Proud to be Italian

Nata 20 anni fa, FIERI ha una sede anche a Roma. Oggi lotta contro gli stereotipi sugli italoamericani, promuove la nostra lingua e cultura. E le sinergie tra professionisti.
20 Dicembre 2005 | di

NEW YORK
FIERI (www.fieri.org) è un";organizzazione internazionale a cui aderiscono studenti e giovani professionisti di età  compresa tra i 18 e i 39 anni. A muovere i primi passi, nel 1984, furono John Calvelli, l";allora presidente-fondatore, e un selezionato gruppo di giovani come Gina Biancardi, Louis Calvelli, Casimiro Cibelli, Maria DiMeo, Mario Gazzola, Rosanna Greco ed Anthony Villani che riconobbero come fosse ormai necessaria un";organizzazione focalizzata sui giovani italoamericani. FIERI "; i cui iscritti sono oggi più di 2.500 "; si propone, tra le sue finalità , di preservare la cultura italiana e di incoraggiare lo studio della storia italiana e degli italoamericani; di facilitare opportunità  di carriera e nuovi rapporti professionali; di promuovere un";immagine positiva degli italoamericani sui mass media e tra la gente.
L";attuale presidente di FIERI International è l";ingegnere Paolo Raschilla. Ha da poco lasciato la Columbia University per approdare alla grande Compagnia di costruzioni Morgan Contracting di New York. L";abbiamo intervistato.
Bettero. Oggi qual è lo spirito che anima FIERI?
Raschilla
. Per me è una sfida antica che parte dall";anima. I miei sono nati in Calabria, si sono sposati a Roma, e poi si sono trasferiti a New York. Quindi per me è una cosa normale essere italiano in America. Tanti miei amici, invece, non hanno nessuna idea di cosa sia l";Italia di oggi. FIERI è stata una cosa importante e determinante per me, per affermarmi nella vita, nella carriera e nella società , sia come italiano che come americano.
Qual è la vostra mission?
Abbiamo festeggiato i vent";anni di fondazione. Il nostro è un sodalizio dedicato ai giovani. Siamo una comunità  molto forte, composta da giovani professionisti italoamericani o anche solo americani che hanno voglia di essere in rapporto con l";Italia. Facciamo un po"; di tutto: opera, concerti, manifestazioni culturali; finanziamo borse di studio, non ci occupiamo direttamente di politica, ma quando c";è qualcosa di negativo contro gli italiani, ci facciamo sentire.
La nonna del governatore dello Stato di New York, Pataki, era italiana. L";ex sindaco di New York, Giuliani, è italiano; Cuomo è italiano. Un nostro grande amico, il giudice Scalia, è italiano. Questo conta! Noi non scendiamo mai sul terreno della dialettica offensiva. Io dico di me: «Paolo è nato nel Queens come John Gotti, ma Paolo è andato all";università , Paolo ha fatto il servizio militare, Paolo ha la doppia cittadinanza. Quindi non parliamo più di John Gotti!».
L";americano medio percepisce l";italoamericano come una persona diversa da quella rappresentata dagli stereotipi proposti dai mass media oppure i luoghi comuni sono ancora forti e condizionanti?
Questa è una cosa che sento molto. Io sono nato nel Queens, a New York, e durante gli anni Settanta e Ottanta era una cosa tremenda: c";era il film Il Padrino; era terribile. Tutti a parlare sempre della mafia italiana. Per i ragazzi italoamericani di allora sembrava esistesse solo la mafia. A New York ci sono persone anche italiane che certamente pur non avendo fatto cose contro la legge, forse non erano troppo nel giusto. Ma chi vive fuori dalle grandi città , queste cose non le capisce. Quindi per noi di FIERI è molto importante presentare la figura dell";italoamericano con la sua vera immagine, specialmente i giovani professionisti italiani e non solo l";operaio, il bracciante, il muratore, ecc.
Nella sua vita quotidiana, nel suo lavoro, nei suoi rapporti familiari, quali sono i valori legati al suo essere italiano che sente di più rispetto agli americani di altri gruppi etnici?
Io sono fiero di essere italiano. Ho vissuto per due anni a Roma, a due passi dal Vaticano, quindi ho riflettuto a lungo sulla mia doppia identità . I miei genitori si sono sposati a Roma. La mia vita è nata a Roma. Io credo che gli italoamericani devono dimostrare che si può essere anche americani, e vivere una vita normale, serena, giusta, orgogliosa; fieri "; appunto come il nome della nostra organizzazione "; delle proprie origini italiane e fieri di essere americani. Oltre la mia professione di ingegnere, la mia mission è questa: presentare gli italiani nella maniera giusta.
Tornerebbe a lavorare e a vivere definitivamente in Italia?
Sì, mia moglie ha voglia di tornare. Maryann (Capone) è nata ad Upstate New York, ma ha vissuto a Chicago. Lei faceva parte della sezione FIERI di Chicago, io della sezione FIERI del Queens. Ci siamo conosciuti a Manhattan in occasione di una riunione, tre anni fa. Ci siamo sposati un anno fa ed ora viviamo a New York.
Per il 2006 quali saranno le iniziative di FIERI?
Il nostro obiettivo principale è quello di dimostrare che siamo capaci di portare avanti dei progetti, in particolare quelli di mentorship: una concreta collaborazione tra licei, università  e i soci che hanno fatto parte di FIERI e che ora hanno più di 40 anni. Siamo convinti che con l";impegno, l";onestà , la ricerca, lo studio si possano raggiungere traguardi importanti nella vita.
Voi collaborate con altre organizzazioni di italoamericani?
Sì. Con la NIAF ci siamo confrontati in occasione del ventennale della nascita di FIERI. Insieme anche con i responsabili di OSIA e UNICO, ci siamo incontrati per condividere i programmi per il 2006 e per gli anni a venire. Dobbiamo preparare il terreno per fare attecchire bene le radici italiane e per diffondere la nostra lingua e cultura. Ma la cosa più importante resta la lingua. Senza capire l";italiano, senza conoscerlo, senza almeno provare ad impararlo, non si può avere l";esperienza vera di essere in Italia. Si può andare lì come turisti, ma è una cosa secondaria.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017