Quel «Papa buono» venuto dalla campagna

A cinquant’anni dalla morte di Giovanni XXIII, la semplicità del Santo padre che, in appena quattro anni e mezzo di pontificato, inaugurò il Concilio Vaticano II, resta un punto di riferimento per il futuro della Chiesa.
15 Maggio 2013 | di

Sono passati cinquant’anni da quel 3 giugno 1963, quando, sul fare della sera, la radio annunciò che papa Giovanni XXIII – all’anagrafe Angelo Giuseppe Roncalli – era spirato. Avevo seguito la sua agonia con trepidazione. Fui molto dispiaciuto per la sua morte, dopo soli quattro anni e mezzo di pontificato. Anche se la sua età all’epoca dell’insediamento – 77 anni non ancora compiuti – aveva già preannunciato qualche rischio. Lo incontrai la prima volta quando ancora era Patriarca di Venezia, a un mese circa dalla sua elezione al soglio pontificio: un uomo di corporatura robusta e dal marcato accento bergamasco. Mi sembrò una persona spontanea e di buon umore. Un animo semplice che, viste le sue origini contadine, non aveva certo previsto per sé un incarico importante come quello di Santo padre. «Non se l’aspettava: era troppo umile e vecchio per supporlo» mi confidò in seguito il suo segretario don Loris Capovilla. E invece, la Chiesa, attraverso i voti dei cardinali, lo trovò adeguato a svolgere la funzione di «Papa della transizione».

Assunto il nome di Giovanni XXIII, dunque, papa Roncalli fece molto in poco tempo. Tra le altre cose, indisse il Concilio Vaticano II e scrisse due encicliche: Mater et magistra e Pacem in terris. Quest’ultima, il suo testamento spirituale, arrivò a toccare il cuore di due potenze mondiali come gli Stati Uniti e la Russia, al tempo entrambe impegnate nella cosiddetta «Guerra fredda». La forza trainante di Giovanni XXIII non lasciò indifferente neppure Nikita Kruscev, segretario del partito comunista sovietico, che in un biglietto espresse al Pontefice la propria stima. Il sogno di papa Roncalli era quello di una Chiesa rinnovata che, ripartendo dagli insegnamenti evangelici, sapesse affrontare il futuro con positività ed energia.
 
Cuore e sapienza
Papa Giovanni XXIII era un uomo semplice e misericordioso. Godeva di un cuore sapiente. Non a caso, ancora oggi i più lo ricordano con l’appellativo di «Papa buono». Non mancava d’ironia né d’intelligenza arguta. Di fronte alle difficoltà credeva più alla speranza e alla Provvidenza che al calcolo delle probabilità. Inoltre, diffidava dei cosiddetti «profeti di sventura», come testimonia l’episodio di seguito riportato. Un giorno, quando ancora Angelo Giuseppe Roncalli era Patriarca di Venezia, alcuni suoi collaboratori gli parlarono male di un sacerdote diocesano che scandalizzava i fedeli col suo comportamento. Monsignor Roncalli ascoltò in silenzio, e non provvide a rimuovere l’«accusato». Ma le lamentele rivolte contro questo parroco dai modi poco consueti aumentavano. Così, alcuni mesi dopo, durante una cena domestica il suo segretario don Loris si sentì in obbligo di riproporre la questione. Roncalli si alzò da tavola e con il bicchiere in mano domandò: «Di chi è questo bicchiere?». «Suo – rispose il segretario –. Qui tutto è suo». «E se lo lascio cadere per terra?», continuò il monsignore. «Anche i cocci sono suoi» rispose sorridendo don Loris. «E allora, quel prete lasciatelo a me. Ci penso io!» concluse il Patriarca che, stando alle cronache del tempo, riuscì a risolvere il problema senza ricorrere ad alcuna punizione.

Giovanni XXIII amava profondamente i sacerdoti, in particolare se erano vittime di qualche vizio. Come don Giovanni (il nome è di fantasia), un giovane prete che, a causa della sua passione per l’alcol, era stato ricoverato in un istituto di recupero. Un giorno papa Roncalli andò a fargli visita e si fermò a pranzo con lui. Nonostante non disdegnasse un bicchiere di vino, «il buon pastore» si adeguò a bere solo acqua, per solidarietà. Quindi, a fine pasto, lasciò al sacerdote una busta dicendo: «Qui dentro c’è un regalo per te, se hai bisogno di comperarti qualcosa di necessario». I due si salutarono molto cordialmente. Appena il Patriarca fu lontano, il giovane religioso aprì la busta davanti agli amici. Alla vista del contenuto, con grande ilarità disse: «Ragazzi, che galantuomo è il nostro Patriarca, ci paga da bere a tutti». Il fatto suscitò molti sorrisi: «Eminenza, è inutile insistere, quel sacerdote non si correggerà mai» obiettavano in curia. E il Patriarca di rimando: «Forse non si correggerà, ma da ieri sa che qualcuno gli vuole bene».
 
Orgoglioso d’essere umile
Originario di Sotto il Monte, un paesino immerso nella campagna bergamasca, Angelo Giuseppe Roncalli si sentiva onorato di provenire da una famiglia numerosa e povera. «Il senso della mia pochezza e del mio niente mi ha sempre fatto compagnia», scriveva nel suo diario. Quando poi, alla morte di Pio XII, fu eletto Pontefice, commentò così il nuovo incarico: «Gesù, sia chiaro, qui il Papa sei tu, io ti do una mano». Agli occhi degli anticlericali, Giovanni XXIII appariva un «Papa sul divano», un «mite parroco di campagna». Eppure la sua semplicità non cadde mai nel banale. Egli festeggiò il primo Natale da successore di Pietro visitando i carcerati e i bambini malati dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma. Ai primi raccontò di un suo parente ex detenuto, mentre con i secondi scambiò parole dolci, facendoli sorridere e risvegliando in loro la speranza.
Nell’ottobre del 1962, a neppure novant’anni dal primo Concilio Vaticano, il «Papa buono» inaugurò un nuovo concilio ecumenico. Per l’occasione inventò un «fuori programma» e, uscito sul balcone del palazzo apostolico prospiciente piazza San Pietro, invitò i genitori in ascolto a portare una carezza ai loro bambini – «È la carezza del Papa», commentò – e ad asciugare le lacrime dei malati.

Papa Roncalli non si curò soltanto degli aspetti strettamente spirituali legati al «suo» popolo. Il 7 marzo 1963, in piena «Guerra fredda», deciso a scongelare i rapporti tra i Paesi del Blocco Ovest e l’Unione Sovietica, il Santo padre ricevette Alexej Adiubei, genero del capo sovietico Nikita Kruscev. La notte precedente l’incontro, in cerca delle giuste parole con cui accogliere l’ospite, il Pontefice aveva invocato l’aiuto del proprio angelo custode.
Quello di Giovanni XXIII fu un pontificato breve ma intenso, stroncato da un tumore allo stomaco che mise alla prova il «Papa buono» per oltre un anno.

Egli spirò il 3 giugno del 1963. Qualche tempo prima aveva confidato ai giornalisti: «Quando iniziai il servizio come Papa non mi aspettavo tante gioie. Stiamo su questa terra un po’ di tempo, quaranta, cinquanta, ottant’anni. Poi si va, ed è consolante sapere dove».
 
Biografia
Angelo Giuseppe Roncalli nasce a Sotto il Monte (Bergamo), il 25 novembre 1881. Frequenta il seminario minore della cittadina lombarda, quindi vince una borsa di studio al Seminario dell’Apollinare di Roma. Ordinato sacerdote nel 1904, l’anno successivo è scelto dall’allora vescovo di Bergamo Giacomo Radini-Tedeschi come suo segretario personale. Durante la Grande Guerra presta servizio nella sanità militare e viene congedato col grado di tenente cappellano. Nel 1921 papa Benedetto XV lo nomina presidente del Consiglio Centrale della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede. Quattro anni dopo, Angelo Giuseppe Roncalli è consacrato vescovo. Seguono le nomine a delegato apostolico in Turchia e Grecia (1934) e a nunzio apostolico a Parigi (1944). Nove anni dopo il monsignore diventa cardinale e Patriarca di Venezia. Il 28 ottobre 1958, a 77 anni, sale al soglio pontificio col nome di Giovanni XXIII. Tra le tappe principali del suo pontificato, la convocazione del Concilio Vaticano II nel 1962 e la promulgazione delle encicliche Mater et magistra (1961) e Pacem in terris (1963). Papa Roncalli muore in Vaticano il 3 giugno del 1963.
 
Marco Roncalli
Un Papa per bisnonno
 
Saggista, giornalista, storico, scrittore, ma soprattutto pronipote di papa Giovanni XXIII: Marco Roncalli abbozza un orgoglioso ritratto del bisnonno Pontefice che, in neanche cinque anni di carica, seppe portare nella Chiesa un nuovo impulso evangelizzatore.

Msa. Che ricordo conserva la famiglia Roncalli di Giovanni XXIII?
Roncalli. Il ricordo del «Papa buono», è ancora intenso e continuo. Si può ben dire che dal momento dell’elezione – la sera del 28 ottobre 1958 – la famiglia di Giovanni XXIII divenne il mondo intero. Nel 1959 egli scrisse alla nipote Enrica: «Ora finisco col non essere quasi più di nessuno e con l’appartenere al mondo intero. Il Signore nella sua grande bontà ha voluto servirsi della mia umile persona per grandi cose». Ciononostante, nei confronti della sua famiglia papa Roncalli si sentì sempre debitore. Nel giorno del suo 49esimo compleanno così scriveva in una lettera ai genitori Giovanni Battista e Marianna: «Da quando sono uscito di casa verso i dieci anni, ho letto molti libri e imparato molte cose che voi non potevate insegnarmi. Ma quelle poche cose che ho imparato da voi sono ancora le più preziose e importanti: sorreggono e danno calore alle molte altre che appresi in seguito in tanti e tanti anni».

Esiste qualche episodio in particolare che testimonia l’attaccamento di papa Roncalli alle sue origini?
Nel suo primo discorso natalizio da Papa ai rappresentanti delle nazioni Giovanni XXIII non nascose una verità: «Il solo pensiero di quello che fu per me l’esempio dei miei umili genitori, la loro semplicità di vita, la loro saggezza cristiana, la mutua concordia e la collaborazione domestica che essi fecero regnare in una famiglia che contava una trentina di persone mi inteneriscono, mi esaltano e rianimano in me la risoluzione di non cessare mai, per quanto vivrò, di ringraziare Dio per avermi accordato un tale favore». Del clan Roncalli il «Papa buono» si sarebbe sempre ricordato. Nel 1961 scriveva al fratello Saverio: «So bene che voi avrete a subire qualche mortificazione da parte di chi vuol ragionare senza buon giudizio. Avere un Papa in famiglia, a cui volgono gli sguardi rispettosi di tutto il mondo, e vivere – i suoi parenti – così modestamente, lasciati nelle stesse condizioni sociali». Ma poi il Pontefice aggiungeva: «L’onore di un Papa non è di far arricchire i suoi parenti. Questo è e sarà uno dei titoli di onore più belli e più apprezzati di papa Giovanni e della sua famiglia Roncalli. Alla mia morte non mancherà l’elogio che fece tanto onore alla santità di Pio X: nato povero e morto povero». 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017