Prendere il largo senza paura
Settembre: tempo di ricominciare. Ci lasciamo alle spalle l`estate, le vacanze, le solitudini, che qualcuno nel periodo dell`«esodo» ha vissuto in forme ancor più esacerbanti. Ma anche i ricordi drammatici che il tempo attutisce ma non cancella: l`Etna infuriato che fa tremare gli abitanti dei paesi sottostanti; le drammatiche giornate di Genova durante il G8. Ricordi collettivi e ricordi personali che in qualche modo segneranno il nuovo cammino che ci accingiamo a compiere.
Gli antichi ritmi della vita agricola e pastorale indicavano a questo punto la «transumanza»: il tempo di ritornare a valle dai pascoli degli alpeggi, mentre nelle campagne e sulle colline iniziava la gioiosa fatica della vendemmia. Anche le nostalgie ci fanno «transumare»... verso luoghi non più esistenti.
Ora il nostro è un ritornare in «città », nei luoghi della quotidianità , delle relazioni, del tempo che matura nelle attese, nelle speranze e nei progetti. Un tempo che si consuma anche nel suo trascorrere.
Nel riprendere il cammino, lavorativo e spirituale, in qualche modo interrotto dalle ferie, voglio invitarvi a riflettere su un recente documento dei vescovi italiani, indirizzato alle comunità cristiane reso noto lo scorso giugno. Esso ha un titolo più generico, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia e un sottotitolo che ne chiarisce lo scopo: Orientamenti pastorali dell`episcopato italiano per il primo decennio del 2000.
I nostri vescovi, nel tracciare il cammino della Chiesa per i prossimi dieci anni, ci ricordano preliminarmente che non camminiamo da soli. Siamo comunità , persone in relazione. Le relazioni spesso sono amare e ferite; talvolta predomina la solitudine e l`isolamento, che sono essi stessi un`invocazione di aiuto: attraverso codici contraddittori essi chiedono incontro, affetto e la possibilità di essere felici.
Nell`introduzione al documento, dopo aver dichiarato citando san Paolo di voler essere «collaboratori della vostra gioia», in un singolare collettivo (e credo che la cosa abbia una sua novità , anche se ispirata a sant`Agostino) i vescovi italiani chiedono perdono: «Non abbiamo la presunzione ` affermano ` di credere di non avervi mai dato giusto motivo di lamentarvi di noi nel nostro servizio episcopale», e poi rinnovano il loro impegno «di confermarvi nella fede e di alimentare in voi con tutte le nostre forze la gioia evangelica, per essere insieme a voi portatori della gioia a ogni uomo». Un bell`impegno! Siamo una comunità di credenti e quindi pellegrini nel tempo, non vagabondi. Il pellegrino sa dove va; il vagabondo no.
Con questo documento ` sul quale avremo sicuramente modo di ritornare ` vengono dati, dunque, gli orientamenti pastorali per il prossimo decennio. Ci lasciamo alle spalle un Giubileo ricco di grazia. Una lettera di Giovanni Paolo II a conclusione del passato millennio, la Novo millennio ineunte (cioè, entrando nel nuovo millennio) conteneva una parola d`ordine, duc in altum, «prendere il largo», avventurarsi, senza paura, nel tempo, nella complessità della storia, nei problemi cruciali della vita, personale e collettiva, quotidianamente minacciata sia dal crescente inquinamento ambientale sia da una realtà globalizzata che sta aggravando a dismisura i disagi e la miseria dei più poveri.
Non siamo soli. Entriamo in questa complessità come credenti nel Signore Gesù, che è stato pellegrino per le strade della Palestina, che è morto e risorto, che continua a essere con noi nella storia. Proseguiamo, dunque, nel nuovo millennio, sostenuti dalla speranza e da una comunità di credenti che vive la nostra stessa fede, che si pone le stesse domande, che è capace di ospitarle per cercare ad esse risposte nella Parola di Dio. Una comunità che cresce nella misura in cui si aggrappa a due forti e fondamentali punti di riferimento della nostra fede, che sono: la Parola di Dio e l`eucarestia. Una comunità che, contro un`asfissiante mediocrità , sa rendere testimonianza della propria speranza in un mondo che spesso sembra averla perduta; che è capace di parlare, ora soprattutto attraverso i laici, anche ai «credenti della soglia», a coloro che si sentono o si collocano alla periferia della comunità cristiana.
Questo ci viene affidato. Impegnativo? Può darsi. Ma anche bello, perché significa andare alle radici del nostro essere profondo.