Russia e Spagna due Paesi alle urne
Due elezioni importanti in questo mese di marzo, con sicuro impatto sull'Europa: alla sua estremità orientale si vota in Russia, che rimane, anche dopo lo sfaldamento dell'Unione Sovietica, un colosso, il Paese più esteso del mondo. Entro i confini della nostra Unione europea si vota invece all'estremità occidentale, in Spagna, uno dei due Paesi - l'altro è la Polonia - che hanno capitanato la fronda dei minori contro l'estensione dei poteri comunitari prevista dal testo del nuovo Trattato europeo, di cui è stata quindi rinviata la firma.
In entrambi i Paesi, poi, il potere è in mano al centrodestra, sia pure con differenze significative fra la nuova democrazia russa, retta con pugno ferreo da zar Putin, e il centrodestra di stile invece decisamente occidentale che da otto anni amministra la Spagna. Per questo e per altri motivi che vedremo, elezioni significative, degne di attirare la nostra attenzione.
Il cinquantunenne Vladimir Putin è praticamente sicuro di vincere alla grande le elezioni presidenziali, che già si annunciano come un vero e proprio plebiscito democratico in suo favore. Che cosa piace alla maggioranza dei russi di lui e dei suoi primi quattro anni di presidenza? Piace il decisionismo che ha arrestato lo sfaldamento di quanto resta dell'ex impero sovietico (già zarista), piace che abbia restaurato una certa sicurezza e legalità , che abbia mandato in prigione o all'esilio alcuni oligarchi, e anche la indubbia ripresa economica che si è avuta nel quadriennio.
Per quattro anni l'economia, già sconquassata per il passaggio dal collettivismo sovietico a forme di capitalismo selvaggio, ha ripreso a crescere e, l'anno scorso, la crescita si è anche accentuata. La Russia è di nuovo il primo produttore mondiale di petrolio e i proventi dell'oro nero che viene dalla Siberia e dal Mar Caspio permettono allo Stato di cominciare a ripagare i suoi ingenti debiti sul piano internazionale e di alimentare le linfe dell'amministrazione pubblica.
Né si tratta di solo petrolio. Anche la società russa si sta diversificando, con la formazione di una classe media che rimane però di soli dodici milioni su centoquarantacinque milioni di abitanti. Mentre il divario fra una classe molto ristretta di nuovi ricchi, che hanno saccheggiato le ricchezze del Paese al momento delle privatizzazioni al tempo di Boris Eltsin, e il resto della gente rimane abissale. Il reddito medio del russo è ancora molto distante da quello europeo, ma anche le spese per la casa e i servizi (gas, luce, ecc.) come le tasse che paga risultano molto inferiori.
Vladimir Putin come un antico vodz
Putin ha uno stile pubblico che lo assimila alla figura del vodz (capo, guida) così presente nella storia e nell'immaginario collettivo di questo Paese. La televisione accentua gli aspetti di uomo risoluto ma anche competente e sicuro, sin negli aspetti privati: quando si confronta nella lotta come maestro di judo, il suo sport preferito, o quando si mescola, da semplice fedele, alle celebrazioni della Chiesa ortodossa (il che non è poco per un ex agente del KGB sovietico).
Non tutto è oro in quel che riluce della prima presidenza Putin. Si è circondato, nella cerchia di consiglieri ed esperti, di siloviki, uomini che provengono dai servizi segreti in cui ha fatto carriera durante e dopo il periodo sovietico. E che contano magari più di ministri e grandi burocrati. Ha sì colpito molti oligarchi a forza di kompromaty, di dossier compromettenti, ma selezionando quelli - come i Berezovski, i Gusinsky, i Kodorkovski - che potevano dargli ombra, lasciando invece prosperare quelli che non interferivano in politica (o che appoggiavano la sua politica).
Rimane aperta la piaga purulenta della Cecenia, dove la lotta contro il terrorismo viene condotta con metodi repressivi che hanno sollevato le proteste dei movimenti dei diritti umani.
Al summit Unione europea- Russia del novembre scorso a Roma, Silvio Berlusconi, che con Putin ha instaurato solidi legami di amicizia, l'ha appassionatamente difeso da queste accuse. E anche la maggioranza dei russi tende a negarle. Per cui la democrazia autoritaria - ma pur sempre democrazia - appare il modello che verrà riconfermato, assieme a zar Putin, per altri quattro anni. Definito mezzo sovietico-mezzo occidentale, personaggio di transizione fra vecchio e nuovo. Al pari della Russia d'oggi e dei suoi cittadini.
Il cinquantenne Josè Maria Aznar, capo del governo spagnolo per due legislature, e favorito nei pronostici per una terza, ha deciso di ritirarsi, designando lui stesso il suo sucesà³r.
Aznar, anche lui grande amico di Berlusconi, che è stato testimone alle nozze di sua figlia Ana, ha compiuto un'operazione simile a quella di Gianfranco Fini, trasformando il suo partito, che veniva in parte dal franchismo, in un partito popolare, affiliato all'internazionale democratico-cristiana. Il suo modello economico, che è stato anche pubblicamente lodato e imitato da Berlusconi - rilancio dell'economia con la diminuzione delle tasse e le privatizzazioni - e che ha conseguito indubbi successi nei primi anni di governo, si è, negli ultimi anni, appannato. La Spagna cresce sì, all'interno dell'Unione europea, a ritmi più alti della media, ma in continua diminuzione. Anche i posti di lavoro aumentano, ma comunque i livelli di disoccupazione rimangono superiori a quelli europei. Negli ultimi anni, in Spagna sono volati i prezzi degli alloggi, in un Paese in cui (al pari dell'Italia) sovente conviene fare un mutuo e acquistare anziché affittare a prezzi esorbitanti. Le elezioni saranno dunque anche un test a favore o contro le ricette economiche del centrodestra.
Mariano Rajoy Brey il sucesà³r
Il sucesà³r è Mariano Rajoy Brey, già vice di Aznar, un professionista della politica, un ministro para todo. A chi obietta che Rajoy manca di carisma, i suoi fautori ribattono che anche Aznar, al suo apparire, era stato definito un leader senza qualità , una caricatura di Charlie Chaplin (a cui assomiglia fisicamente), e poi ha governato per quattro anni, vincendo due elezioni.
Contro Rajoy i socialisti schierano il giovane José Luis Rodriguez Zapatero che, eletto a sorpresa segretario del partito nel 2000, si è rivelato un leader capace di parlare in forma molto diretta e poco politichese. Il centrodestra parte favorito nei sondaggi, ma dovrebbe vincere con la maggioranza assoluta per essere sicuro di governare. Infatti, contro di lui potrebbe formarsi una coalizione di governo di centrosinistra guidata dai socialisti alleati con i partiti autonomisti e con l'estrema sinistra. Il risultato delle elezioni legislative spagnole rimane quindi assai più incerto di quelle presidenziali russe.