Quando Dio si affaccia in rete

Sono trascorsi dieci anni dal primo timido esordio della Chiesa in internet. Da allora i siti cattolici si sono moltiplicati, facendo «scorrere» il Vangelo attraverso nuove vie di comunicazione. Il punto, con l’aiuto di alcuni esperti.
24 Settembre 2007 | di

Se «Dio creò internet», citando il titolo di un libro del 1996 del francese Christian Hiutema, uno dei maggiori esperti mondiali del web, internet ha diffuso il «Verbo» divino on-line in modo straordinario. Che la rete sia diventata un eccellente canale per l’evangelizzazione lo stanno a dimostrare i dati: secondo www.siticattolici.it, lo storico portale di Francesco Diani che da dieci anni censisce la presenza cattolica nel web, attualmente sono quasi 11 mila e 700 i siti in lingua italiana che comunicano il Vangelo on-line, con tassi di crescita costantemente a due cifre. Sembrano davvero passati anni-luce da quel 2 giugno 1997, quando il sito di Diani contava in tutto 243 pagine telematiche, spesso ancora poco leggibili.

«Ma bisogna dire che la Chiesa italiana fin da subito ha creduto in internet, cogliendo con fiducia l’opportunità evangelizzatrice di questo nuovo mondo. Non dimentichiamoci che già nel 1996 la Cei inaugurava il proprio servizio informatico e apriva il cliccatissimo www.chiesacattolica.it». E il Natale dell’anno precedente la benedizione Urbi et Orbi di Giovanni Paolo II era già stata diffusa per la prima volta in internet. Un ingresso, quello della Chiesa italiana nel web, che ha preceduto, nel nostro Paese, quello delle grandi aziende e di molti enti istituzionali.

A spiegarci meglio questa «simpatia» del mondo cattolico per la rete è don Marco Sanavio, trentaseienne sacerdote padovano e apprezzato webmaster, tra i fondatori del Weca (Associazione webmaster cattolici italiani) che si fece conoscere nel 2005 in occasione della Giornata mondiale della gioventù di Colonia realizzando, sulla falsariga di «Second Life», www.colonia3d.it, una rivoluzionaria città virtuale dentro la quale tutti i giovani che non erano presenti nel capoluogo tedesco potevano chattare, pregare e vivere l’evento come fossero effettivamente alla Gmg: «Era fatale che Chiesa e internet si piacessero da subito: le dinamiche del web e dell’evangelizzazione hanno a che fare entrambe con i simboli, basti pensare all’uso delle icone in internet. Il linguaggio iconografico non è forse una delle secolari espressioni in seno alla Chiesa? I suoi contenuti sono globali e il messaggio multisensoriale. A ciò aggiungiamo il vantaggio dell’istantaneità e il gioco è fatto. La nostra fede parla di realtà veramente esistenti ma spesso intangibili, non visibili: la preghiera, la comunione dello Spirito, la forza di una comunità di credenti. Internet è la stessa cosa. Perciò non abbiamo dovuto pensare a modelli strani: la rete è insita alla Chiesa».


Internet e comunità cristiane

Ma che cosa è cambiato in questi dieci anni per il mondo cattolico nel web e a che punto è la diffusione delle nuove tecnologie nelle comunità cristiane? Una ricerca sull’uso di internet in 1.338 parrocchie italiane è stata presentata nel maggio scorso a Perugia nell’ambito del convegno «Le nuove tecnologie: una risorsa educativa», organizzato dal Weca. Ebbene, dall’indagine condotta dal professor Paolo Mancini della facoltà di Scienze politiche dell’università perugina, arrivano molte conferme e qualche sorpresa. Anzitutto emerge il possesso abbastanza diffuso in parrocchia del computer (86 per cento) e di internet (nel 70 per cento dei casi). Il 61,7 per cento ha un indirizzo di posta elettronica. Il 16 per cento (con prevalenza delle comunità del Sud Italia) ha anche un proprio sito. Buono è anche il livello di competenze informatiche di chi ne fa uso; infine, lo scarto tra parroci giovani e più anziani nell’uso di internet risulta piuttosto limitato.

Il primo a non stupirsi di questi dati è don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei: «Se la pastorale è l’azione di prossimità con cui la Chiesa s’avvicina alla gente per annunciare il Vangelo, internet accorcia le distanze e stabilisce un primo contatto diretto e più capillarmente diffuso. Il web diventa allora una grande occasione. Il contesto dell’evangelizzazione resta la relazione personale e non la “connessione”, ma quest’ultima può essere un primo passo verso la relazione e non una semplice protesi». Eppure più d’uno, ancora oggi, disegna il web come un luogo diabolico, e non solo a causa degli innumerevoli siti di sette e gruppi che si professano esplicitamente anti-cristiani. «Sono le perplessità e le resistenze frutto del classico pregiudizio di fronte a una tecnologia nuova», commenta don Pompili. «È sempre accaduto così: lo stesso Platone nel Critone dava voce alle critiche sulla scrittura paventando la fine dei valori dell’oralità. Aprire un sito per una parrocchia significa impegnarsi nella comunicazione; non vedo perché dovrebbe trasformarsi in una falsa promessa. Tutto dipende, come sempre, dalle persone. Non basta avere un sito parrocchiale, magari con una home-page accattivante, perché tutto funzioni. Serve aggiornamento continuo, professionalità capaci di renderlo accessibile. Ci sono ancora siti cattolici un po’ troppo autoreferenziali, ma in questi dieci anni la qualità è cresciuta moltissimo». Proprio per aiutare le comunità locali e le diocesi la Conferenza episcopale italiana ha istituito il Sicei, il Servizio informatico della Cei che ha attivato, tra l’altro, il Sidiopen, il sistema informatico per le diocesi italiane.


Quando l’«io» incontra il «tu»

Attenzione, però, a come ci si avvicina alla rete, avverte don Marco: «Dietro la comunità virtuale deve stare una comunità reale: prima o poi ci vuole l’incontro personale, l’io che incontra il tu. Internet serve per i contatti, ma le persone non possono comunicare tutta la vita con l’e-mail. Insomma, il concetto di cristiani come popolo convocato in un’assemblea è sempre giusto, ma la ricchezza dei nuovi mezzi è enorme. Nei primi anni, ordini religiosi e parrocchie pensavano che bastasse usare internet per avvicinare nuovi fedeli, soprattutto tra i giovani. Lo stesso errore che si commise qualche decennio fa nel campo dell’educazione religiosa, quando si introdussero in aula i nuovi strumenti audiovisivi convinti che bastassero le diapositive a migliorare un’ora di religione. E così è avvenuto che, dopo l’iniziale sbornia, nei primi anni del Duemila è arrivata la delusione che ha causato l’abbandono di internet. La rete è un linguaggio nuovo che richiede una nuova mentalità e che va avvicinato con una logica ludica, perché si tratta di un media simbolico».

Il sacerdote consulente della Conferenza episcopale italiana in questo ambito, nonché fondatore di www.synapsi.org associazione che si occupa di pastorale on-line e ideatore di più di un sito di successo, si aiuta con una metafora: «Oggi la comunicazione fa il gioco del borseggiatore: ti dà una botta sul fianco destro per sfilarti il portafoglio dalla tasca sinistra. Non siamo più in presenza della logica dell’alfabeto, ma di quella della modulazione. Che significa, per esempio in ambito catechistico, non necessariamente usare internet, ma creare un ambiente simbolicamente più ricco, con uno stile più accogliente. E, parlando, decidere di procedere per liberi accostamenti, come in un videoclip. E la verifica? Con un canto piuttosto che con una formula mandata a memoria».
Il popolo di Dio sembra gradire soprattutto i siti che offrono servizi pastorali, quelli che rispondono a quesiti e quelli enciclopedici. Non a caso il sito cattolico più popolare tra gli internauti è la banca-dati per la pastorale on-line Qumran net (www.qumran2.net). Nei suoi oltre settemila testi si possono trovare preghiere e riti, proposte di celebrazioni, schede catechistiche, liturgiche, lectio divina, agiografie, testi del Magistero, canti, giochi, e perfino biglietti d’auguri. Ora parte di questo materiale è disponibile pure su palmare e cellulare. Si deve a questo portale anche la prima enciclopedia cattolica in rete (www.enciclopediacattolica.it), una specie di Wikipedia cristiana, che conta già 270 voci consultabili. Molto visitati sono anche www.maranatha.it, sito per la pastorale liturgica di straordinaria ricchezza, opera di due giovani di Sestri Levante, e www.lachiesa.it. Cliccatissimo www.santiebeati.it ideato da Diani e diventato in cinque anni il sito di agiografia più completo del mondo con oltre seimila schede biografiche. Molto amate dai giovani sono poi le chat cattoliche e i siti di musica sacra dove si possono trovare testi e spartiti di canti.

L’osservatorio permanente di Diani ci dice che un quarto dell’intero universo cattolico nel web è costituito dai siti parrocchiali, un quinto da quelli di ordini e istituti religiosi. Ma i siti «personali» stanno crescendo a tal punto che proprio quest’anno si è verificato lo storico sorpasso nei confronti dei siti «istituzionali» (719 contro 683 al giugno scorso). «È vincente l’idea che in rete si sta per dialogare e non solo per aprire una vetrina sulla propria realtà. Il successo dei blog ne è la dimostrazione», commenta Diani.

Ma «sito personale» non significa affatto opera dell’intelligenza di un singolo geniale «smanettatore», com’era in passato, ma sempre più social network, lavoro in rete di un gruppo, abbattendo campanili e personalismi. Parola di don Sanavio. Insomma: le vie del Signore sono infinite, ma sempre più telematiche.

appunti.


Le cifre del web cattolico

I siti cattolici italiani in rete sono 11.424 con un aumento del 14,2 per cento rispetto all’1 dicembre 2005. I siti parrocchiali sono 2.781; 2.354 sono quelli di associa-zioni e movimenti ecclesiali. Ammontano a 1.407 quelli di ordini e istituti religiosi e missionari. I siti riguardanti agiografie sono 445, musica 431, mentre sono 294 quelli specializzati in pastorale e spiritualità. Settantasette sono le mailing-list, newsgroup e le chat. Quarantatré le banche dati e i portali.

Tra questi ultimi anche il portale www.santantonio.org (curato da padre Ciprian Sava), attraverso il quale è possibile accedere a molteplici realtà: la Basilica del Santo, le riviste antoniane, le edizioni Emp, la Caritas Antoniana.


Appunti

Davide.it contro le trappole del web

Si chiama Davide.it ed è il «filtro» creato da don Ilario Rolle, sacerdote torinese, per impedire l’accesso dei minori ai siti internet violenti o pornografici. «Gli abbiamo dato il nome di un piccolo ma grande eroe – afferma il sacerdote –. Davide, con la sua fionda abbatte il gigante Golia che per i ragazzi è la ragnatela mondiale della pornografia». Il tutto è possibile grazie a un sofisticato software e a un aggiornamento costante attuato da un gruppo di volontari convinti dell’assoluta utilità di questo strumento, soprattutto come aiuto concreto alle famiglie». Per don Rolle, internet è come l’armadietto dei medicinali: alcuni fanno bene, altri fanno male. «Tutto è nato nel 1997 – spiega il sacerdote – quando, avendo aperto in oratorio un punto di accesso a internet, mi sono trovato di fronte alla necessità di proteggere i ragazzi dai contenuti sconvenienti che si presentano in rete spesso con modalità subdole e invasive. Come educatore ho dovuto affrontare le sfide poste da questo strumento». Il software, gratuito per i privati e con canone d’accesso per scuole e aziende, impedisce l’ingresso a determinati siti «vietati» a causa dei contenuti. Attualmente sono circa 35 mila le famiglie che hanno aderito al sistema di navigazione filtrata proposta da Davide.it

Basta un click e lo speciale filtro butta nel cestino testi e immagini di 12 milioni di siti indesiderati, mettendo il proprio terminale al riparo dalle insidie di spam, file sharing e tutte le altre trappole del web. Don Rolle porta, a tal riguardo, un dato significativo: «Dall’analisi del traffico internet eseguita in alcuni istituti scolastici, risulta che oltre il 70 per cento del materiale scaricato è di carattere pornografico».

È chiaro, precisano i promotori, che l’azione di Davide.it deve essere accompagnata dagli educatori e dalle stesse famiglie. Accanto ai bambini che navigano nel web ci deve essere sempre l’occhio vigile degli adulti. Controllare, però, non basta: i genitori non si devono limitare a proteggere i loro figli dal male, ma suscitare in loro il desiderio del bene. Educare, insomma, vuol dire insegnare ai ragazzi a distinguere giusto e sbagliato in modo che da soli muovano il mouse nella giusta direzione.

Claudio Zerbetto

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017