In ricordo del Papa buono
Domenica 3 settembre viene beatificato Giovanni XXIII: è il compimento di un' attesa da sempre presente nel cuore della gente, quasi scontata. Sono passati «solamente» trentasette anni dalla sua morte, avvenuta il 3 giugno 1963, in una calda sera di un' estate anticipata. Radio e televisione, strumenti ormai presenti in molte case, ci avevano fatto vivere quasi in diretta l' evento, solenne e intimo, di quella morte: piazza San Pietro affollata, sguardi rivolti alla finestra dell' appartamento papale, dove verso sera la luce venne spenta. Si percepiva quasi il fiato sospeso dei presenti; c' era intorno quel silenzio greve di quando si attende con il cuore in gola che qualcosa di grande avvenga. Proprio in quei momenti il «Papa buono» chiudeva la sua giornata terrena.
Trentasette anni: un iter piuttosto rapido per il riconoscimento pubblico della santità di una persona. Percorso breve, anche rapportato allo stile di questo Papa, che di santi ne ha proclamati veramente tanti. Forse troppi, secondo alcuni. Ma certo non è di troppo Giovanni XXIII, che la vox populi, la devozione della gente, aveva già per suo conto proclamato santo, attratta dalla sua straordinaria bontà , dall' evangelica semplicità , dalla paterna affabilità ... espressioni di una grande ricchezza interiore, alimentata dalla fede, dalla fiducia in Dio, dalla preghiera...
Come non rammentare la sua visita al carcere di Regina Coeli - era la prima volta che un Papa vi andava - dove ricordò che anche un suo parente era stato in prigione per un furto ai danni di un pollaio! Indimenticabile, poi, quell' 11 ottobre 1962, giorno dell' apertura del concilio Vaticano II: era già notte e non volle mancare all' appuntamento con piazza San Pietro ancora affollata: invitò a osservare la bellezza del chiarore della luna e quindi affidò ai genitori una carezza, la carezza del Papa, per i bambini che avrebbero trovato ritornando a casa. Momento carico di umanità , capace di far presa più di un trattato di teologia!
Il motto del suo stemma episcopale recitava Oboedientia et pax: lo aveva scelto nel 1925 quando venne consacrato vescovo, a Roma, per essere inviato come delegato apostolico in Bulgaria. Obbedienza al Papa, ma anche al corso della vita, superando i propri progetti che per essa aveva fatto. Un' obbedienza capace di generare la dimensione biblica della pace, la complessità che si riconcilia nella certezza della volontà di Dio manifestata nella sua storia personale attraverso uomini, richieste, situazioni concrete.
Fu fedele al motto scelto. Negli ultimi mesi della sua vita poteva scrivere nel suo diario, il Giornale dell' anima: «Questo è il mistero della mia vita. Non cercate altre spiegazioni. Ho sempre ripetuto la frase di san Gregorio Nazianzeno, 'voluntas Dei pax nostra'». Non gli mancarono certi momenti duri, difficili nella sua carriera. Carriera, tutto sommato, defilata.
In Bulgaria dal 1925 al 1935; in Turchia dal 1935 al 1944; l' improvviso salto nella prestigiosa sede della nunziatura di Parigi nel 1944. Una carriera che sembrava dovesse finire nella altrettanto prestigiosa, anche se non impegnativa, sede patriarcale di Venezia nel 1953, dove sembrava aspettarlo una tranquilla, onorata vecchiaia.
Nessuno avrebbe scommesso sul settantasettenne cardinale Roncalli quando, nel 1958, fu convocato il conclave alla morte di Pio XII. Il Pontefice che aveva dominato con la sua ascetica figura i difficili anni della guerra e dei non meno facili anni successivi.
E invece! Scherzi della vita e della storia: la scelta cadde proprio su di lui. Si pensava che avrebbe dovuto esprimere un tranquillo, bonaccione periodo di transizione, in attesa di un Papa capace di ripensare e riesprimere l' eredità pacelliana.
Scherzi della vita e... dello Spirito Santo! Dopo novanta giorni annunciava il concilio Vaticano II, destinato a sconvolgere in profondità la vita della Chiesa, e i cui riflessi - come le onde di un sasso gettato nello stagno - continuano ad arrivare fino a noi. Fece in tempo ad aprirlo, ad accompagnarne gli inizi, dissentendo dai «profeti di sventura, che annunziano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo», a seguirlo prima di entrare nella sofferenza della malattia che lo avrebbe consumato. Consapevole, sereno.
Erano le 19,45 del 3 giugno. Giorno di Pentecoste.