Piccoli schiavi

02 Febbraio 2000 | di

«Vorrei che tutto questo finisse al più presto. È tutto brutto, troppo brutto». Samuel, 13 anni, sud Sudan.

Migliaia di bambini attorno a Giovanni Paolo II il 2 gennaio scorso a celebrare un capitolo del Giubileo ideato a loro misura. Clima di festa, nonostante qualche disagio provocato da disfunzioni logistiche che hanno messo a dura prova la macchina giubilare ai suoi primi passi. Ma di questo i bambini forse non si sono neppure accorti, occupati com'erano a seguire il Papa che faceva come i vecchi nonni malandati in salute, che quando sono con i nipotini si rinfrancano e riescono a ritrovare in se stessi mille risorse per non deluderli.
Così appariva Giovanni Paolo II: ricurvo, il passo affaticato, ma sorridente e con la voce meno incerta e flebile del solito. Anche se un velo di tristezza a tratti annebbiava il suo sguardo. Perché su quella festante e fresca presenza aleggiava ingombrante lo spettro di un dramma atroce che rende infelici milioni di bambini nel mondo (260 milioni su un totale di un miliardo circa). Bambini che non hanno potuto e non possono vivere l'incanto dell'infanzia, negata dalle circostanze avverse della vita o dalla cattiveria degli uomini; che non hanno gustato la tenerezza di una mamma, il calore e la sicurezza di una famiglia, la magia dei giochi... troppo presto gettati sulla strada a imparare e fare di tutto per sopravvivere; oppure sfruttati nel lavoro; irretiti in brutti giri, oggetto della perversione di adulti senza umanità ; costretti a impugnare le armi, a uccidere i «nemici», ma che finiscono con l'uccidere loro stessi, perché anche se riescono a sopravvivere ai crudeli giochi della guerra, dentro sono come morti. Una rappresentanza di questi, riscattati agli orrori della guerra, era presente in Piazza San Pietro.
Milioni di bambini vivono così, protagonisti di una tragedia non nuova. Era appena nato Gesù, quando re Erode faceva scempio di bambini per mettere al riparo il suo trono.
E la mala genia degli erodi, mai estinta, ha continuato a produrre scelleratezze. Anche il secolo che stiamo per lasciarci alle spalle, che pure è stato il secolo delle più solenni proclamazioni dei diritti dell'uomo - maschio o femmina, anziano o bambino che sia - non è stato tenero con l'infanzia. Tant'è vero che quando, tra la fine di dicembre e i primi di gennaio, il più importante quotidiano nazionale, dovendo scegliere la foto che rappresentasse simbolicamente il secolo che sta per chiudere, ha proposto quella notissima del bambino del ghetto di Varsavia con le mani alzate, minacciato dalle SS che stavano effettuando una delle più massicce deportazioni di ebrei verso i campi di sterminio (quel bambino, ebreo, era Tsvi Nussbaum, sopravvissuto all'eccidio e poi trasferitosi negli Stati Uniti dove vive).
Volti di bambini in festa al Giubileo di Roma, emblema di come dovrebbe essere la vita per tutti; il volto del bambino di Varsavia, simbolo di una realtà  che non dovrebbe esserci, ma che purtroppo ha accompagnato e accompagna la vita di milioni di bambini.
Il volto spaventato del bambino che domina la copertina di questo numero - volto anonimo come milioni di altri bambini - ha la stessa drammaticità  di Tsvi, il bambino del ghetto polacco. La guerra, con i suoi tragici giochi, è, per l'uno e per l'altro, l'ambiente in cui drammaticamente e innaturalmente matura la loro infanzia, segnando in modo indelebile il loro destino.
Al Giubileo dei bambini, momento ricco di vita, di spontaneità  e di freschezza, troppi erano gli assenti, troppi coloro che neppure idealmente potevano associarsi, perché il loro cuore era altrove, squassato da altre passioni: perché le loro giornate sono forzatamente occupate in incombenze che poco hanno di gioioso, di festivo, di fresco: per essi ogni mattina dietro l'angolo c'è la strada, c'è la fatica di un lavoro estenuante e mal pagato, c'è il volto bieco dello sfruttatore, c'è l'urlo del caporale che li mette in riga e li addestra a uccidere...
Avremmo voluto in questo mese, la cui prima domenica è dedicata alla vita, parlare soltanto di festa e presentare solo volti sorridenti di bambini felici. Ma purtroppo la vita ci offre anche altre immagini, altri momenti, altri volti per nulla segnati dalla gioia di vivere.
Ma se Giubileo significa conversione che genera solidarietà , è giusto che prendiamo consapevolezza anche di questa realtà  ferita e drammatica, di questa sofferenza che provoca la fede di quanti credono nella bontà  e paternità  di Dio. Sentiamo ancora la forza drammatica del dialogo tra Ivan e Alioscia nei Fratelli Karamazov, quando il primo rinuncia alla fede e alla tradizione cristiana, scandalizzato dalla sofferenza degli innocenti. La provocazione, non solo letteraria, deve stimolarci positivamente, come positivamente ci stimolano questi volti.

Luciano Bertazzo

   
   

   

   

  UN LAVORO CHE SFIBRA      

Nel mondo, ben 250 milioni di minori, di età  compresa fra i 5 e i 14 anni, lavorano: 120 milioni sono costretti a lavorare a tempo pieno, 80 milioni sono sottoposti a uno sfruttamento intollerabile, cioè a schiavitù, vendita e traffico, lavoro forzato, utilizzo in lavori usuranti e pericolosi per la loro salute, sicurezza o sviluppo morale.
(Stime Oil, Organizzazione internazionale del lavoro).

ADDESTRATI A UCCIDERE            

I civili, che all'inizio del secolo scorso rappresentavano appena il 5 per cento delle vittime di guerra, sono oggi il 90 per cento, in maggioranza donne e bambini. 
Nel decennio che ha seguito l'adozione della «Convenzione sui diritti dell'infanzia», più di 2 milioni di bambini sono stati uccisi e più di 6 milioni feriti o resi invalidi in conflitti armati.
(Fonte: Dossier Unicef «La condizione dell'infanzia nel mondo - 2000»).

VITTIME DEI PERVERTITI            

Il mercato del sesso infantile è un affare da 5 miliardi di dollari. In Brasile, secondo il Ministero degli affari sociali, ci sono 500 mila piccoli prostituti; 250 mila circa in Tailandia; da 60 a 100 mila nelle Filippine; 50 mila circa a Taiwan; 1000 in Olanda. (Stime Ecpat). In Italia ogni anno si tengono 1000 processi per maltrattamenti sui bambini (nel 10 per cento dei casi si tratta di maltrattamenti di natura sessuale). Quasi il 70 per cento degli abusi avviene in famiglia.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017