o sperimentale.

Per ciò che concerne i metodi impiegati per la raccolta delle cellule staminali, essi vanno considerati in rapporto alla loro origine. Sono da considerarsi lecite quelle metodiche che non procurano un grave danno al soggetto da cui si estraggono le cellule staminali. Tale condizione si verifica, generalmente, nel caso di prelievo: a) dai tessuti di un organismo adulto; b) dal sangue del cordone ombelicale, al momento del parto; c) dai tessuti di feti morti di morte naturale. Il prelievo di cellule staminali dall’embrione umano vivente, al contrario, causa inevitabilmente la sua distruzione, risultando di conseguenza gravemente illecito. In questo caso «la ricerca, a prescindere dai risultati di utilità terapeutica, non si pone veramente a servizio dell’umanità. Passa infatti attraverso la soppressione di vite umane che hanno uguale dignità rispetto agli altri individui umani e agli stessi ricercatori. La storia stessa ha condannato nel passato e condannerà in futuro una tale scienza, non solo perché priva della luce di Dio, ma anche perché priva di umanità».
L’utilizzo di cellule staminali embrionali, o cellule differenziate da esse derivate, eventualmente fornite da altri ricercatori, sopprimendo embrioni, o reperibili in commercio, pone seri problemi dal punto di vista della cooperazione al male e dello scandalo.
Per quanto riguarda l’uso clinico di cellule staminali ottenute mediante procedure lecite non ci sono obiezioni morali. Vanno tuttavia rispettati i comuni criteri di deontologia medica. Al riguardo occorre procedere con grande rigore e prudenza, riducendo al minimo gli eventuali rischi per i pazienti, facilitando il confronto degli scienziati tra di loro e offrendo un’informazione completa al grande pubblico. È da incoraggiare l’impulso e il sostegno alla ricerca riguardante l’impiego delle cellule staminali adulte, in quanto non comporta problemi etici.


L’intervista. «Le soluzioni? Ancora lontane»

Qual è la posizione della Chiesa dinanzi alla ricerca sulle staminali adulte? Lo abbiamo chiesto a don Giovanni Del Missier, docente di bioetica.

Msa. Con le staminali davvero saremo in grado quanto prima di risolvere anche le più gravi malattie?

Del Missier. Le prospettive dell’impiego delle cellule staminali appaiono estremamente interessanti per la possibilità di produrre in vitro tessuti o addirittura organi da sostituire a quelli danneggiati, oppure di intervenire in vivo amplificando i processi di autorigenerazione già presenti in natura. Alcuni risultati, tutti derivanti dall’impiego di staminali adulte, sono già in fase di avanzata sperimentazione con l’uomo o già disponibili. Riguardo alle staminali embrionali – oltre al problema etico, gravissimo, della distruzione di embrioni umani – rimangono dei rischi: la scienza non è in grado di dirigere completamente l’attività proliferativa e differenziativa di tali cellule che per la velocità di replicazione risultano molto simili a cellule tumorali e, dunque, potenzialmente molto pericolose. Ecco i motivi etici e scientifici per cui anche Dignitas Personae (Zoom a pagina 18) incoraggia la ricerca nel campo delle staminali adulte.

Oggi le sperimentazioni spesso avvengono direttamente sugli esseri umani. In questo caso l’etica della ricerca quale procedimento richiederebbe?

La ricerca di nuove terapie destinate all’uomo implica necessariamente una sperimentazione su soggetti umani. Per prevenire ogni inutile esposizione al rischio, essa deve essere preceduta da accurati studi preclinici che attestino con un elevato grado di attendibilità la non evidente pericolosità del prodotto e una sua potenziale beneficialità nell’impiego umano. Quindi si passa alla sperimentazione clinica sull’uomo: essa prevede diverse fasi che devono sottostare a una severa normativa etica e deontologica volta a tutelare quanto più possibile la sicurezza e l’attendibilità scientifica delle sperimentazioni effettuate, avendo sempre cura di trattare i soggetti coinvolti non come «cavie inconsapevoli», ma come persone che hanno diritto a essere informate su ogni particolare che le riguarda e messe in grado di decidere liberamente se partecipare alla sperimentazione. Questo procedimento richiede 10-15 anni per essere completato: dunque non bisogna illudersi che le soluzioni siano già «dietro l’angolo»! Nel caso delle cellule staminali è necessario «procedere con grande rigore e prudenza, riducendo al minimo gli eventuali rischi per i pazienti, facilitando il confronto degli scienziati tra di loro e offrendo un’informazione completa al grande pubblico» (DP, 32).

Quali problemi etici solleva l’utilizzo di cellule adulte ricondotte allo stadio di pluripotenza?

Qualche scienziato ha presentato alcune tecniche come capaci di ottenere cellule staminali pluripotenti senza sacrificare embrioni. Teoricamente costituiscono una soluzione ideale, ma sollevano dubbi scientifici circa il loro effettivo svolgimento (alcune sembrano coincidere con la clonazione per trasferimento di nucleo) e dubbi etici riguardanti lo statuto ontologico di ciò che si ottiene; ci si chiede, cioè, se non si tratti di un embrione. Vi è, infatti, il rischio che attraverso una sottile manipolazione del linguaggio si tenda a distorcere la realtà per farla apparire come non è. Pertanto, di fronte alla sola probabilità di trovarsi di fronte a un embrione dotato di piena dignità umana, dal punto di vista etico è obbligatorio astenersi da ogni possibile intervento distruttivo nei suoi confronti (Evangelium Vitae, 60), almeno finché non verranno chiariti quei dubbi che al momento persistono.

 (U. S.)

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017