Pio XII antisemita? Una montatura colossale

Padre Pierre Blet, con documenti degli archivi alla mano, smonta pezzo per pezzo il castello di fandonie messo in piedi dai detrattori di papa Pacelli. Un "giusto", anche secondo alcuni ebrei.
23 Dicembre 2004 | di

Sepolto da libri, riviste, faldoni di scartoffie e manoscritti nella piccola stanza della Gregoriana, il gesuita padre Pierre Blet - 86 anni compiuti - mi parla di Pio XII. Per lui non è stato semplicemente un pontefice cui inchinarsi e obbedire perinde ac cadaver, ma un Papa da difendere a spada tratta. Non per dovere d'ufficio, ma per dovere di verità .
Un giorno, mentre era intento a quieti studi, gli arrivò una telefonata di monsignor Macchi, segretario di Paolo VI: Il Papa vuole vederla. Quando fu alla presenza di papa Montini, questi gli disse: Caro padre, ho un debito verso la memoria di Pio XII col quale ho lavorato negli anni tragici della guerra. Oggi una certa pubblicistica cerca di demolire la sua immagine. Non voglio propaganda, voglio che lei frughi negli archivi vaticani e trovi tutti i documenti di quel periodo. Ha carta bianca.
Cominciò così l'avventura - se avventura può chiamarsi - di padre Pierre Blet: anni e anni a spulciare migliaia di documenti, a ritrovare appunti sconosciuti di sconosciute conversazioni, dispacci diplomatici, direttive alle nunziature, telegrammi segreti, per ricostruire il periodo della seconda guerra mondiale.

Però, padre Blet, non le sembra che le polemiche su Pio XII si stiano esaurendo?
Sì, è vero, si nota un certo affievolimento nel livore antipacelliano. La mia opinione è che più tempo passa, più impallidiscono le polemiche e parla solamente la storia.

Ma da quali ambienti vengono le critiche maggiori?
Gli ambienti ebraici, specie quelli degli Stati Uniti, si sono fatti oggi più cauti dinanzi ai documenti della Santa Sede, ma in passato credo che tutto sia partito dalla vecchia Unione Sovietica che non perdonava a Pio XII il suo anticomunismo.

Ma che cosa si rimprovera a Pio XII?
Di essere stato filonazista, di non aver protestato energicamente contro la deportazione degli ebrei e le camere a gas, di aver taciuto - per debolezza - contro la barbarie di Hitler.

Ma è vero?
No, non è vero niente. Sono tutte calunnie che non reggono dinanzi ai fatti.
Pio XII, quando era nunzio in Germania, si legò di amicizia a molti cattolici tedeschi, amò il Paese, ma non fu mai filonazista e, fin dal principio, vide chiaramente dove avrebbe condotto la follia di Hitler. Le racconto un fatto che mi fu confidato da padre Leiber, segretario di Pio XII. Un giorno - credo fosse la fine del '33 - l'allora segretario di stato Eugenio Pacelli fu invitato da Charles Roux, ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Uno dei figli del diplomatico disse: È meglio avere al potere in Germania un pittore come Hitler che i generali prussiani. E Pacelli, di rimando: Lei non sa cosa dice. I generali prussiani avranno anche i loro difetti ma i nazisti sono diabolici. Già  nel 1935, Pacelli scrisse una lettera al vescovo di Colonia definendo i nazisti falsi profeti con l'orgoglio di Lucifero e, in quello stesso anno, da Lourdes, tuonò contro quelle ideologie possedute dalla superstizione della razza e del sangue.

Ma allora perché il Papa non intervenne, magari con una denuncia, magari con un documento forte?
Ecco, proprio dai documenti che ho curato con i miei confratelli, padre Gumpel e padre Graham, (ben dodici volumi) emerge un'altra verità : Pio XII sapeva che se avesse denunciato pubblicamente il nazismo, la persecuzione contro gli ebrei e i cattolici sarebbe stata ancora più terribile.
Questo fu il suo dramma interiore. Nel discorso ai cardinali del 2 giugno '43 disse: Ogni parola da noi rivolta a questo scopo alle competenti autorità  e ogni nostro pubblico accenno, dovevano essere da noi seriamente ponderati e misurati nell'interesse dei sofferenti stessi per non rendere, pur senza volerlo, più grave e insopportabile la loro situazione.

Ma c'è un caso, uno almeno, in cui la denuncia della Chiesa ha provocato ritorsioni e persecuzioni?
Guardi, le cito solo un caso: il 20 luglio del '42 i vescovi olandesi, assieme ai capi delle Chiese protestanti, pubblicarono una lettera contro la deportazione degli ebrei. Ebbene, sei giorni dopo, esattamente il 26 luglio, 156 ebrei vennero condotti nei campi di sterminio, e fra questi Edith Stein, divenuta suora carmelitana, e canonizzata da Giovanni Paolo II. Un sopravvissuto dell'Olocausto, il rabbino capo di Danimarca, Marcus Melchior, scrisse che se il Papa avesse preso esplicitamente posizione, Hitler avrebbe probabilmente massacrato più di sei milioni di ebrei e forse milioni di cattolici.

Il Papa salvò molti ebrei?
Ne salvò tanti, anche se non è possibile un calcolo preciso. Nei Paesi occupati dai tedeschi vennero aperte chiese e conventi. Uno storico ebreo - si badi, ebreo - Emilio Pinchas Lapide, nel 1967 scrisse un libro in cui affermò che Pio XII aveva salvato fra i 700 mila e gli 850 mila ebrei.
C'è una cosa che stupisce. Le polemiche contro papa Pacelli iniziano negli anni Sessanta. Ma a guerra finita, gli stessi ebrei ringraziarono il Papa pubblicamente.
Vede, c'è una storia che, chissà  perché, oggi viene taciuta. Si tratta di Israele Zolli, rabbino capo della comunità  ebraica di Roma. A fine guerra si convertì, il 13 febbraio del 1945 volle ricevere il battesimo e prese il nome di Eugenio per riconoscenza verso Pacelli che ringraziò per aver salvato tanti ebrei. Un evento che - posso capirlo - ha ferito profondamente la comunità  israelita di Roma, la quale ha relegato questo fatto in una sorta di oblio. Di Zolli non parla più nessuno. Come nessuno parla più dell'oro che la Santa Sede dette ai tedeschi nel settembre del '43.

Certo, di questo rabbino Zolli nessun giornale parla, e la sua storia andrebbe fatta conoscere soprattutto alle giovani generazioni. Lei crede che gli ebrei - soprattutto gli ebrei americani - siano attestati sulla stessa polemica verso papa Pacelli? Mi spiego: c'è oggi nell'ebraismo un'opinione comunemente condivisa verso Pio XII?
No, non c'è un'opinione consolidata. Anzi, più la storia emerge, più si intravedono fra gli intellettuali ebrei non solo delle perplessità  ma addirittura dei ripensamenti. Prenda l'articolo di David G. Dalin, rabbino americano. Sul giornale The weekly Standard ha chiesto, tre anni fa, che Pio XII sia riconosciuto come giusto per quanto ha fatto per la salvezza degli ebrei. Ed è strano che negli anni del dopoguerra, Pio XII abbia ricevuto lodi e ringraziamenti da parte di grandi personalità  ebraiche, come Einstein, Golda Meir, Moshe Sharett, il rabbino Isaac Herzog.
Ho letto, una volta, che anche il primo presidente dello Stato d'Israele ebbe parole molto benevole verso Pio XII.
Sì, Chaim Weizman scrisse nel 1943, in piena guerra: La Santa Sede sta prestando il suo potente aiuto laddove è possibile per alleviare la sorte dei miei correligionari perseguitati.
Qualcuno parla di una differenza fra Pio XI e Pio XII. In altre parole, Pio XI avrebbe scritto la famosa encliclica contro il nazismo Mit brennder Sorge e Pio XII avrebbe taciuto. Il primo coraggioso, il secondo timido.
Ma no, ma no! Quella enciclica fu ispirata, diretta e corretta dal segretario di Stato Pacelli. La bozza fu scritta dal cardinale Faulhaber, arcivescovo di Monaco, ma su incarico di Pacelli.

Quando pensa che sarà  rivalutata la figura di Pio XII?
I documenti che abbiamo pubblicato parlano chiaro. Man mano che l'opinione pubblica, gli studiosi, gli ambienti ebraici prenderanno coscienza di come realmente siano andate le cose, solo allora la figura di Pio XII emergerà  nella sua grandezza. Il tempo è galantuomo e non è la prima volta che la Chiesa deve attendere. Verrà  il giorno in cui il pontificato di Pio XII sarà  giudicato per quello che realmente è stato nella luce della realtà  e della storia.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017