Quel popolo in cammino
È trascorso un anno dalla speciale Ostensione delle Spoglie del Santo. Proprio in queste settimane sono stati resi noti i risultati della ricerca effettuata in quei giorni dall'Osservatorio socio-religioso del Triveneto. Non sono mancate le sorprese.
17 Febbraio 2011
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Vorrei soffermarmi, in questo editoriale, su alcuni dati emersi dalla ricerca promossa dal «Messaggero di sant’Antonio» e attuata dall’Osservatorio socio-religioso del Triveneto in occasione dell’Ostensione delle spoglie del Santo, che ha avuto luogo un anno fa, esattamente dal 15 e al 20 febbraio 2010. La Basilica ha accolto in quei sei giorni più di 230 mila persone, che hanno atteso pazientemente per diverse ore di poter vedere anche solo per pochi istanti i «cari resti» di Antonio. La testimonianza offerta da questa folla di pellegrini ha generato un’accoglienza straordinaria da parte dei frati del Santuario e da parte del «Messaggero di sant’Antonio» il desiderio di avviare una seria riflessione, su basi scientifiche, intorno all’evento, al fine di delineare motivazioni e «volti» di questi devoti. L’indagine dell’Osservatorio, svoltasi attraverso un questionario distribuito a campione negli ultimi due giorni dell’Ostensione, ha coinvolto un totale di 3.699 persone di nazionalità italiana al di sopra dei 16 anni; i questionari compilati sono stati 2.707. E i dati dell’indagine, che con adeguati approfondimenti saranno oggetto di una pubblicazione e di una giornata di studio, sono stati motivo di stupore. Hanno infatti rivelato un volto inedito del «pellegrino» e i caratteri di una nuova religiosità che sta relegando ai margini l’immagine stereotipata di una forma di pietà popolare rinchiusa nella dimensione miracolistica.
Ma chi sono e quali motivazioni hanno spinto quelle persone ad accorrere in Basilica per «vedere» e «onorare» i resti di un uomo morto otto secoli fa? Dalla lettura dei dati, veniamo a sapere che sono di età intermedia, appartenenti a una popolazione attiva; che circa due su tre hanno una scolarizzazione superiore. Persone che, pur non frequentando assiduamente la chiesa, affermano di credere senza incertezze nella risurrezione nell’83 per cento dei casi, con una percentuale molto più alta rispetto a quella riscontrabile tra gli stessi praticanti. Dalla ricerca emerge soprattutto lo stile di rapporto di queste persone con il Santo: più della metà dei pellegrini intervistati ha infatti dichiarato di non essere venuta per chiedere, ma per approfondire la relazione con sant’Antonio, che sente vicino come amico fedele, protettore, esempio di devozione a Dio e guida spirituale. Di grande rilievo è la constatazione che per sette persone su dieci, Antonio non è un Santo del passato, ma un Santo vivo, che protegge, intercede e guarisce. Aspetti, questi, maggiormente testimoniati dai giovani.
Sono tanti oggi a chiedersi come sia possibile riavvicinare i giovani a esperienze religiose profonde. Un interrogativo che personalmente mi sono posto anche in occasione dell’Ostensione. Tra le folle che hanno riempito la Basilica in quei giorni, ho visto tanti ragazzi, soprattutto nelle prolungate ore serali, quando la Basilica ha accolto gli appartenenti alle aggregazioni laicali – da Comunione e Liberazione al Cammino Neocatecumenale – o all’Ordine francescano secolare. Mi ha anche colpito un folto gruppo di giovani che, terminate le lezioni pomeridiane in un Istituto tecnico cittadino, spontaneamente si sono messi in fila per venerare le spoglie del Santo. Presenze giovanili succedutesi nei primi giorni dell’Ostensione e per questo non registrate dagli esperti dell’Osservatorio, ma che, unite alla folla dei 200 mila, testimoniano la maturazione di una nuova religiosità che si esprime in un particolare rapporto di fiducia con Antonio, un Santo vivo, esempio di devozione a Dio.
Ma chi sono e quali motivazioni hanno spinto quelle persone ad accorrere in Basilica per «vedere» e «onorare» i resti di un uomo morto otto secoli fa? Dalla lettura dei dati, veniamo a sapere che sono di età intermedia, appartenenti a una popolazione attiva; che circa due su tre hanno una scolarizzazione superiore. Persone che, pur non frequentando assiduamente la chiesa, affermano di credere senza incertezze nella risurrezione nell’83 per cento dei casi, con una percentuale molto più alta rispetto a quella riscontrabile tra gli stessi praticanti. Dalla ricerca emerge soprattutto lo stile di rapporto di queste persone con il Santo: più della metà dei pellegrini intervistati ha infatti dichiarato di non essere venuta per chiedere, ma per approfondire la relazione con sant’Antonio, che sente vicino come amico fedele, protettore, esempio di devozione a Dio e guida spirituale. Di grande rilievo è la constatazione che per sette persone su dieci, Antonio non è un Santo del passato, ma un Santo vivo, che protegge, intercede e guarisce. Aspetti, questi, maggiormente testimoniati dai giovani.
Sono tanti oggi a chiedersi come sia possibile riavvicinare i giovani a esperienze religiose profonde. Un interrogativo che personalmente mi sono posto anche in occasione dell’Ostensione. Tra le folle che hanno riempito la Basilica in quei giorni, ho visto tanti ragazzi, soprattutto nelle prolungate ore serali, quando la Basilica ha accolto gli appartenenti alle aggregazioni laicali – da Comunione e Liberazione al Cammino Neocatecumenale – o all’Ordine francescano secolare. Mi ha anche colpito un folto gruppo di giovani che, terminate le lezioni pomeridiane in un Istituto tecnico cittadino, spontaneamente si sono messi in fila per venerare le spoglie del Santo. Presenze giovanili succedutesi nei primi giorni dell’Ostensione e per questo non registrate dagli esperti dell’Osservatorio, ma che, unite alla folla dei 200 mila, testimoniano la maturazione di una nuova religiosità che si esprime in un particolare rapporto di fiducia con Antonio, un Santo vivo, esempio di devozione a Dio.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017