Piedi nella regione, occhi nel mondo

Docente di Sociologia all'Università di Caxias do Sul, esalta il modello multiculturale brasiliano. La ricchezza della diversità è la nostra forza, nella società, a scuola e nel mondo del lavoro.
24 Luglio 2006 | di

Il suo bisnonno era partito da Bergantino, un piccolo centro veneto, in provincia di Rovigo. Qualche anno fa ha iniziato le ricerche per comporre l’albero genealogico di famiglia. Ma in casa Oltramari si è sempre parlato il dialetto veneto. E fino all’età di 8 anni, José Reovaldo, oggi professore di Sociologia all’Università di Caxias do Sul, nello Stato brasiliano di Rio Grande do Sul, ha sempre parlato solo il dialetto veneto.
Dopo la Seconda Guerra mondiale, il Governo brasiliano proibì che si parlasse il dialetto, così questa usanza è ritornata in voga solo molti anni dopo, anche se ora questa tendenza va scomparendo. Tuttavia sono molte le città in cui la lingua italiana è inclusa nel curriculum scolastico.
Bettero. Quanto è importante il rapporto tra le Università del Brasile e quelle italiane per lo sviluppo delle relazioni tra i due Paesi?
Oltramari
. L’Università di Caxias do Sul collabora con numerose università italiane. In forza della presenza e della cultura dei nostri ascendenti arrivati in Brasile, oggi i nostri concittadini e le nostre organizzazioni fanno scambi a livello universitario e lavorano a progetti comuni essenzialmente sul versante strutturale e organizzativo delle aziende, e anche sul versante della formazione culturale.
L’Università di Caxias do Sul ha molti studenti oltre ad un consistente ventaglio di insegnamenti.
Sì, la nostra Università ha 39 anni di vita; conta 36 mila studenti, 1.200 professori in una regione che ha un milione di abitanti. Il Rio Grande do Sul si trova nel Brasile meridionale. Il nostro Stato confina con Uruguay e Argentina, e la nostra regione è composta prevalentemente da discendenti di italiani e soprattutto di veneti.
Quindi è un luogo in cui si sperimenta l’integrazione di lingue e culture diverse.
Caxias do Sul ha 420 mila abitanti; 120 mila sono italiani. Gli altri appartengono a gruppi etnici e linguistici diversi e sono arrivati a Caxias in cerca di lavoro perché Caxias è un centro industriale. Ma la cultura predominante resta quella italiana e coloro che arrivano, assorbono subito le idee, lo spirito imprenditoriale e la cultura italiana.
Che cosa caratterizza il modello multiculturale del sud del Brasile, per esempio rispetto al melting pot americano?
Da noi non ci sono problemi di convivenza tra culture diverse: siano esse polacca, tedesca, araba, ebrea; siamo una società multiculturale e multietnica. E questa è una caratteristica che perdura fin dall’inizio della colonizzazione del Brasile.
A livello universitario ci sono scambi di studenti con atenei italiani?
La nostra università ha uno slogan: «Piedi nella regione, occhi nel mondo». In Italia abbiamo rapporti con le Università di Padova, Venezia-Ca’ Foscari, Piacenza, Roma, Sassari. E poi con l’Inghilterra e la Spagna. Per chi fa esperienze all’estero, il periodo trascorso presso le altre università viene considerato nel curriculum formativo. Abbiamo scambi di professori, e in due modi: per conseguire la specializzazione o per fare ricerche che possono svolgersi tanto in Brasile come all’estero. All’Università di Venezia-Ca’ Foscari abbiamo dei corsi di analisi dello sviluppo del Veneto e della nostra regione. E la conclusione è stata che le aziende, per similitudine, si sono sviluppate nello stesso modo. A Padova, in particolare con il Dipartimento di Storia, abbiamo organizzato molti seminari, corsi e pubblicazioni sull’identità culturale, storica, del lavoro, ecc. rilevando che questi valori sono stati esportati e si sono radicati nella comunità brasiliana.
Quanto contano la lingua e la cultura italiana oggi non solo nello Stato di Rio Grande do Sul ma, più in generale, in tutto il Brasile?
La musica è sempre presente, ma per il resto: informazioni giornalistiche, radiofoniche, ecc. non ne abbiamo molte.
Internet può essere utile in questo scambio di informazioni con l’Italia?
Internet è adottata ovunque, a partire dalle scuole di primo grado, ma i siti italiani si vedono poco. C’è una sorta di invasione americana.
Cosa fate all’interno dell’Università per promuovere la lingua e la cultura italiana?
Abbiamo un sistema di corsi permanenti di lingue straniere. Quello della lingua italiana è stato il primo corso con circa 400-500 studenti all’anno. Dopo l’inglese e lo spagnolo, e prima di altre lingue, quella italiana è la più studiata.
Oltre all’ambito umanistico, in quello scientifico ed economico ci sono altre forme di collaborazione e di cooperazione tra università? E in quali materie specificamente?
Principalmente nelle scienze sociali ed economiche. Nella nostra università affrontiamo i problemi della comunità, della società locale, dell’organizzazione del lavoro delle aziende industriali e commerciali. La nostra università è sempre attenta a seguire le necessità di sviluppo della regione.
In Brasile funziona la collaborazione tra università e impresa, cioè tra chi studia e chi poi diventa soggetto attivo nel mondo del lavoro?
Da noi università e impresa lavorano sempre insieme. Abbiamo degli «incubatori industriali» all’interno dell’università perché chi vuole creare un nuovo prodotto, lo fa all’interno dell’università medesima.
Crede che questo modello possa essere utilizzato anche dal Nord Est italiano?
La nostra università è fatta da e per la comunità, e allora è integrata e abbiamo più facilità di voi a realizzare questa simbiosi.
Che cosa vorreste copiare del modello del Nord Est italiano?
In questo momento il problema principale non è quello di realizzare i prodotti ma riguarda l’organizzazione, come cioè articolarsi, come inserire e mettere in rete le persone con le differenti aziende. Mi sembra che il lavoro sia sempre meno individuale e sempre più collettivo.
Del made in Italy, oggi che cosa piace di più?
Nel Rio Grande do Sul sono apprezzate moltissimo le macchine industriali, i mobili, la pasta, i mezzi per uso agricolo da usare nelle nostre aree montane.
Il Rio Grande do Sul che cosa esporta in Italia?
Esportiamo soia, calzature, lana di pecora, pollame e carne di maiale.
Lei crede che unendo le forze, Italia e Brasile potrebbero affrontare la sfida asiatica?
Non è facile rispondere perché lo sviluppo italiano e quello brasiliano stanno creando, secondo me, un nuovo modello.
Nel contesto della globalizzazione, Italia e Brasile come possono collaborare, tenendo conto del ruolo che gli italobrasiliani hanno nel vostro Paese?
Italia e Brasile dovrebbero lavorare di più insieme. Purtroppo mancano rapporti più forti sul piano della tecnologia e dell’organizzazione del lavoro.
I giovani brasiliani d’origine italiana che cosa chiedono alle istituzioni politiche locali brasiliane per migliorare i rapporti sia con la patria d’origine che con l’Europa?
I giovani si preoccupano di capire qual è il loro futuro professionale, in funzione degli scambi internazionali, degli scambi tra aziende; di capire quale sarà esattamente la struttura della società futura. Qualche tempo fa abbiamo fatto dei corsi di amministrazione d’impresa, cioè su che tipo d’impresa ci sarà in futuro: sarà la stessa oppure tra qualche anno cambierà? Per loro questa è una domanda angosciante, e si chiedono cosa sarebbe meglio fare.

 

 
 
 
 

 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017