Santi, santuari e pellegrinaggi

Un pellegrinaggio, in fondo, si fa per andare alla ricerca di se stessi attraverso la riscoperta dei valori più autentici testimoniati da figure di santi che, nella loro vita, si sono resi segno dell’amore misericordioso di Dio per gli uomini.
26 Gennaio 2010 | di

Un cammino di conversione, un gesto di purificazione, ma anche un’esperienza culturale e sociale. Il pellegrinaggio religioso oggi è tutto questo e molto altro ancora. E forse suscita interesse crescente proprio perché racchiude in sé tanti significati. C’è una geografia dell’anima che, intrecciandosi a quella terrena, dà vita a percorsi pieni di contenuti. Qui ci vogliamo soffermare su quattro luoghi che, pur diversi fra loro, sono accomunati da avvenimenti che li hanno messi o li stanno per mettere in primo piano.


Padre Pio a San Giovanni Rotondo

Con circa nove milioni di pellegrini e la visita di Benedetto XVI (21 giugno 2009), San Giovanni Rotondo ha vissuto, attraverso l’ostensione del corpo di san Padre Pio, una delle pagine più intense, più emozionanti ma per certi versi anche più controverse della sua storia. Dal 24 aprile 2008 al 23 settembre 2009 le spoglie mortali del frate con le stimmate, dopo aver subìto un trattamento conservativo e di ricostruzione, sono state poste in una teca trasparente accanto alla quale i fedeli, provenienti dal mondo intero, hanno transitato senza sosta. Ora è previsto che, in una data ancora da stabilire, il corpo di padre Pio, non più visibile ma rinchiuso dentro un’urna di legno rivestita d’argento, venga trasferito nella cripta della chiesa nuova, già benedetta dal Pontefice.

Esporre il corpo di un santo significa consentire una vicinanza attraverso la quale la devozione, l’affetto e la preghiera possono esprimersi meglio. Consuetudini nelle quali a volte possono trovare spazio curiosità e superstizione, ma certamente espressione di una fede tanto semplice quanto radicata. La folla in preghiera accanto a padre Pio fa pensare a quella che nel 2005 rese omaggio alle spoglie mortali di Giovanni Paolo II nella Basilica vaticana. In entrambe le occasioni i pellegrini hanno manifestato con spontaneità amore, gratitudine, fiducia. Mescolarsi a loro ha permesso di verificare quanto sia diffusa una religiosità sincera, che fa notizia solo in determinate circostanze ma è ben radicata. Karol Wojtyla e padre Pio: due cammini di santità che i fedeli ripercorrono anche accostandosi fisicamente alle loro tombe. Perché la prossimità è il modo più umano e più vero per dare voce all’amore.


Sant’Antonio a Padova


Più un santo è popolare, più attorno a lui fioriscono racconti e leggende, che sono il modo in cui i fedeli tramandano la fede. Poiché la figura del santo rischia così di finire quasi soffocata dalla sua stessa fama, rendendo difficile il recupero della spiritualità più autentica, un pellegrinaggio, se ben guidato, può essere l’occasione per riscoprire il vero messaggio che la vita e l’opera del santo ci hanno consegnato, una riscoperta che nel caso di Antonio è particolarmente necessaria, considerato l’alone leggendario che lo circonda a causa dei prodigi che via via gli sono stati attribuiti. Attraverso questo lavoro di scavo si può così scoprire, ad esempio, che alcuni tratti caratteristici della religiosità ai tempi di Antonio, nell’Italia di quasi mille anni fa, non sono poi tanto diversi da quelli attuali. La superficialità e la tendenza a rifugiarsi nella tradizione senza una vera conversione sono rimaste le stesse! E se Antonio tornasse sulla terra dovrebbe anche oggi usare le sue doti di predicatore itinerante per distogliere il senso religioso da un certo egoismo identitario e orientarlo verso la giustizia, la solidarietà e il perdono.


La Sindone a Torino

Proseguendo nel nostro itinerario ci spostiamo da Padova a Torino, dove dal 10 aprile al 23 maggio ci sarà una nuova ostensione della sacra Sindone, il telo (dal greco sindòn, lenzuolo di lino) sul quale è impressa l’immagine di un uomo morto in seguito a crocifissione e con una larga ferita da taglio al costato. È stato davvero il sudario di Gesù? La disputa tra gli studiosi non si placa. Un libro da poco uscito, I templari e la Sindone di Gesù nazareno (Il Mulino), scritto dalla storica dell’Archivio segreto vaticano Barbara Frale, rivelando la presenza sul telo di scritte in aramaico, non visibili a occhio nudo e risalenti al primo secolo, sembra portare nuove prove a sostegno dell’autenticità. «Misteriosa per la scienza» e «sfida per l’intelligenza», come la definì Giovanni Paolo II (che la visitò nel 1980 e nel 1998), la Sindone, che la si voglia considerare una reliquia o meno, avvicina al mistero della morte e risurrezione di Cristo, e l’opportunità di poterla vedere da vicino non andrebbe persa. Accompagnata dalla visita di Benedetto XVI, che si recherà a Torino domenica 2 maggio, l’ostensione di quest’anno presenta molte novità rispetto a quelle del passato. Il telo sarà infatti visibile per la prima volta dopo l’intervento di conservazione del 2002, durante il quale sono state rimosse le toppe cucite dalle suore a Chambéry in seguito all’incendio del 1534, ed è stato sostituito il lenzuolo di supporto applicato, sempre in quell’anno, per rendere più solido l’insieme. Gli organizzatori hanno stabilito che i visitatori dovranno seguire un percorso obbligato prima di arrivare in duomo, così da potersi preparare al meglio, e particolare attenzione sarà riservata ai giovani, perché nel 2010 Torino è capitale europea della gioventù.

Nel sito www.sindone.org, che dà le informazioni necessarie per la visita e attraverso il quale è possibile prenotarsi, l’arcivescovo di Torino Severino Poletto scrive: «Per noi oggi la Sindone è richiamo forte a contemplare, nell’immagine, il dolore di ogni uomo, le sofferenze a cui spesso non sappiamo neppure dare un nome: per questo il motto della prossima ostensione è Passio Christi, passio hominis».


Santiago de Compostela

Siamo così all’ultima tappa, Santiago de Compostela, nella cui cattedrale il primo gennaio è stata aperta la porta santa (sarà chiusa il 31 dicembre) perché, in base a un antico privilegio (secondo il quale l’arcivescovo può proclamare un giubileo ogni volta che la festa di san Giacomo – 25 luglio – cade di domenica), il 2010 è anno giubilare. Anche chi non è mai stato lì avrà forse visto in televisione l’enorme turibolo, fumante di incenso, che, appeso a un argano, viene fatto roteare sopra le teste dei fedeli durante le cerimonie religiose. Un’altra immagine abituale è quella dei pellegrini con lo zaino in spalla, perché il cammino di Santiago (che nella sua versione più frequentata è lungo circa ottocento chilometri) è fatto a piedi, lungo i percorsi stabiliti, dove si trovano luoghi di sosta e di assistenza. Fu dopo la visita di Giovanni Paolo II, nel 1982, che l’antico cammino venne riscoperto, soprattutto dai giovani. Quella volta papa Wojtyla, ricordando che lungo i secoli i pellegrinaggi «favorirono la comprensione reciproca di popoli europei tanto diversi», lanciò un’invocazione solenne: «Europa, ritrova te stessa, sii te stessa, riscopri le tue origini, ravviva le tue radici!».

Ciò che vale per gli Stati e le organizzazioni internazionali vale a maggior ragione per gli individui. Un pellegrinaggio, in fondo, si fa per andare alla ricerca di se stessi attraverso la riscoperta dei valori più autentici. E siccome mettersi in cammino è sempre un rischio, anche la solidarietà, data e ricevuta, ha un ruolo importante.

Allora, qualunque sia la vostra meta, buon pellegrinaggio! 


Il cammino di sant’antonio

Ripercorrendo l’ultimo pellegrinaggio del Santo


Ogni pellegrinaggio è come un comando interiore che nasce dalla voce del cuore. Anche l’ultimo di Antonio, il 13 giugno del 1231, quando il frate di 36 anni – portoghese di nascita, padovano di adozione – sentì che «sorella morte» bussava al suo fisico da tempo minato e ormai a corto di energie mai risparmiate per i fratelli in nome del Signore. Chiese allora ai frati di Camposampiero di essere portato a casa, a Padova, presso il convento di Santa Maria Mater Domini (ove ora sorge la Basilica) per morire nel «piccolo nido della povertà» sotto lo sguardo della Vergine. Ma frate Antonio l’ultimo passo dovette compierlo ancora una volta in itinere, presso le sorelle clarisse, alle porte della «sua» città, in un luogo ora chiamato Arcella. Il suo ultimo sussurro, raccolto tra le lacrime dai presenti, fu: «Vedo il mio Signore!». Parole che narrano il senso della sua vita e anche della nostra: incontrare, dopo un cammino vissuto nella fede, fraterno, il volto del Signore, senso e approdo dei giorni veloci.

Da qualche anno i frati della Basilica, lavorando in sinergia con le istituzioni locali, hanno valorizzato la strada percorsa da frate Antonio che ora porta il nome de Il cammino di Sant’Antonio, così da proporla a ogni persona che si fa pellegrina verso la sua tomba. Si tratta di un sentiero attrezzato di circa 25 chilometri che unisce i tre Santuari antoniani di Camposampiero, Arcella e Basilica del Santo. Presso i frati di Camposampiero si può richiedere la «credenziale» e, dopo essere giunti finalmente a porre la propria mano sulla tomba di sant’Antonio affidandosi alla sua intercessione, i confratelli del Santo rilasciano l’attestato dell’avvenuto pellegrinaggio. Ogni anno, in prossimità della festa di sant’Antonio, un migliaio di giovani animati dai frati vive l’esperienza forte del Cammino di Sant’Antonio. L’edizione 2010 si svolgerà nella notte tra sabato 29 e domenica 30 maggio. Per saperne di più, si può accedere al sito www.ilcamminodisantantonio.it.
Per Antonium ad Jesum! Sì, attraverso Antonio e camminando con lui si arriva sicuramente a Gesù.

p. Alberto Tortelli e p. Giovanni Voltan


 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017