Ralph Sposato, i valori di un giudice

Ritratto di un uomo generoso e ospitale, votato alla famiglia, al lavoro e alla comunità. Gioviale e affabile con gli altri, è vicino ai giovani e impegnato nell'associazionismo.
12 Dicembre 2007 | di

La storia personale di Raffaele «Ralph» Sposato inizia da Acri, in provincia di Cosenza, dove nasce il 31 ottobre 1947 da Francesco Sposato e Angela Vuono.

Acri è una cittadina di oltre 20 mila abitanti ai piedi della Sila greca, così chiamata per la dominazione dei coloni greci. Gli abitanti di questa città sono stati forgiati da rigidi inverni e da soleggiate estati, e soprattutto sono cresciuti con il conforto di una natura lussureggiante. La famiglia Sposato, come tante altre della zona, è costretta a trasferirsi all’estero, e nel 1961 sceglie come meta gli Stati Uniti d’America. Raffaele è ancora un adolescente di 13 anni e lascia malinconicamente le amate dolci montagne silane per il sogno americano. E farà fortuna.

Dopo qualche anno conosce e sposa Nina Capalbo. La loro unione regala quattro splendidi figli: Angela, Franco, Rosanna e Loreta. Sposato, dopo aver completato gli studi presso la Roxborough High School di Philadelphia, frequenta la LaSalle University e il Collegio del tessile e della scienza di Philadelphia. L’impegno prosegue con l’insegnamento dal settembre del 1970. Sono anni duri per i nostri emigranti, e l’unico modo per crescere nella società americana sono l’impegno e la dedizione, caratteristiche che non mancano a Sposato. La stessa comunità di Philadelphia gli riconoscerà queste qualità, e nel giugno del 1991 arriva un premio proprio dalla Roxborough High School: un riconoscimento per il suo impegno a favore della scuola e della comunità.

Per me è stato un piacere incrociare Raffaele Sposato, dapprima negli Stati Uniti e poi nella sua amata Calabria, ad Acri e a Soverato, e nel corso di questi incontri le nostre chiacchierate hanno toccato molti argomenti.

Negli ultimi trent’anni, Sposato è stato membro attivo dell’Ordine Figli d’Italia in America (Sons of Italy) ed è oggi al suo secondo mandato come membro fiduciario per il distretto I per la Gran Loggia di Pennsylvania, ISIA. Nel corso di questi anni ha ricoperto vari incarichi e ha svolto le funzioni di presidente per quattro anni. Sotto la sua guida, la composizione dell’associazione è raddoppiata, grazie anche all’afflusso di molti giovani professionisti di discendenza italiana. Nel 1994 riceve l’onorificenza di «Uomo dell’anno» da parte dell’Ivy Ridge Lodge.

Al principio del nuovo secolo, Sposato comincia la sua carriera nel campo della giustizia: il 29 settembre 1999 riceve l’incarico di svolgere il compito di giudice presso la Corte di Disciplina giudiziaria dello Stato della Pennsylvania. Sposato è il primo italiano ad essere nominato giudice, e ricopre la carica non essendo un avvocato: una novità assoluta nella storia dello Stato della Pennsylvania. È un’attività impegnativa e densa di soddisfazioni quella di giudice. Grazie alla rispettabilità e alla rettitudine che lo contraddistinguono, Sposato, il 25 giugno 2002, viene eletto alla carica di presidente della Corte stessa.

Questa è la storia di un calabrese, e nelle nostre chiacchierate mi dice di considerarsi un calabrese nel mondo, forse uno straniero in una terra lontana, ma soprattutto un italiano nel mondo, orgoglioso di esserlo a Philadelphia. Con emozione mi racconta le sue esperienze, e mi confida: «Ho vissuto tutte le esperienze degli emigrati italiani, ho avuto la fortuna di andare a scuola, di conseguire una laurea e di insegnare. Poi è giunta la nomina a Giudice della Corte Suprema, e dopo un paio di anni i miei colleghi mi hanno scelto come presidente. Sono orgoglioso di questo perché sono stato il primo emigrante a servire come presidente. La Corte svolge gli stessi compiti che ha il Consiglio Superiore della Magistratura italiano.

Ma parlare della propria terra e delle proprie origini fa scaturire mille emozioni più di ogni altra cosa: «La mia vita è tutta la Calabria – mi dice –, è quella di un calabrese nel mondo, le mie origini sono sempre qui con me. Sono sicuro che gli anni vissuti in Italia sono serviti alla mia formazione. Io porterò sempre con me questo istinto e questo spirito calabrese. Voglio precisare che non sono un avvocato. Io ho servito la Corte di Disciplina giudiziaria come un libero professionista. Le mie competenze non erano di un avvocato, di un uomo di legge, ma ritengo di aver capito nella mia vita la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ed è stato questo istinto e questo spirito calabrese che hanno guidato la mia vita. In futuro continuerò a conservare sempre le mie origini e le mie tradizioni anche per le future generazioni».

Sposato accenna alla famiglia, valore fondante della società e guida dell’uomo. Segno tangibile della presenza calabrese e italiana negli Stati Uniti: «Forse il valore della famiglia sarà il nostro ultimo contributo a questo tessuto sociale che oggi chiamiamo America. Il nostro concetto della famiglia e il nostro modo di conservare e di osservare l’amicizia sono unici. Quello della famiglia è infatti un grande valore e, forse, saremo noi calabresi e italiani, grazie a questo, a garantire il futuro di questa terra americana».

Come ogni padre, Sposato è orgoglioso dei propri figli ed è riuscito a trasmettere loro l’amore e l’affetto per la Calabria e per l’Italia. «Sento la Calabria come un qualcosa di mio. Ho insegnato ai miei figli a respirare e a mangiare…Calabria. Sono molto orgoglioso di loro, e grazie a loro ho trovato il modo di conservare il mio legame con l’Italia. Oggi il mio ultimo contributo deve essere quello di conservare il mio legame con la Calabria tramite i miei figli. Infatti ho conservato la casa, vado ad Acri ogni anno in modo che anche loro possano sentire questo legame con l’Italia, ma soprattutto il legame con la gente italiana, con quel grande popolo che ha fatto tanto per me nella mia formazione, e che credo aiuterà anche i miei figli».

I successi, le soddisfazioni oltreoceano, non cancellano quel marchio indelebile che lascia l’emigrazione. «L’emigrazione ha riguardato tanti di noi che hanno avuto l’amaro destino di andare via, e tutti voi che siete rimasti. Di recente, e per la prima volta, ho avuto l’opportunità di visitare il Museo dell’Emigrazione nella Sila, la nave della Sila; qui ho avuto l’occasione di piangere, e ho pianto considerando tutto il nostro passato».

Poi un richiamo forte e un augurio per il futuro. «Mi auguro e spero che il futuro sarà brillante per tutti i giovani, soprattutto per quelli impegnati nel mondo dell’emigrazione perché saranno i giovani a scrivere le ultime pagine della storia, perché le nostre storie non sono ancora finite, e i giovani devono continuarle.

L’amicizia e la cordialità che troviamo in Calabria noi calabresi è unica perché il nostro cuore è più grande del nostro mare ed è questo il motivo che ci fa tornare».
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017