Scuola, cantiere sempre aperto

La proposta Moratti riforma davvero la scuola o è solo un ritorno al passato, rispetto al precedente progetto Berlinguer - De Mauro?
10 Settembre 2002 | di

C`€™è davvero qualcuno che vuole la riforma della scuola? Da come sono andate e stanno andando le cose i dubbi sono diventati una selva. Una società  si specchia nella sua scuola, si dice. Allora abbiamo tanti motivi per essere preoccupati. A onor del vero, la scuola italiana non è ancora allo sfascio, la buona volontà  di chi ci lavora con passione, tra non pochi scansafatiche, la sta tenendo in piedi. Ma i segni del tempo e le crepe dell`€™incuria sono tantissime, come le voci del coro di chi invoca riforme, tante come il numero degli italiani (insegnanti, genitori...) che hanno a cuore il futuro dei loro figli. Un coro che rumoreggia da tempo immemorabile. Ma ogni volta che un ministro ha provato a rispondere all`€™appello e, chiamati a consulto luminari ed esperti, dopo anni di studi, di valutazioni e confronti, ha presentato il suo compitino ecco il coro intonare il canto delle contestazioni, dello scontento, della bocciatura. Ultimamente ci aveva provato  il ministro Giovanni Berlinguer, seguito da Tullio De Mauro, con un progetto ambizioso (vedi schema accanto) che accorpava tra l`€™altro in un unico ciclo elementari e medie. Ma, inesorabile, il coro delle proteste lo ha inchiodato al muro: per l`€™impostazione generale, per le difficolt e la poca chiarezza nell`€™applicazione, eccetera. Poi la coalizione di centrodestra, vincitrice delle ultime elezioni, come aveva promesso in campagna elettorale, ha mandato tutto al macero. Delle proposte di Berlinguer s`€™è realizzata solo l`€™autonomia, una riforma che concede alle singole scuole ampi spazi di autogestione, graditi a tutti.

Il nuovo ministro, Letizia Moratti, ha quindi eleborato la sua proposta, assai meno rivoluzionaria della precedente. Anzi, un semplice ritorno all`€™antico ha detto il solito coro rispolverando le litanie delle riserve e delle critiche che aveva intonato epr le proposte precedenti. Così alla vigilia del nuovo anno scolastico, siamo ancora alle chiacchiere senza fine. Non appare certo che il DDL n. 1306, così si chiama la proposta della Moratti, passi o passi così com`€™è.  I cantieri potrebbero restare aperti ancora a lungo, potrebbero attenderci anni di stallo, di attesa. Intollerabili, però. Insomma, riformare la scuola italiana appare un`€™impresa ardua, quasi impossibile.


LA RIFORMA SOSPESA

Scuola Materna non obbligatoria a partire dai 3 anni di età .

Un ciclo unico di 7 anni denominato `€œScuola di Base`€ che sostituisce elementari e medie.

Ultimi 2 anni di scuola dell`€™obbligo alla conclusione dei quali gli allievi scelgono tra 5 diversi indirizzi di studio.

3 anni di studi per conseguire la Maturità . Umanistica, Scentifica, Tecnico-Tecnologica, Artistica, Musicale.


LA RIFORMA DELLA MORATTI

La Scuola Materna non è obbligatoria ma chi la frequenta potrà  usufruire di 1 anno di bonus durante il percorso studi.

Si torna alla formula dei 5 anni di scuola elementare e 3 anni di Medie Inferiori.

Le Medie Inferiori dopo il primo anno si suddividono in 2 percorsi diversi. Uno per chi sceglie la Formazione Professionale; l`€™altro per chi decide di voler continuare gli studi nei Licei.

La durata degli studi nelle scuole medie superiori si riduce a 4 anni.

Forse resterà  di 5 al Liceo Classico. Per tutti è comunque obbligatorio studiare fino a 18 anni.

Sulla proposta Moratti abbiamo sentito il parere del sottosegretario al ministero della pubblica istruzione Valentina Aprea, ovviamente favorevole. Di seguito l`€™opinione di un preside discordante e il punto di vista delle associazioni dei genitori.


Chi è a favore: dall`€™obbligo al diritto-dovere

A colloquio con Valentina Aprea, sottosegretario al ministero della pubblica istruzione.

di Francesco Butturini

Msa. Onorevole Aprea, prima di tutto quali sono i princìpi ispiratori e gli obiettivi generali della riforma Moratti?

Aprea. Occorre anzitutto ricordare il nuovo contesto istituzionale nel quale è oggi collocata la scuola italiana. Le modifiche costituzionali approvate negli ultimi giorni della scorsa legislatura, infatti, hanno affidato competenze `€“ anche legislative `€“ rilevanti in materia di istruzione e formazione professionale alle Regioni. La riorganizzazione del nostro sistema formativo prevista nella riforma tiene conto di queste importanti modifiche, ridefinendo e ordinando i compiti dello Stato, delle Regioni e delle istituzioni scolastiche, nella loro autonomia. Allo Stato compete, come scritto nel titolo del disegno di legge, «la definizione delle norme generali sull`€™istruzione e dei livelli essenziali di prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale».

Il primo principio posto alla base del progetto di riforma consiste nella definizione del diritto-dovere al successo formativo. Le percentuali di ragazzi che abbandonano ancora oggi il sistema scolastico e formativo con il solo titolo di licenza media (o addirittura senza questo) sono incompatibili con uno Stato che vuole essere civile e moderno. A fronte di questo stato di cose, il disegno di legge trasforma l`€™attuale obbligo scolastico (fino ai 15 anni di età ) nel «diritto-dovere all`€™istruzione e alla formazione per almeno 12 anni» (fino ai 18), ponendosi nel contempo l`€™obiettivo di creare una reale e credibile alternativa allo studio di tipo liceale, per consentire ai ragazzi di scegliere percorsi formativi che assecondano le vocazioni e le attitudini di ciascuno di loro.

La possibilità  di (parziale) personalizzazione dei percorsi non si attua soltanto nelle scelte del secondo ciclo («doppio canale»): i piani di studio, oltre all`€™architettura di sistema, saranno flessibili e personalizzati. Ogni ragazzo ha il diritto-dovere di formarsi, ma le modalità  di esercizio di tale diritto-dovere devono, almeno in parte, cogliere e valorizzare le vocazioni e le attitudini di ciascuno.

Entriamo nel dettaglio, cominciando dalla scuola dell`€™infanzia (3-5 anni): non è obbligatoria ma chi la frequenta matura un «bonus», cioè un credito, da utilizzare nella scuola dell`€™obbligo. È così?

L`€™ipotesi riportata era contenuta nella proposta del gruppo di lavoro coordinato dal professor Bertagna. Dopo la discussione avvenuta agli Stati generali dello scorso dicembre con il mondo della scuola e con la società  civile e nel corso della successiva fase di confronto politico anche all`€™interno delle forze di maggioranza, l`€™ipotesi del credito maturato con la frequenza della scuola dell`€™infanzia e «speso» durante la scuola dell`€™obbligo, è stata abbandonata. La modifica di questo punto della proposta Bertagna, come di tanti altri, mi permette tra l`€™altro di ricordare che, contrariamente a quanto riferiscono molte accuse, il lavoro di confronto e coinvolgimento con la scuola e più in generale le famiglie nella predisposizione del progetto di riforma della scuola è stato fortemente voluto dal ministro Moratti, ed è stato intenso e faticoso.

Elementari e medie restano divise e si articolano, rispettivamente, in cinque e tre anni. Come è stato pensato il meccanismo di verifica?

La distinzione tra elementari e medie è stata recuperata, rispetto alla legge Berlinguer- De Mauro, perché crediamo che a ogni fase dell`€™età  del bambino, e poi del ragazzo, debba corrispondere un`€™apposita scuola, organizzata in modo adeguato. Allo stesso tempo, tuttavia, occorre evitare il rischio di eccessive separazioni e fratture tra le elementari e le medie. La riforma prevede pertanto l`€™inserimento delle due scuole in un ciclo unitario; è abolito l`€™esame di licenza elementare. Il primo esame di Stato affrontato dallo studente è a conclusione del primo ciclo, ovvero a 14 anni. La programmazione dei piani di studio sarà  organizzata sulla base degli 8 anni del primo ciclo e articolata in periodi didattici: un primo anno di accoglienza, tre bienni e un ultimo anno di orientamento alle scelte successive. Le prove nazionali di valutazione saranno svolte all`€™inizio di ciascun periodo didattico, senza alcuna interferenza con la normale e quotidiana valutazione dei docenti.

Perché si è deciso di ripristinare il voto in condotta?

Una valutazione da parte dei docenti che si basi soltanto sulla verifica delle competenze apprese e delle abilità  raggiunte non può dirsi esaustiva. Crediamo cioè che valutare un ragazzo prescindendo totalmente dai suoi comportamenti si basi su una visione antropologica piuttosto astratta, in particolar modo per il periodo adolescenziale, in cui si costituisce e si radica la personalità  del soggetto. Nella nostra proposta, pertanto, la valutazione del comportamento costituisce parte integrante della valutazione complessiva. L`€™educazione alla cittadinanza, da tutti invocata come uno degli obiettivi fondamentali dei sistemi educativi, può essere attuata anche attraverso la valutazione dei comportamenti tenuti dai ragazzi a scuola, dalle relazioni interpersonali e dal rispetto delle regole comuni della convivenza.

La scuola dell`€™obbligo si prolunga di tre anni, quindi tutti sui banchi fino a 18 anni, scegliendo tra liceo e istituto di formazione professionale. Quali valutazioni hanno portato a considerare questa scelta di così grande importanza?

Come già  ricordato sopra, la previsione del «diritto-dovere all`€™istruzione e alla formazione per almeno 12 anni» non consiste in una meccanica estensione dell`€™attuale obbligo scolastico di tre anni. Se così fosse, verrebbe senza dubbio incrementato `€“ anziché combattuto `€“ il fenomeno dell`€™abbandono scolastico e dell`€™insuccesso formativo. L`€™obiettivo dell`€™introduzione del diritto-dovere a formarsi fino ai 18 è quello di ridurre drasticamente il numero di ragazzi che escono dal sistema educativo con il solo titolo di licenza media. La sfida, particolarmente ambiziosa, consiste nel riuscire a vedere tutti i ragazzi inseriti in percorsi formativi fino a 18 anni e nello stesso tempo ad avvicinare il mondo dell`€™istruzione a quello del lavoro (e, viceversa, il mondo del lavoro alla scuola). Nell`€™istruzione professionale sono previsti numerosi e diversificati livelli di qualifica spendibili direttamente per l`€™ingresso nel mercato del lavoro, della durata di 3, 4, 5, 6, 7 anni, «sfociando» così in un sistema di formazione professionale superiore da affiancare ai percorsi universitari.

Un`€™altra significativa novità  per il nostro sistema educativo consiste nell`€™istituzione dell`€™alternanza scuola-lavoro, una modalità  di apprendimento, utilizzabile dai 15 anni di età  in tutti i percorsi del secondo ciclo, già  adottata in numerosi Paesi europei. Si tratta di percorsi di studio costituiti da periodi di lezione e periodi di stage in realtà  culturali, sociali, produttive e dei servizi del Paese, seguiti da tutor della scuola. L`€™alternanza scuola-lavoro non coincide né sostituisce l`€™apprendistato. L`€™alternanza scuola-lavoro consente invece di affrontare la sfida sopra descritta, vale a dire di offrire a ciascun ragazzo fino ai 18 anni modalità  di apprendimento inserite totalmente nel sistema educativo corrispondenti alle proprie attitudini e vocazioni. Nello stesso tempo, l`€™alternanza consentirà  ai nostri ragazzi di conoscere il mondo del lavoro in forma diretta, seguiti dal tutor della scuola, al fine di garantire sempre la valenza educativa dello stage.



I contrari: più che riforma, ritorno al passato

Le cose che proprio non vanno della riforma Moratti, analizzate dal preside del Liceo classico Maffei di Verona. Anzitutto la filosofia generale che guida. E poi...

di Giuseppe Richiedei, presidente dell`€™Associazione genitori


Il fatto che maggiormente, a mio avviso, deve preoccupare della proposta Moratti (il termine riforma mi sembra troppo alto per quest`€™operazione di recupero dell`€™antico), è la filosofia generale che la guida: una filosofia che disconosce il valore orientativo dell`€™art. 34 della Costituzione che dice: «La scuola è aperta a tutti. L`€™istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi...».

Cosa intendevano difendere e promuovere i padri della nostra Repubblica? Il valore di promozione sociale, oltre che culturale, della scuola, intesa come strumento utile per salire i gradini della scala sociale, acquisendo un titolo di studio finale (per il quale l`€™art. 33 prevede un esame di Stato) che abbia valore legale e valore sul mercato del lavoro. Un titolo forte, che tutti i «capaci e meritevoli» possono conquistare.

Sono due i passaggi della proposta Moratti che fanno scoprire questa filosofia sostanzialmente contraria, a mio modo di vedere, allo spirito e alla lettera della nostra Carta Costituzionale e cioè l`€™art. 2 comma c, parte finale, dove si parla di «diritto-dovere alla scuola», e tutto il comma g dello stesso articolo dove si indicano due canali «scolastici» (metto le virgolette perché l`€™aggettivo è del tutto improprio): il sistema dei licei e il sistema della formazione.

Il primo sistema rimane di competenza dello Stato (ma non completamente, come vedremo in seguito); il secondo, in base all`€™art. 117 della Costituzione riscritto con la legge 18.10.2001 n. 3, di competenza esclusiva (apparentemente concorrente) delle Regioni.

La proposta in sintesi

Veniamo al primo punto: l`€™articolo 2 prevede, nei fatti, un sistema primario identico all`€™attuale: tre anni di scuola dell`€™infanzia (non obbligatoria, ma favorita e incentivata); cinque anni di scuola elementare e tre di scuola media (o secondaria di primo grado).

La scuola secondaria di secondo grado, quella liceale, è fatta di due bienni e di un anno finale professionalizzante.

Per la formazione professionale sono previsti tre anni più un quarto e un quinto per chi voglia accedere alla formazione superiore o all`€™università .

La legge assicura due possibilità  di alternanza: fra scuola e lavoro per la formazione professionale e fra formazione professionale e sistema liceale.

Questo sulla carta. Ci ritorneremo.

 

Diritto-dovere, un invito alla fuga?

Ora desidero soffermarmi su quel «diritto-dovere» che vorrebbe cancellare l`€™obbligatorietà  dell`€™istruzione per almeno otto anni, in nome di un vago sentimento illuministico della cittadinanza. Ammesso e non concesso che venga approvata la proposta (anche con modifica dell`€™art. 34 della Costituzione, con tutto quello che ciò comporta di tempi e procedure, compreso un eventuale referendum confermativo), quale sarebbe il risultato? Lo stesso del diritto-dovere previsto per il voto (titolo IV art. 48 della Costituzione): il 25 per cento dei cittadini regolarmente non esercita il diritto-dovere del voto. È questo l`€™obiettivo del ministro Moratti: una fuga anticipata dalla scuola del 25 per cento? Già  si fa fatica oggi a far concludere l`€™obbligo scolastico dei nove anni (uno in più, grazie alla legge 9/1999); figuriamoci se cessa l`€™obbligatorietà .

 

Il doppio canale: Baviera docet

Sul doppio canale, la considerazione che propongo è questa: avete mai visto oggi uno studente dei centri di formazione professionale o degli istituti professionali passare a un liceo con successo e senza difficoltà ? Avrete visto l`€™inverso: uno studente dei licei, bocciato o in gravi difficoltà , passare a un professionale o presso un centro di formazione professionale.

Così avviene, del resto, in Baviera (prendo questo esempio dalla scuola tedesca perché è regionalizzata), dove non esistono che sulla carta i passaggi dalla Realschule al Gymansium (che corrispondono ai nostri due canali). Anzi: il discorso è europeo. Infatti, dove i due canali esistono, si sta cercando una strada per toglierli perché, nei fatti, creano cittadini di serie A e cittadini di serie B: in partenza e senza possibilità  di cambiamenti.

Sapete cosa mi preoccupa ancora di più del tutto? La realtà  di alcuni fatti, e cioè quanto sta già  accadendo nella scuola di Stato: taglio di 40 per cento delle rimesse generali alle singole istituzioni scolastiche, le quali, per il prossimo anno scolastico 2002/2003, dovranno scegliere fra la nomina di supplenti (anche quelli di fatto annuali: per una maternità , ad esempio) e tutte quelle azioni didattiche complementari e integrative che hanno rinnovato la scuola italiana in questi ultimi trent`€™anni.

E il progetto contenuto nel documento Bertagna, che il ministro Moratti ha fatto suo, di ridurre l`€™insegnamento obbligatorio a 25 ore (di cui venti nazionali e cinque regionali), con l`€™aggiunta di 300 ore annue (facoltative) di laboratori per discipline opzionali, quali l`€™Educazione Fisica, Informatica (una delle famose tre «I» della campagna elettore di Berlusconi), Arte, Musica.

In pratica (oltre alla perdita di posti e alla consacrazione di un precariato a tempo indeterminato): la via facile per rendere universale la settimana corta (con gioia degli albergatori e tutti gli altri al seguito), ma corta anche la preparazione dei nostri studenti. Ultima, ma non l`€™ultima preoccupazione: se il terzo anno delle medie è orientativo, significa che lo studente la sua scelta non la fa a 14 anni, ma, se si iscriverà  a cinque anni e mezzo come prevede la Moratti, alla fine della seconda media e cioè a 12-13 anni: non vi pare un po`€™ presto per decidere della propria vita in modo definitivo e drastico.

  

Che ne pensano i genitori: Le riforme: una sfida

Anche i genitori sono coinvolti nel processo di riforme, ne avvertono le difficoltà , ne verificano le resistenze invincibili, ne subiscono i contraccolpi fatti di incertezza, di controversie continue, di insicurezza fino al disorientamento. Basti accennare alla vicenda dei nuovi curricoli che avrebbe dovuto aggiornare i vecchi programmi di studio: si sono arenati sulla linea del traguardo, destinati a essere sostituiti da altri indeterminati piani di studi.

In questo contesto di incertezza l`€™Associazione dei genitori (A.Ge), diffusa in tutte le province italiane ricerca una posizione che si caratterizzi con una propria specificità  e salvaguardi il punto di vista e l`€™apporto insostituibile delle famiglie, al di là  delle interferenze e dei condizionamenti partitici per far emergere una originalità  di apporto e di proposta. La scuola va sottratta alla mera logica degli schieramenti, per diventare una responsabilità  di tutto il Paese, superando le divisioni culturali e ideologiche. In ballo ci sono i ragazzi e il loro futuro che non può essere messo a repentaglio dallo scontrarsi di opposte fazioni.

Per l`€™A.Ge. è compito dei genitori una riflessione equilibrata e spassionata, fedele alla loro primaria responsabilità  nei riguardi dei figli affinché il bene degli alunni sia prima di ogni altro interesse o convenienza di parte. I genitori devono giocare fino in fondo il loro ruolo, in modo organizzato e propositivo: insieme nell`€™avanzare richieste, nel mobilitarsi, nel concretizzare iniziative di miglioramento delle singole scuole per non continuare a subire le riforme dall`€™alto.

Entrando nello specifico delle proposte di riforma ci paiono non pochi gli elementi di novità  e di interesse, ma sono tanti anche quelli che destano contrarietà . Su questo si è pronunciato recentemente il Forum nazionale delle associazioni dei genitori, presenti nella scuola (Fonags), chiarendo i punti di consenso ma anche quelli di dissenso, costruttivo però e senza esasperazioni. Purtroppo quel parere non trova ascolto e pochi lo conoscono perché le associazioni dei genitori in Italia sono piccola cosa e non hanno mezzi per farsi sentire.

Le critiche del Forum delle associazioni

Il Forum delle associazioni dei genitori maggiormente rappresentative non è d`€™accordo sull`€™anticipo della scuola materna e della scuola elementare e sull`€™istituzione del doppio canale dei licei e della formazione professionale.

L`€™anticipo: c`€™è il rischio che venga stravolta l`€™identità  educativa della scuola materna ed elementare, senza rispondere alle effettive esigenze dei bambini. Non si capisce la ragione pedagogica di questo anticipo, pur intuendone le convenienze di tipo organizzativo e assistenziale, ma a scapito di un modello scolastico, che si era confermato tra i più «apprezzati e qualificati a livello internazionale». Perché mettere in forse una scuola che funziona, quando i cambiamenti andrebbero introdotti dove ci sono ritardi e carenze? Non è scontato che le «maestre» siano in grado di seguire correttamente bambini più piccoli, né che possano improvvisare attività  a loro misura. C`€™è invece il pericolo di un «precocismo», a scapito di un insegnamento rispettoso dei tempi di crescita dei bambini.

Non muta il quadro il fatto che l`€™anticipo sia «facoltativo», lasciato alla libera scelta delle famiglie: è evidente che tale libertà  diventa per i genitori una scelta obbligata, imposta da condizionamenti sociali, tipo: il mio bambino è sveglio, perché non anticipare? Se anticipano i Rossi, perché non noi? Meglio, allora, legare la scelta dell`€™anticipo al «parere favorevole degli insegnanti o di qualche esperto» per evitare anticipi indotti più dalle convenienze degli adulti che dalle esigenza dei bambini.

I due percorsi: la scelta tra liceo o formazione professionale che l`€™alunno deve fare al termine della scuola media. Per i genitori deve essere assicurata ai ragazzi una formazione che sviluppi l`€™autonoma capacità  di giudizio e l`€™esercizio della responsabilità , che facilitino a tutti la piena cittadinanza e l`€™inserimento appropriato nel mondo del lavoro. Per evitare che le scelte precoci risultino nei fatti irreversibili, bisogna che nei primi due anni delle superiori si garantisca a tutti una preparazione culturale che faciliti eventuali cambi di indirizzo scolastico. Deve esserci una reale possibilità  di passare da un sistema all`€™altro, e tutti devono poter accedere all`€™università  o all`€™istruzione tecnica superiore. Però, il cambiamento di indirizzo deve essere assistito dalle scuole stesse con apposite iniziative didattiche, che non siano a carico delle famiglie.

Le associazioni insistono, inoltre, sulla necessità  che la «libera scelta delle famiglie» non sia una semplice opzione individualistica, ma esercitata nel contesto della comunità  scolastica, attraverso l`€™accordo formativo tra famiglie e scuola.

In regime di autonomia

Queste sono le proposte di modifica più significative che i genitori hanno avanzato a più riprese per migliorare il disegno di legge delega al Senato, dopo aver coinvolto le associazioni professionali degli insegnanti e contattato il Ministero, il Parlamento, i partiti e le altre realtà  culturali del Paese. Un tentativo di influire sulle scelte dei legislatori, dunque, ma anche impegno nelle singole scuole per migliorare la quotidianità . Le riforme in cantiere si collocano in un contesto diverso dal passato, quando le scuole dipendevano unicamente dal potere centrale. Oggi le scuole sono autonome e sarebbe un grave errore sottovalutare questa opportunità , sopravvalutando compiti e poteri di Parlamento e del Ministero, oggi più limitati e meno incombenti.

L`€™obbligo scolastico in Europa

Austria. L`€™obbligo dura nove anni, dai sei anni ai 15: i primi quattro nella Volkschule, scuola primaria; gli altri nella Hauptschule, secondaria inferiore, o nella Volkschuloberstufe, primaria superiore. Dai 15 ai 19 anni di età  i ragazzi frequentano la scuola secondaria superiore, diversificata per tipologie.

Danimarca. Nove gli anni di obbligo, dai sette anni ai 16. Nella Folkeskole non c`€™è distinzione tra insegnamento primario e secondario inferiore. Dai 16 ai 19/20 anni i ragazzi frequentano il Gymnasium, scuola secondaria superiore, oppure la scuola professionale.

Finlandia. Dieci gli anni di obbligo, dai sette ai 17. Fino ai 16 frequentano la Peruskoulu/Grundskola, scuola polivalente, suddivisa in due cicli: inferiore fino al 6° anno e superiore dal 7° al 9° anno. Il 10° anno è complementare. La secondaria superiore è ripartita in professionale, professionale non universitaria, liceo-ginnasio.

Spagna. L`€™obbligo va dai sei ai 16 anni. Sei anni dura il ciclo primario, Educacià³n primaria, fino ai sedici anni il ciclo secondario, Educacià³n secundaria obligatoria-Eso. Concludono il percorso la scuola secondaria superiore, Bachillerato, oppure livello professionale intermedio.

Francia. Dieci anni di obbligo, dai sei ai 16. Due i cicli: scuola elementare (cinque anni) e college (quattro anni). La secondaria superiore con tre indirizzi `€“ liceo generale, tecnologico, professionale `€“ dura tre anni.

Regno Unito. L`€™obbligo dura 11 anni, dai cinque ai 16. Due cicli di scuola primaria: il primo va dai cinque ai sette anni (infant schools), il secondo dagli otto agli 11 anni (junior schools). La secondaria ha diversi ordinamenti: un ciclo dagli 11 ai 14 anni, poi un altro dai 14 ai 16. La scuola superiore, dai 16 a 18/19 anni, si divide in grammar schools, secondary modern schools, technical schools.

Germania. Dodici gli anni di obbligo, dai sei ai 18. È in vigore, ma ancora per poco, il sistema duale che obbliga a una scelta precoce. Il percorso prevede nove anni di obbligo totale e tre di obbligo parziale, legato alla durata della formazione-lavoro. I primi quattro anni nella Grundschule, scuola primaria; dal 5° al 6° anno nella scuola secondaria inferiore; dal 7° al 10° nella scuola secondaria superiore.

Olanda. Dodici anni di obbligo, dai cinque ai 17. Obbligo completo fino ai 16 anni, tempo parziale per l`€™ultimo anno. Ciclo primario dai quattro-cinque ai 12 anni di età . Segue il ciclo secondario, Voortgezet Onderwijs, dai 12 ai 16/18 anni.

  

Il nostro punto di vista: Chiudiamo i cantieri

Qualsiasi riforma, al di là  dei contenuti e dei programmi, finisce con il mettere in discussione interessi e pigrizie consolidati, camuffati magari da diritti intoccabili. A ciò si aggiungono le posizioni ideologiche, o peggio partitiche. Si pensa che almeno per le riforme della scuola si dovrebbe trovare uno spazio comune, al riparo dallo spirito di rivincita: chi vince, vince tutto; che almeno i programmi culturali dovrebbero avere una loro valenza intrinseca, legati ai bisogni autentici della persona e alle esigenze della formazione umana e professionale. Ma così non è. E la scuola vive ora tensioni contrapposte: l`€™amministrazione è incerta sul da farsi, e negli insegnanti, poco considerati e scarsamente retribuiti, si affievolisce la voglia di fare, le famiglie, disorientate, fuggono dalle responsabilità  nei riguardi di una scuola che percepiscono come troppo complicata e incomprensibile. Probabilmente, allora, prima che sulle alchimie dei cicli e dei percorsi, i riformatori devono puntare sulle persone della scuola, rimotivandole (anche con un più adeguato compenso), curandone il necessario aggiornamento, valorizzando chi più e meglio lavora, dando ai presidi gli strumenti necessari per garantire davvero la qualità  dei propri istituti... Una parola!

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017