Santità del quotidiano
Quando il Papa proclama nuovi santi, beati o venerabili non ci domandiamo mai – tranne forse quando vengono canonizzati proprio i Papi – qual è la ragione perché proprio quella figura lì, proprio in quel momento, riceve questo onore. Sembra tutto casuale. Si direbbe che gli andamenti dei processi seguano percorsi tortuosi e non sempre chiari, per raggiungere a un certo punto la meta agognata.
Ma talvolta arrivano al traguardo proposte di santità impreviste, che sembrano veramente dettate dallo Spirito, magari dopo secoli di sosta in scaffali polverosi, bloccate dai dubbi di giudici severi. Ecco invece che, in un determinato momento, la strada si libera davanti a qualche figura spesso poco conosciuta, ma necessaria e preziosa per il momento che stiamo vivendo.
Perché l’attualità di un modello di santità non è garantita solo dal suo avere vissuto in tempi vicini al nostro, ma piuttosto dal fatto di rispondere a problemi che oggi sentiamo come gravi e urgenti.
Così è accaduto per Teresa Spinelli, nata a Roma nel 1789 e morta a Frosinone nel 1850, fondatrice di scuole per ragazze povere. Dopo oltre un secolo e mezzo, questa donna è emersa dalla dimenticanza dalla quale finora l’aveva salvata solo la tenace fede delle consorelle, quando papa Francesco l’ha proclamata venerabile, il primo passo verso il riconoscimento della santità.
La rendono vicina a noi proprio quei particolari della sua biografia che finora l’avevano fatta esaminare con sospetto dall’organismo che si occupa delle cause dei santi: l’essere stata una donna sottoposta a violenza da parte del marito e poi la condizione di separata, di malmaritata, per il resto della sua vita.
Una donna di famiglia povera, che doveva non solo mantenere sua figlia, ma anche i genitori, in un contesto sociale che la sanzionava vistosamente proprio per l’irregolarità del suo status.
Da questo abisso di miseria e di ingiurie patite, Teresa riemerge grazie a una fede che non conosce debolezze e alla capacità di utilizzare la poca cultura che le veniva dall’aver frequentato da piccola qualche anno di scuola.
Una cultura coltivata con tenacia, leggendo tutto quello che poteva, e che la rese in grado, dopo anni di lavori servili e di umiliazioni familiari, di cogliere una proposta che sembrava fatta apposta per lei: fondare una scuola pubblica per ragazze povere a Frosinone.
Anche qui saranno lotte per imporre un metodo serio di lavoro, per insegnare, oltre a un minimo di alfabetizzazione, anche storia, geografia e matematica, per affrontare tutti gli ostacoli e le maldicenze che si frapporranno alla sua iniziativa.
Intorno a lei, un gruppo di giovani donne si raccolgono per fondare una congregazione religiosa dedicata all’insegnamento. Ma i risultati non mancano: le Figlie di Gesù e di Maria sono attive ancora oggi e seguono le linee del suo apostolato.
È ancora solamente una venerabile, Teresa Spinelli, ma speriamo che ora, a passo lesto, possa avanzare sulla strada della santità, perché di una santa come lei avremmo proprio bisogno.
Potrebbe essere lei, infatti, a venir proclamata protettrice delle donne sulle quali viene esercitata la violenza. Quelle donne che, solo oggi, dopo anni di battaglie, cominciano a venire considerate vittime e non sospettate, almeno in un primo tempo, di essere colpevoli.
Teresa quel sospetto se lo deve essere sentito addosso per tutta la vita. Ma è riuscita ugualmente ad aprirsi una strada di rispetto e di dignità. L’ha fatto anche per altre donne povere alle quali la vita negava l’accesso a quegli strumenti che avrebbero potuto aprire loro strade migliori.
Si può, infatti, essere sante e al contempo combattenti per la dignità delle donne vilipese, quelle che nessuno difende e che hanno così bisogno di un modello al quale ispirarsi.