Pim e il miracolo di Natale

09 Dicembre 1997 | di

Il Natale di Pim, tale era il nome del bambino, quell`€™anno non sarebbe stato particolarmente lieto; la mamma era ammalata, tanto da non aver più la forza di alzarsi dal letto. Pim aveva tentato con tutte le sue forze di farla guarire, l`€™aveva curata con tutta la dolcezza di cui era capace, ma ciò non era servito a niente. Perfino il medico della città  aveva dovuto rassegnarsi: la sua medicina nulla poteva contro il male che affliggeva la mamma di Pim.

Durante le lunghe notti passate a vegliare la mamma, ansioso di scorgere su quel viso il segno di un piccolo miglioramento, il bambino aveva maturato la convinzione che, per guarirla, aveva bisogno di un miracolo: sì, solo un miracolo avrebbe ridonato il sorriso alle sue labbra; e, per il piccolo, quel sorriso sarebbe stato il più bel regalo di natale! Da quel tempo, infatti, nell`€™ingenua mente di Pim andava prendendo forma uno strano progetto, che gli permetteva di sperare ancora: forse, se fosse andato a trovare il Sole che viveva in un gran palazzo sfolgorante, ce l`€™avrebbe fatta; il Sole si sarebbe impietosito e avrebbe certamente allungato i suoi raggi, affinché penetrassero la gelida atmosfera invernale e riscaldassero la sua mamma.

Rimuginò a lungo sui pro e i contro che quel lungo viaggio comportava, ma poi decise di provare; in seguito, in caso di sconfitta, non avrebbe avuto nulla da rimproverarsi.

Nonostante il freddo pungente, quella sera si coricò tranquillo, e pian piano si addormentò. Dormiva da pochi minuti, quando un vortice impetuoso spalancò la finestra e lo sottrasse al letto, trascinandolo nel cielo pieno di neve. Pim non fece in tempo a capire ciò che gli stava accadendo, tanta erra la sua meraviglia: stava roteando in aria, ma leggermente, e il suo corpo sembrava non avere più peso. Poi pensò a sua madre, sola nella stanza fredda, e guardò in giù: la città  si stava rimpicciolendo sotto i suoi occhi esterrefatti; il tetto della sua casetta, candido sotto la neve, era ormai ridotto alle minuscole dimensioni di un dado. Ben presto, però, la sua attenzione fu attirata da una luce che pian piano si ingigantiva. Adesso poteva scorgere una strada dorata che solcava l`€™immensità  dell`€™etere e che pareva non aver mai fine. Con suo grande stupore, le ali del vento lo depositarono dolcemente proprio all`€™inizio di quella strada, ed egli cominciò subito a percorrerla, animato da una morbosa curiosità . L`€™aria si faceva sempre più calda, e la luce aumentava; gli sembrava di camminare da un`€™eternità  quando vide ergersi, dinanzi a sé, un castello maestoso nella sua grandezza. Il cuore del bambino prese a battere forte: quella non poteva essere altro che la dimora del Sole! Il destino aveva voluto agevolarlo, risparmiandogli l`€™affanno della ricerca. Spronato così da una nuova speranza, Pim accelerò il passo e bussò alla porta del maniero infuocato. Appena fu entrato, i suoi occhi presero a lacrimare: nessun occhio umano avrebbe potuto sostenere un così accecante splendore!

Una volta giunto al cospetto del sovrano di quel castello, lo sfolgorio si fece così intenso che il piccolo dovette coprirsi il viso con le mani. Il Sole, dall`€™alto del suo trono d`€™oro, ascoltò benigno le suppliche di Pim e fu molto dispiaciuto di non poterlo aiutare. 'Carissimo Pim, vorrei tanto aiutarti; ma adesso, in questo periodo dell`€™anno, non è in mio potere. Siamo in inverno, Pim. Se allungassi i miei raggi, subito sopraggiungerebbe l`€™estate, e il delicato equilibrio delle stagioni ne risentirebbe. Credimi, Pim, anch`€™io ho i miei limiti'. Pim tacque e girando il viso, nascose una lacrima che, a differenza delle altre lacrime, non era causata dalla luce che emanava dal placido faccione del Sole, ma dal dolore che gli dava il fatto di non poter aiutare la sua mamma. Poi, dopo aver salutato l`€™astro sfolgorante, se ne andò, facendo la strada a ritroso.

 

Alla fine del nastro dorato, il vento lo afferrò di nuovo e lo portò, attraversando la finestra, fin nel suo letto. Appena l`€™ultima folata ebbe abbandonata la camera, la finestra si richiuse senza far rumore. Pim credette di aver sognato. Fuori c`€™era un manto immacolato, e i fiocchi di neve, simili a farfalle, volteggiavano per l`€™aria gelida. Com`€™era possibile che lui, così piccolo e indifeso, avesse compiuto quel difficile viaggio? Ma, sogno o non sogno, una cosa era ormai certa: il Sole non avrebbe potuto aiutarlo, e le lacrime affiorarono ancora nei suoi occhioni azzurri.

Altri giorni passarono, ma la speranza non si era ancora spenta nell`€™animo di Pim; forse la Luna, che quella sera illuminava la fredda coltre rendendola simile a un gioiello scintillante, avrebbe risolto il suo problema. Quella notte il vento tornò a visitarlo, lo sollevò con le sue braccia invisibili e lo trasportò lontano, nel regno incontrastato della Luna. Il castello della Luna non era meno bello di quello del Sole, però non feriva gli occhi con la sua luce e ciò piacque molto a Pim.

Il grande portone fu spalancato da due guardie, e subito fu sorpreso di trovarsi in un mondo argentato: d`€™argento erano il trono, le pareti; d`€™argento erano il vestito e i capelli della Luna. La luce che emanava da colei che di notte solca il cielo era tenue e riposante. Rassicurato, Pim ritrovò tutto il suo coraggio, e trepidante rese noto il suo desiderio.

La Luna, prima di rispondere, lo guardò con estrema dolcezza; il suo istinto, in un certo qual modo femminile, scavò molto più a fondo nell`€™animo del bambino di quanto non avesse fatto il Sole, e cercò le parole più belle, quelle che toccano il cuore, per potergli far capire senza ferirlo quanto ella fosse impossibilitata ad aiutarlo: 'Vuoi molto bene a tua madre, vero? Io vorrei aiutarti, forse la mia luce le farebbe bene; ma non mi è concesso fermarmi. Il giro che tutte le notti compio nel cielo non può essere alterato; ho un orario e devo rispettarlo, altrimenti il Sole non potrebbe più sorgere all`€™ora stabilita, capisci?'.

Pim si era incantato ad ascoltare quella voce morbida e modulata, che gli ricordava quella della sua mamma; ma ancora una volta dovette scendere dalle nuvole e provare il dolore della delusione: la Luna e il Sole non potevano far nulla per lui, non potevano alterare l`€™una il suo viaggio, l`€™altro il corso dell`€™inverno; dovevano assolvere, sempre e soltanto, il compito che era stato loro assegnato. A lui erano sempre sembrati i padroni del cielo, quei due astri splendenti; ma ora capiva che non lo erano, che non lo erano mai stati. Sconsolato il bambino tornò a casa.

 

Arrivò la vigilia di Natale. La madre di Pim non dava segni di ripresa, stava sempre più male. Ormai il piccolo si era rassegnato all`€™ineluttabile realtà  che prima aveva cercato di sfuggire, e cioè che la sua mamma non sarebbe vissuta a lungo. Egli, in quei giorni felici, vagava senza una meta nelle strade cittadine; provava un certo rammarico al vedere gli altri bambini, gioiosi e infagottati, tenuti per mano delle loro mamme, e pensava che quella, per lui, sarebbe stata una tristissima festa.

Puntualissimo, il Natale arrivò il giorno seguente.

Dopo essersi assicurato che a sua madre non mancava nulla, Pim uscì per strada, anche se la felicità  degli altri lo faceva star male. Per consolarsi dette fondo ai suoi piccoli risparmi, e si comprò una stecca di torrone. Dopo aver camminato un poco, si appoggiò al muro di una casa e affondò i denti nella pasta bianca, cosparsa di canditi multicolori; la mano in tasca e l`€™aria assente, lo sguardo perso nel vuoto. A un tratto, un lieve rumore lo distolse dai suoi pensieri: alzò la testa e vide, dinanzi a sé, un bambino di circa la sua età  che lo fissava con due immensi occhi interrogativi, azzurri proprio come i suoi.

Pim incontrò lo sguardo del ragazzino e rimase colpito dalla sua espressione: un`€™espressione mesta e dolorosa, che rispecchiava la triste povertà  del suo abbigliamento. Dopo aver distolto gli occhi, Pim guardò a lungo la stecca di torrone che teneva ben salda fra le dita; guardò di nuovo il piccolo sconosciuto, poi, risolutamente, allungò la mano e gli porse il suo torrone. Il bambino prese con timore il dolce che gli veniva offerto, poi le sue labbra si incurvarono in uno smagliante sorrido e Pim si sentì così ripagato del suo piccolo sacrificio. Subito dopo, però, cominciò a correre verso casa, perché da troppo tempo, ormai, la sua mamma se ne stava da sola. Ma, giunto all`€™angolo della strada, Pim si voltò per vedere se il ragazzino fosse ancora là : c`€™era, e lo salutava con la mano alzata. Sereno, Pim riprese la sua corsa.

Appena ebbe varcata la soglia della modesta casa, si diresse in camera della madre per raccontarle la sua strana avventura, ma la donna non stava più a letto: era vicina al tavolo, e stava cucinando. Si rivolse al bimbo che la guardava esterrefatto e gli disse: 'Sai, Pim, non so che cosa mi sia accaduto, ma d`€™un tratto mi sono sentita così forte da potermi reggere sulle gambe; credo proprio di essere guarita!'. Poi allargò le braccia, e a Pim non parve vero di potersi gettare in quel caldo rifugio. Grosse lacrime di felicità  gli scorrevano lungo le gote: non il Sole, non la Luna, ma la bontà  aveva reso possibile il miracolo di Natale!

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017