Quando il gioco ti prende la vita

Gli italiani giocatori incalliti, al primo posto nella spesa procapite in giochi d'azzardo. Giochi che creano dipendenza e sono capaci di distruggere.
24 Agosto 2004 | di

Paola si stordisce tutti i giorni davanti a una slot machine che la compensa della mancanza di altre emozioni. Giovanni trasgredisce al tavolo verde gli antichi divieti di un padre dispotico. Franco e Simona possono continuare ad amarsi solo raccogliendo insieme le provocazioni del casinò... Sono tutte vittime di una forma di dipendenza che sta emergendo con forza sempre maggiore dalle sale dei Videopoker, delle scommesse e del Bingo. La loro storia è raccontata, insieme a quella di una ventina d'altre vittime del gioco, nel libro Vite d'azzardo (Sperling e Kupfer, 2002) della giornalista Silvana Mazzocchi (può essere richiesto ad A.git.a., Associazione degli ex-giocatori d'azzardo e delle loro famiglie, con sede a Campoformido, Udine, tel. 0432 728639, e mail: agita@ sosazzardo.it).
Nello scorrere le pagine del libro c'è da rabbrividire: donne e uomini normali e spesso professionisti di successo, ma anche semplici impiegati, operai, pensionati che trascorrono per anni una vita in bilico tra rovina e sopravvivenza, fingendo con tutti, anche con i familiari più stretti, una normalità  inesistente. Parenti che quasi sempre non sanno nulla di questa dipendenza e che si trovano catapultati all'improvviso in una storia da incubo, della quale vengono a conoscenza solo quando giunge dal tribunale un avviso di sfratto, o il sollecito della banca per un conto ormai da troppo tempo in rosso o quando i tanti creditori decidono di farsi vivi.
Altre volte le famiglie arrivano a sapere perché il giocatore ha tentato il suicidio, riuscendoci magari, pur di sfuggire a strozzini e creditori.
Eppure, il gioco non è di per sé un'esperienza negativa. Roger Caillois, uno dei maggiori studiosi del problema, suddivide il gioco in quattro tipi: il gioco di competizione (le discipline sportive); il gioco di travestimento (mettersi in maschera); il gioco di vertigine (alcuni giochi del luna park); il gioco di fortuna. Quest'ultimo, determinato esclusivamente dalla sorte, è definito anche gioco d'azzardo, perché caratterizzato da una totale passività  del giocatore che non può chiamare in causa né la propria intelligenza, né la propria forma fisica: a questa categoria appartengono Lotto, Superenalotto, Bingo, Videopoker e molte delle distrazioni da Casinò.
Il successo di quest'ultimo tipo di giochi sta nel fatto che la propensione al guadagno facile e la tendenza a rischiare sono insiti nella natura umana: lo confermano ricerche antropologiche che hanno rinvenuto tracce di giochi d'azzardo nell'antico Egitto, nel mondo greco-romano, indiano, celtico e germanico. Anche nell'antico mondo arabo si giocava: lo dimostra la stessa parola azzardo che deriva da az-zahr, gioco dei dadi, dove Zahr è il fiore d'arancio impresso sui dadi arabi. E se nel Medioevo il gioco veniva ritenuto fonte di peccato e occasione di depravazione e, quindi, seriamente proibito, il gioco nell'Italia rinascimentale mieteva notevole successo tra la gente: il gioco del Lotto, per esempio, esisteva già  nel 1576 a Genova e nel 1638 a Venezia nacque la prima vera e propria casa da gioco, il Ridotto.

Le dimensioni del fenomeno

Il gioco d'azzardo assume in Italia proporzioni enormi. Recenti indagini condotte nel nostro Paese evidenziano che circa l'80 per cento degli italiani dedica attenzione al gioco d'azzardo e che le quote di denaro affidate al gioco sono in costante aumento: nel 2004 s'ipotizza che tra gioco legale e illegale, si spenderanno complessivamente circa 25 miliardi di euro (50 mila miliardi di lire). La quota procapite di spesa per il gioco ammonta, in Italia, a 271 euro, contro i 230 della Spagna, i 151 della Gran Bretagna e i 128 dollari degli Usa. Se il dato viene rapportato alla popolazione, ne consegue che gli italiani sono i primi al mondo per spesa di denaro nel gioco d'azzardo (dati tratti dalla ricerca Gioco d'azzardo e usura, 2002, del sociologo Maurizio Fiasco).
Lo scenario è esploso in tutta la sua gravità  durante la metà  degli anni Novanta: proprio negli anni della recessione economica, il gioco d'azzardo, sia legalizzato che proibito, ha avuto un boom. Se nel 1977, infatti, si spendevano 1000 miliardi per il gioco d'azzardo, in soli sei anni, dal 1994 al 1999, si è passati da 12 mila 600 a quasi 36 mila miliardi. Oggi, in Italia, 30 milioni di persone tentano la fortuna, vale a dire il 58 per cento delle persone adulte. A giocare di più è la Campania (2,5 per cento del reddito familiare speso nel gioco), seguita dal Lazio; fanalino di coda, il Trentino Alto Adige con l'1,3 per cento. Paradossalmente, a giocare di più sono le famiglie sovraindebitate, i lavoratori dipendenti del settore sommerso, le famiglie numerose, gli abitanti dei quartieri più degradati, a dimostrazione di come al gioco si consegni ogni speranza di riscatto da vite misere.

La sindrome da gioco d'azzardo

Ma se la stragrande maggioranza degli italiani gioca d'azzardo, solo il 3 per cento circa di tutti coloro che giocano sviluppa una patologia compulsiva, nota come Gap, sindrome patologica da gioco d'azzardo (in inglese, Gambling) che è molto simile alla dipendenza da droghe e da alcol. E comunque siamo dinanzi a cifre a cinque zeri: quasi 700 mila sono gli italiani ormai assuefatti al gioco come a una droga.
Ma chi può esserne colpito? Secondo un recente studio italiano (frutto della collaborazione tra il Centro disturbi affettivi-Pavanello di Padova, Il Centro Lahuen di Orvieto e il Centro A.git.a. di Campoformido) pubblicato sulla Rivista di Psichiatria, il giocatore d'azzardo compulsivo sarebbe caratterizzato da impulsività , incostanza, stravaganza, freddezza. Pare, inoltre, che soffra più spesso di ansia, depressione (nel 78 per cento dei casi) disturbi di personalità , alterazione dell'autostima, eccessi di senso di onnipotenza; spesso, fa uso di sostanze stupefacenti. Inoltre, siccome chi gioca punta quantità  crescenti di denaro ed è quindi fortemente indebitato, spesso arriva a compiere frodi e falsificazioni con conseguente perdita del lavoro (36 giocatori su 100) e, frequentemente (il 18 per cento, quattro volte superiore alla media italiana) tenta il suicidio.

Gli effetti nelle famiglie

Molteplici anche gli effetti nell'ambito familiare. I coniugi dei giocatori hanno spesso, infatti, caratteristiche che li accomunano: problemi di insonnia, cefalea, disturbi intestinali, asma, ansia, depressione, e si esporrebbero a un numero di tentati suicidi tre volte superiore a quello della popolazione generale.
Anche la famiglia nel suo insieme risulta meno coesa, con minore capacità  di comunicazione, di assunzione di ruoli genitoriali e di coinvolgimento affettivo. Facile immaginare, allora, come anche separazioni e divorzi colpiscano i giocatori molto più frequentemente. I dati relativi alle separazioni e divorzi tra i giocatori, parlano di un 26 per cento nel primo caso e di un 30 per cento nel secondo (dati tratti dall'indagine presentata in occasione del IV convegno nazionale su L'autoaiuto e terapia per i giocatori d'azzardo e i loro familiari, Campoformido, dicembre 2003).
Purtroppo, l'aumento di giochi d'azzardo popolari, promossi dallo stesso Stato, come Superenalotto, Gratta e Vinci, Bingo o Videopoker, fanno in modo che il gioco diventi un consumo collettivo di ampia diffusione e di facile utilizzo. Il Bingo e il Videopoker, in particolare, pare siano privilegiati da casalinghe e pensionati, che fino a poco prima della loro comparsa sembravano immuni dalla tentazione dell'azzardo. Ma da qualche anno a questa parte anche la grande ragnatela mondiale, internet, è diventata sempre più vischiosa. Basta un computer, una connessione e una carta di credito per dilapidare in poche ore di gioco somme considerevoli, rimanendo comodamente seduti a casa propria. L'offerta farebbe venire l'acquolina in bocca a qualunque giocatore: basta digitare parole come Casinò o slot machine per venire catapultati in una miriade di casinò scintillanti (nel solo triennio 1996-99 i casinò virtuali sono passati da 15 a 700). E il tutto al riparo dall'occhio indiscreto del fisco e da qualsiasi problema con la legge: i Casinò on line, infatti, figurano residenti in Paesi nei quali il gioco d'azzardo è completamente legale.
Ma nemmeno la legge italiana pare tutelare completamente dalla tentazione dell'azzardo. Se, infatti, da un lato il gioco d'azzardo è punito dagli articoli 718-722 del Codice penale, tuttavia non solo è stata permessa l'apertura di quattro Casinò municipalizzati (Venezia, Saint Vincent, Sanremo e Campione) ma è allo studio in parlamento un provvedimentolegislativo che consentirebbe l'apertura di dieci nuovi parchi urbani di divertimento - un eufemismo per dire Casinò - seppur affiancati da servizi di attrazione turistica.
A questo, si deve aggiungere che gli incassi per l'Erario, grazie al gioco in genere, sono cresciuti considerevolmente: 3,7 miliardi di euro nel 2001, 4,3 nel 2002, 5,6 stimati nel 2003 (fonte: news2000.libero.it).
Eppure, se oggi lo Stato si prende i soldi, domani sarà  costretto a spenderne. Perché il danno sociale provocato dal gioco è rilevante. Anche se non tutti l'hanno ancora compreso. Così accade che, oggi, in tema di gioco, a fronte di pubblicità  sempre più diffuse e frequenti, molto bassa sia la prevenzione. Esattamente il contrario di quanto ci si aspetterebbe: un azzeramento della pubblicità  e la diminuzione dell'immissione di nuovi giochi. Probabilmente ci vorrà  un po' di anni (com'è accaduto con le sigarette) prima che ci si renda conto della portata del problema azzardo, delle sue gravi conseguenze a livello individuale, familiare e sociale e prima di poter parlare di prevenzione e rischi. Ma allora il danno sarà  già  stato fatto.
Lo Stato dovrebbe invece farsi carico di vere e proprie campagne di prevenzione e non solo di diffusione, di informazione più estesa sul possibile danno, di creazione di punti di ascolto in grado di supportare giocatori e familiari, suggerendo loro l'importanza e le modalità  per cogliere i primi segnali indicatori di pericolo e le strategie da porre in atto per un più celere intervento.  

Anche da questa dipendenza si può uscire
di  Luciano Bertazzo

Ci giungono spesso lettere accorate di mamme o mogli che non sanno più  a quale santo votarsi per sottrarre marito o figli a quella spirale malefica del gioco d'azzardo che li sta stritolando, con gravi conseguenze economiche e affettive per se stessi e per la famiglia. Gli psicologi danno le loro spiegazioni a questa passione che gradualmente, senza che se ne accorgano, fa superare molti il confine, oltre il quale la passione diventa dipendenza patologica, vera malattia. Gli psicologi dicono che chi si stordisce tutti i giorni davanti a una slot machine cerca così di compensare la mancanza di emozioni; chi rischia al tavolo verde trasgredisce antichi divieti di un padre dispotico. E così via. Trovando la strada spianata in una mentalità  che esalta i soldi, la vita spericolata, la trasgressione, l'ubriacatura comunque ottenuta; ma anche nello Stato che, anziché prevenire, incoraggia l'azzardo concedendo aperture di nuovi Casinò o promovendo lui stesso giochi, solo apparentemente innocui, in realtà  vere trappole per i più deboli. E cosi aumentano le vittime di un fenomeno forse ancora poco conosciuto ma di proporzioni senz'altro considerevoli. Tant'è vero che stanno sorgendo centri espressamente dedicati alla cura di  questa forma di dipendenza. Nel dossier trovate segnalati i principali di essi. È un segno di speranza, che anche questa schiavitù si può vincere, opportunamente aiutati. Ma è più importante prevenirla educando ed educandoci al corretto uso del denaro e imparando a riscoprire la sobrietà  come condizione irrinunciabile per ritrovare il gusto di vivere e il senso delle cose.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017