Quali svolte per il Duemila. La pena di morte Non uccidere
«La pena di morte non è né necessaria né utile per l'esempio di barbarie che offre agli uomini». «Io chiederò l'abolizione della pena di morte finché non mi sarà stata dimostrata l'infallibilità del giudizio umano». «La pena capitale è il più premeditato degli assassinii». «La vendetta è al di sotto della società , e la punizione è al di sopra, perché spetta soltanto a Dio». Cesare Beccaria, il marchese di Lafayette, Albert Camus e Victor Hugo non erano attivisti di Amnesty International, né esponenti di spicco delle altre associazioni che si battono per l'abolizione della pena capitale nel mondo. Ma, seppure in epoche diverse, ne avevano denunciato con forza e passione il dramma nella sua complessità . Avevano già demolito, in sostanza, l'alibi dietro al quale si trincerano quanti oggi ne reclamano a gran voce l'applicazione, soprattutto nei confronti di chi si rende responsabile dei crimini più efferati, e cioè che la pena di morte è un deterrente al dilagare della criminalità .
Un'equazione che, alle soglie del terzo millennio, si è rivelata totalmente sbagliata, dal momento che nessuno studio è mai riuscito a dimostrare la fondatezza del rapporto tra pena di morte e criminalità . Anzi, le cifre dimostrano esattamente il contrario: un'analisi delle percentuali di omicidi in paesi dove la pena capitale è abolita e dove sussiste, ha rivelato che sono proprio questi ultimi ad avere in genere una percentuale maggiore. L'esame, in base alle cifre fornite da Amnesty International, metteva a confronto i cinque paesi che l'hanno abolita e i corrispettivi che l'hanno mantenuta con il maggior numero di omicidi. Ebbene, mentre nei primi il tasso più alto di omicidi era 11,6 per 100 mila persone, nei secondi raggiungeva il 41,6 per 100 mila individui.
È ampiamente documentato, invece, il fatto che l'abolizione della pena capitale non comporta alcun aumento della criminalità . In Canada, ad esempio, il tasso di omicidi per 100 mila persone è sceso da un massimo di 3,09 nel 1975, anno che ha preceduto l'abolizione, a 2,41 nel 1980 e da allora è rimasto relativamente stabile. anto è vero che nel 1993, cioè 17 anni dopo l'abolizione della pena di morte, il tasso di assassinii era di 2,19 per 100 mila persone, vale a dire il 27 per cento in meno rispetto al 1975. Discorso valido anche per quanto riguarda la California: nel periodo in cui venivano eseguite condanne a morte con una frequenza di una ogni due mesi - dal 1952 al 1967 - il numero di omicidi aumentava del 10 per cento ogni anno. Ma tra il 1967 e il 1981, con la sospensione della pena capitale, la crescita si aggirava sul 4,8 per cento. E nello stato di New York, tra il 1907 e il 1963, quando il numero delle esecuzioni era superiore a quelle dell'intero paese, si registravano in media due omicidi in più nei mesi immediatamente successivi a una condanna a morte. «Non è necessario che le pene siano crudeli per essere deterrenti. È sufficiente che siano certe», scrive Norberto Bobbio.
Dove c è la pena di morte. Se passiamo a una panoramica generale, ci accorgiamo come, specialmente negli ultimi cinquant'anni, l'«appello» lanciato da Beccaria, Lafayette, Camus e Hugo non sia rimasto del tutto inascoltato. a neppure recepito totalmente. Secondo i dati più recenti elaborati da Amnesty International e dalla Comunità di Sant Egidio, 67 paesi hanno completamente abolito la pena capitale; 14 la mantengono solo per i reati eccezionali e commessi in tempo di guerra. Ventitré stati vanno considerati abolizionisti de facto , mantengono cioè la pena di morte ma non eseguono condanne da oltre dieci anni. Sono ancora 94, invece, i paesi che la applicano, tra cui India, Cina, Giappone e la maggior parte degli Stati Uniti. Dal 1976 una media di due stati all'anno ha abolito la pena capitale nella legge o, avendo preso il provvedimento per i reati comuni, ne ha sancito l'abrogazione per tutti gli altri. D'altro canto va registrata la ripresa di esecuzioni negli Stati Uniti e, più recentemente, nelle Filippine, che hanno eseguito la prima condanna nello scorso febbraio. In Italia la pena di morte era stata abolita nel 1889 con il codice Zanardelli - preceduto dal Granducato di Toscana nel 1786 - poi reintrodotta durante il fascismo e definitivamente annullata da due atti ufficiali, nel 1947 e nel 1994.
Il caso degli Stati Uniti d'America rimane, ovviamente, il più emblematico. Nel 1976 la Corte Suprema approvava le modifiche legislative adottate da Florida, Texas e Georgia, reintroducendo di fatto la pena di morte; nonostante la sentenza di quattro anni prima, che la definiva una chiara violazione della Costituzione, altri trentasei stati tornavano sui propri passi. Da allora, fino al termine del 1997, ventinove stati hanno eseguito condanne capitali, per un totale di 432 persone. Di essi, circa un terzo - 144 - sono stati giustiziati in Texas che, da solo, ha eseguito più condanne degli altri quattro stati che lo seguono in graduatoria: la Virginia con 46, la Florida con 39, il Missouri con 29, e la Louisiana con 24. Questo significa che tre quarti delle esecuzioni si verificano nella cosiddetta «cintura della morte» - che comprende pure la Georgia - laddove, cioè, schiavitù e discriminazione razziale hanno lasciato un solco profondo. Così, mentre la metà delle vittime di omicidio sono neri, l'82,62 per cento dei condannati a morte ha assassinato un bianco; ma se la vittima è un individuo di colore o di un'altra etnia, la pena capitale viene applicata in meno del 50 per cento dei casi e il colpevole viene condannato all'ergastolo. In un'inchiesta pubblicata nel 1985 il «Dallas Times Herald» ha rivelato come «la condanna a morte del presunto assassino di un bianco è dieci volte più probabile rispetto all'omicidio di un nero». In Louisiana il 90 per cento delle persone uccise è di colore, ma il 75 per cento dei detenuti nel braccio della morte è costituito da presunti assassini di bianchi.
Della pena di morte, quindi, si fa spesso un uso razziale e comunque discriminante nei confronti delle categorie più disagiate. Ecco perché, sono parole di suor Helen Prejan, «la pena di morte colpisce coloro che hanno ucciso un bianco, sono poveri e non hanno modo di pagare un buon collegio di difesa... non ci sono ricchi nel braccio della morte...». Ed è ancora più preoccupante il fatto che «mentre il governo federale tagliava sui programmi sociali, lo stato della Louisiana costruiva nuove prigioni». O che nel braccio della morte, dove si muore molte volte prima di arrivare all ultimo atto, le condizioni dei detenuti siano allucinanti: la maggior parte di loro trascorre 23 ore al giorno confinata nelle proprie celle. Sentite cosa dice Pierre Sané, segretario generale di Amnesty International, che nell'ottobre del 1997 ha visitato il braccio della morte riservato agli uomini in Texas, Ellis One Unit: «Non ho mai incontrato prima un essere umano in salute, che conoscesse la data esatta, l'ora e il modo con cui sarebbe stato ucciso a sangue freddo. Abbiamo visto come una politica mirante a disumanizzare i prigionieri sia attuata freddamente, professionalmente e senza pietà ».
Gli altri paesi. Se si eccettua l'Europa, con rarissime eccezioni, che rappresenta il maggior polo di diffusione delle idee abolizioniste, gli Stati Uniti sono in buona compagnia. Nei paesi a maggioranza musulmana, ad esempio, la pena capitale viene regolarmente applicata. Tra l'incudine e il martello si trovano i paesi dell'ex Unione Sovietica, che però recentemente hanno compiuto un passo deciso verso l'abolizionismo con la firma della Convenzione europea dei diritti umani - il VI protocollo - che prevede l'abolizione della pena di morte. Favorevole alla pena capitale si conferma il continente africano, anche se 21 paesi sono abolizionisti de facto o si accingono ad abbandonare le esecuzioni. Esecuzioni che, comunque, sono in diminuzione e che, per il 50 per cento dei casi si sono verificate in Nigeria ed Egitto. L'Oceania con l'Australia è quasi totalmente abolizionista. In Asia la pena di morte si abbatte specialmente sulle fasce più povere, quando non viene utilizzata per eliminare avversari politici e militari che non eseguono ordini superiori. Le esecuzioni più recenti sono 12 mila 834 e il 92 per cento di esse si verifica in Cina. Qui i reati punibili con la pena capitale sono addirittura 68, tra cui l'evasione dalle tasse, la frode, il gioco d'azzardo, la bigamia, l'intralcio all'ordine pubblico, il furto di mucche. Le cifre delle persone giustiziate sono ufficiose, perché le autorità non pubblicano rilievi statistici: è ipotizzabile, quindi, che le cifre reali siano più elevate rispetto a quelle di cui si ha notizia. Spesso la pena capitale colpisce le classi meno elevate e le prove contro gli imputati derivano da confessioni estorte sotto tortura. Le condanne a morte sono abitualmente eseguite con un colpo di pistola alla nuca.
In Giappone era scattata una moratoria sulle esecuzioni nel 1989, interrotta con sette esecuzioni nel 1993: in questo lasso di tempo la criminalità era sensibilmente diminuita...
Erano innocenti. Un capitolo a parte meritano i casi di innocenti condannati a morte. Solo nel corso di questo secolo sono stati documentati 350 casi di persone condannate a morte negli Stati Uniti, poi riconosciute innocenti: 25 di loro erano già stati giustiziati, altri avevano già trascorso alcuni decenni in carcere. Di questi casi, 55 risalgono agli anni '70, 20 nel periodo tra il 1980 e il 1985. In Giappone un uomo, condannato a morte per un omicidio, venne riconosciuto innocente e rilasciato dopo 33 anni di carcere. Un cittadino bielorusso, invece, condannato a morte per omicidio nel 1970, si vide commutata la pena diciotto mesi più tardi ma venne liberato solo nel 1987. Nello stesso anno un quotidiano locale scoprì che gli investigatori gli avevano strappato la confessione nel corso di interrogatori notturni, picchiando anche il fratello per ottenere false prove che avvalorassero la confessione.
Alla luce di queste considerazioni la moratoria, di cui la Comunità di Sant'Egidio si fa portavoce insieme ad Amnesty International, non è solo improrogabile e irrinunciabile: è una conquista fondamentale per un mondo più civile. La moratoria permetterebbe, scrive Pierre Sané, «di prendere tempo, il tempo per gli stati di abituarsi all'idea che nessuno deve essere giustiziato; il tempo per capire che giustiziare non comporta una diminuzione della criminalità nel mondo; il tempo di capire che c'è un'altra strada».
AMNESTY INTERNATIONAL PER L'ABOLIZIONE TOTALE LA MORATORIA, SOLO UN PASSO A colloquio con Daniele Scaglione, segretario generale della sezione italiana di Amnesty International. Appoggio totale e incondizionato alla moratoria sulla pena capitale promossa dalla Comunità di Sant'Egidio. Ma soprattutto una campagna incessante per diffondere nel mondo la cultura dei diritti umani, calpestati anche da quegli stati che continuano a ricorrere alla pena di morte, facendo pagare con la vita, come accade in alcuni paesi dell'area orientale, il furto di un cavallo o il gioco d'azzardo. Per coloro che nelle celle del braccio della morte contano i giorni, le ore, che li separano dall'esecuzione, Amnesty International rappresenta qualcosa di più di un punto di riferimento: nella maggior parte dei casi è l'unica à ncora di salvezza a un passo dal baratro. «Chi salva una vita, salva il mondo intero», recita un detto ebraico. Un motto che sintetizza alla perfezione l'opera di Amnesty. Msa. La moratoria rappresenta una tappa importante nel cammino di Amnesty. Quale? Quali sono le direttrici principali sulle quali si muove Amnesty International? |
Moratoria 2000 Un anno senza esecuzioni Lo propone la Comunità di Sant'Egidio che sta raccogliendo firme per un appello da inviare al segretario dell'Onu, Kofi Annan, perché i paesi che praticano la pena di morte la sospendano durante l'anno del Giubileo. di Piero Lazzarin Giovanni Paolo II sempre, ma in modo più perentorio e intenso negli ultimi anni, s'è pronunciato contro l'uso della pena di morte. Durante il viaggio in Messico nel gennaio scorso, è ritornato con decisione sull'argomento affermando: «La nuova evangelizzazione richiede ai discepoli di Cristo di essere incondizionatamente a favore della vita. La società moderna è in possesso dei mezzi per proteggere se stessa, senza negare ai criminali la possibilità di redimersi. La pena di morte è crudele e non necessaria e questo vale anche per colui che ha fatto molto male». Visitando Saint Louis nel Missouri (Usa) il Papa ha ottenuto dal governatore, Mel Carnaham, che al pluriomicida Darrell Mesase la condanna a morte fosse commutata nell'ergastolo.
NITà DI SANT EGIDIO |