Preghi e ti senti un altro
Un amico lettore, imprenditore lombardo (spiace di aver smarrito la sua lettera, ma ne ricordo perfettamente il contenuto) ha scritto qualche tempo fa per mettere in guardia dalla eccessiva fiducia in psichiatri, psicologi e simili. E per dire che lui, afflitto da crisi depressive con conseguenze negative anche nel lavoro, dalle costose cure di costoro non aveva cavato un ragno dal buco: dal tunnel della depressione era uscito frequentando un movimento di spiritualità di recente fondazione, I ricostruttori nella preghiera. Glielo avevano consigliato degli amici e lui volle provare. Semplicissima la ricetta: preghiera e meditazione, svolte con tecniche e formule che ricordano la ritualità orientale e in luoghi lontani dal trambusto della città , a contatto con la natura. Preghiera come lode a Dio, ma anche come ricerca di se stessi e delle cose che contano... Tanto bastò all'amico lettore per recuperare gradualmente un equilibrio insperato, una serenità di cui aveva perso memoria. Raccomandava ovviamente di parlarne, vincendo quella che per lui era una preconcetta diffidenza del mondo cattolico verso la spiritualità orientale. Non vogliamo creare illusioni: dove uno ha trovato soluzione ai propri guai, altri possono fare cilecca. È un fatto però che da tempo tra cultori e studiosi di spiritualità - americani soprattutto - si sta facendo strada la convinzione, suffragata da ricerche sul campo, che la preghiera e la meditazione giovino più del ginseng o dell'aspirina. Però, sia chiaro, l'esperienza dei Ricostruttori nella preghiera è qualcosa di più di una terapia per depressi. Iniziatore dell'avventura, che coinvolge ormai alcune migliaia di persone, è padre Giovanni Cappelletto, un gesuita trevigiano, laureatosi all'università di Padova, ma di stanza a Torino. Lo abbiamo incontrato a Sant'Apollinare, un vecchio cascinale restaurato dalla comunità (1981), sperduto tra le risaie del novarese. Il campanile di una antica chiesetta vigila sul complesso che labili tracce vorrebbero possedimento dei Templari, l'ordine cavalleresco creato nel 1119 a Gerusalemme per la difesa dei luoghi santi e la salvaguardia dei pellegrini. A ricordo di ciò, la statua imponente di un cavaliere armato di tutto punto, opera di un artista della comunità , accoglie i visitatori della cascina, la quale per lungo tempo è, invece, servita da ostello alle mondine che trascorrevano qui il periodo della monda del riso. Quando le mondine vennero sostituite da macchine e diserbanti, la cascina cadde in rovina e per qualche tempo fu utilizzata dai membri della banda Vallanzasca. Restaurato, Sant Apollinare è diventata la casa madre del movimento. Racconta padre Cappelletto: 'Arrivato a Torino, il superiore, che mi sapeva curioso di spiritualità orientale, mi invitò, per cercare di conquiatare i 'lontani', a tenere un corso di meditazione, pregandomi di rivestirlo di quegli elementi e tecniche, soprattutto rilassamento e yoga, desunte dalla meditazione orientale, che tanto attraggono soprattutto i giovani. Iniziai con qualche timore, ma il risultato fu sorprendente, più di duecento i partecipanti. Ciò indusse a non far morire la cosa lì: la meditazione poteva essere l'inizio di un percorso spirituale, soprattutto per chi era lontano dalla fede. Ecco allora l'idea di un incontro settimanale con chi voleva proseguire il cammino, di un ritiro spirituale mensile e, infine, di un corso di esercizi spirituali annuale. Intanto, persone di altre città , conosciuto il mio lavoro, chiedevano corsi analoghi'. Padre Cappelletto agli inizi non aveva messo in conto la possibilità che fra quanti frequentavano i suoi corsi, alcuni chiedessero di raccogliersi in comunità per farne centro di pratica e di irradiazione della riscoperta del valore della preghiera, e quindi di dover dirigere un istituto religioso, composto da donne e uomini, alcuni anche sacerdoti (otto attualmente). Cosa che di fatto avvenne, portando nella chiesa una nuova esperienza religiosa che per essere in regola ebbe bisogno dell'approvazione ecclesisastica, concessa dal vescovo di La Spezia, inizialmente 'ad experimentum' nel 1988 e in via definitiva nel 1993. Ora le comunità , sparse tra Nord e Centro Italia sono una trentina, quasi tutte in cascinali o in vecchi monasteri strappati al degrado e recuperati alla preghiera e alla vita monastica. 'Casualmente ci siamo ritrovati a ricostruire cascinali per farne centri di preghiera - spiega padre Cappelletto - . La ricostruzione materiale, il restituire al mondo luoghi di preghiera abbandonati (di recente il vescovo di Ferrara ci ha affidato l'abbazia di Pomposa) è figura della ricostruzione del tempio interiore, e la storia della salvezza individuale si sviluppa attraverso i poli dell'azione e della preghiera'. A Sant'Apollinare abbiamo incontrato anche don Roberto Rombanina, uno degli otto sacerdoti del movimento. Ligure, di Rapallo, laureato in filosofia, durante il liceo si era allontanato dalla chiesa, tuttavia 'credevo ci fosse un mistero da scoprire - confessa - che può essere chiamato in vari modi'. Quel mistero lo scoprì seguendo un corso di meditazione di padre Cappelletto, al quale l'aveva invitato la sorella, che ora vive nella comunità di Pomposa. 'Mi piaceva di questo personaggio - racconta don Roberto - che vivesse quello che diceva e presentasse la possibilità di un cammino aperto a qualsiasi situazione... Mi convinsi poi all'idea che anche persone lontane come me potessero accettare il discorso della preghiera. Pregando, è sorto il desiderio di approfondire la vita di fede, di riscoprire l'eucarestia, la confessione... fino a quando ho deciso di lasciare tutto e di entrare in comunità e farmi prete. Avevo 24 anni, ero già laureato e avevo già fatto il militare...'. È lui a farci conoscere alcuni 'segreti' della comunità 'Preoccupato dall'esigenza di recuperare i 'lontani', come ero io, padre Cappelletto ha creduto nella possibilità della preghiera come strumento di crescita spirituale. La lettura di antichi libri monastici, come I racconti di un pellegrino russo, La Filocalia (una celebre raccolta di preghiere dei padri orientali) lo ha convinto a recuperare la tradizione della preghiera contemplativa, chiamata 'preghiera del cuore', o esicasmo (dal greco exichia, pace spirituale, silenzio interiore) praticata prima dai monaci del deserto e poi divenuta patrimonio comune del mondo cristiano. I monaci del monte Athos, ad esempio, l'utilizzano ancora, mentre il mondo occidentale l'ha dimenticata. Ad essa si arriva al termine di un itinerario durante il quale si apprendono alcune tecniche per imparare a rilassarsi e concentrarsi. Ci si serve, tra l'altro, della recita, ripetuta incessantemente, di una giaculatoria, di un versetto della Scrittura, per realizzare quel pregare senza interruzione di cui parla Gesù. Questo tipo di preghiera ha trovato fortuna anche tra persone lontane dalla chiesa, perché va incontro a una delle esigenze più forti dell'uomo moderno: trovare pace e serenità come antidoto ai ritmi frenetici della vita d'oggi. 'La genialità di padre Cappelletto sta nell'aver proposto la preghiera contemplativa, di solito praticata nei monasteri, a persone anche sposate che continuano a svolgere la loro quotidiana attività di lavoro. La preghiera li aiuta a vivere meglio il rapporto con gli altri, facilita la riscoperta di tutta la realtà , e spesso chi è lontano, chi è in ricerca, aiutato dallo Spirito, può riscoprire la fede'. Nulla nasce dal caso. Una vita più sana e più serena si ottiene percorrendo un determinato cammino, e si mantiene e si rafforza attraverso esercizi che aiutano a creare uno stile di vita. Spiega Roberto: 'Siamo tutti vegeteriani, perché il cibo vegetale ci aiuta a vivere in modo più semplice e naturale; evitiamo alcolici e fumo, e dormiamo per terra. Non abbiamo la televisione. Facciamo quattro meditazioni al giorno di mezz'ora ciascuna: al mattino, prima di pranzo e di cena e in chiusura di giornata. Poi c'è la lettura dei testi sacri, per me del 'breviario'. E il lavoro. Tutti noi lavoriamo: io insegno filosofia nel seminario di Novara, Steve Savioli si dedica alla scultura ed è il custode della casa, Michela Mo lavora in un ambulatorio dell'Uls, Assunta Gargiulo si dedica alle faccende domestiche...'. Anche quelli che non stanno in conumità (e sono la grande maggioranza) cercano di vivere una vita monacale, dedicando molto spazio alla meditazione e al silenzio, all'ascolto della Parola, praticando quell'allegria che nasce dall'affinamento interiore e dalla riscoperta di una vita semplice, senza l'affanno dell'arrivismo e della sopraffazione. Si incontrano durante la settimana a pregare insieme, una volta al mese per un ritiro di perseveranza, e una volta all'anno in montagna, nei pressi di Oropa, per una settimana di immersione totale nella preghiera nel silenzio della natura. 'È una montagna splendida - ci dice padre Cappelletto - ancora intatta. Qui, come faceva sant'Eusebio di Vercelli (ma anche san Francesco, aggiungiamo noi), preghiamo camminando per i boschi, soffermandoci a contemplare le piante, i sassi, l'acqua, l'erba, gli uccelli... cercando di cogliere il senso del loro esserci, del rapporto con noi nel creato, la loro storia e la nostra, in una simbiosi che ci aiuta a riscoprire il senso delle cose e della vita, a ritrovare armonia e tranquillità intreriore: cose che l'affanno delle città , del vivere asfissiante alla ricerca dell'avere ci ha fatto irrimediabilmente perdere'. La comunità , che durante il giorno può apparire come una grande casa deserta, si popola e si anima le sere, quando dalla città o dai vicini paesi la gente viene per i corsi di preghiera, sempre affollatissimi; o nei fine settimana, quando alla preghiera si aggiunge il lavoro manuale, dal giardino alla tessitura al restauro degli edifici o dei mobili, o ad altre espressioni artistiche. 'È straordinario - afferma padre Cappelletto - come nella gente, riacquistata la serenità interiore e l'armonia, si sprigionino potenzialità che neppure sospettavano: c'è chi comincia a scrivere poesie o racconti, chi dipinge, chi scolpisce... ottenendo risultati a volte anche di notevole livello espressivo'. Sulle pareti di un chiostrino, aggiunto ex novo ai vecchi edifici, alcuni artisti 'ricostruttori' stanno dipingendo una serie di episodi tratti dalla saga del Sacro Graal, molto sentita in comunità perché simbolo dell'inesausta ricerca di Dio, tipica dell'uomo di ogni tempo, che si aquieta soltanto nella contemplazione finale. Medici aderenti al movimento hanno dato vita, poi, ad ambulatori aperti a tutti (a pagamento, sia pure a tariffe accettabili) dove praticano, nei limiti del possibile, la medicina alternativa (omeopatia, erboristeria, massaggi...), ma soprattutto dove l'ammalato è considerato una unità di corpo e di spirito e la sua malattia viene inquadrata nella complessità della persona. Medici disposti ad ascoltare il malato, i suoi guai fisici e i suoi problemi interiori. E non è cosa di poco conto.