SCUOLA. COME I GIOVANI LA VOGLIONO

Dalle Alpi alla Sicilia i giovani sono tutti d’accordo: la scuola così com’è non va, deve essere cambiata. Dall’autonomia agli esami di maturità, dalla riforma della media superiore alla scuola privata... Vecchi problemi mai risolti.
02 Settembre 1996 | di
   
   
I n piedi sui banchi, salutavano il professore che aveva insegnato loro il gusto della ricerca, dello studio e della poesia declamando a voce alta, senza timore, versi liberatori. Sembra lontana l'esperienza fatta dai ragazzi del film L'attimo fuggente a chi vive nelle scuole italiane. Lontano, soprattutto, quel clima di dialogo e di fiducia tra studenti e professori. Nella scorsa primavera, i primi hanno rispolverato i vecchi voti per bocciare metà  dei loro docenti. I secondi, a loro volta, avevano già  inviato una lettera aperta al presidente della repubblica, accusando la scuola di produrre in serie somari senza appello.
Il dibattito aveva registrato dei toni duri, con punte di comicità  irresistibile. Così mentre Angelo Panebianco dichiarava che se si bocciassero le tesi che contengono errori di sintassi o di grammatica, la percentuale dei laureati sarebbe ancora più bassa dell'esiguo attuale 30,7 per cento; e il professor Flavio Manieri, di Roma, raccontava scoraggiato che «il karaoke viene confuso con la letteratura: alcuni studenti sono convinti che i versi de - la nebbia agl'irti colli - siano del cantante Fiorello... povero Carducci...»; gli studenti del Liceo «Giulio Cesare» di Roma dichiaravano che «i professori più giovani esitano di fronte a una versione di Cicerone o a un sonetto di Dante, quando un docente più anziano traduce e spiega gli stessi versi a occhi chiusi», e l''Unione degli studenti, attraverso 12.500 questionari distribuiti in trenta città , dava le pagelle agli insegnanti: più della metà  non raggiungeva la sufficienza.
«Ai miei professori non contesto tanto il livello conoscitivo della materia, quanto la scarsa capacità  che hanno di comunicarla», dice Agnese Iulita, 18 anni, al quinto anno di       Liceo scientifico al «Galileo Ferraris» di Torino. «Molti, tra l'altro, sono completamente disinformati su quelle cose buone che pure ci sono nella scuola, e quindi non le sfruttano: penso al Progetto giovani, ai Pei, alla Carta dei servizi, alla possibilità  di collaborare con il comune e con i privati, di stringere rapporti con altri organismi culturali presenti in città , rendendo così la scuola non solo curricolare ma aperta al territorio».
Sotto accusa, comunque, a parte i professori («hanno grandi problemi come categoria», dice Agnese comprensiva), è la riforma globale del sistema, che «non si può improvvisare, come è stato fatto con l'abolizione degli esami di riparazione e i corsi di recupero, che hanno creato solo scompiglio e non funzionano».
Da Torino a Napoli il discorso non cambia: «I corsi di recupero? Un fallimento». I professori? «Anche se sono preparati, non sono in grado di insegnare», racconta Paola Bottone, 17 anni, al quarto anno di Liceo classico al «Vittorio Emanuele II». «Molti creano un regime autoritario, non ti permettono di scoprirti come persona, non ti ascoltano e sono un ostacolo alla socializzazione». La mancanza di spazi autogestiti a scuola e l'assenza dell'attualità  dai programmi di studio, sono tra le carenze più forti dell'attuale sistema di studi, secondo Paola.
Non va meglio a Catanzaro: «Oltre a mancare le strutture (pochi giorni fa è stato chiuso un edificio perché pericolante), manca il dialogo tra alunni, professori e presidi. Dovrebbero essere più aperti, incontrare noi studenti. Per esempio - suggerisce Irene Ferriolo, 18 anni, Liceo classico - dovremmo poter usufruire delle strutture scolastiche, come palestra e biblioteca, anche di pomeriggio. E invece questo è possibile solo quando c'è l'occupazione». La scuola, dice Irene, è un po' come «la società  in miniatura, solo che è più protetta: proprio perché ci passiamo più tempo che a casa, potrebbe essere veramente uno spazio dove diventare grandi e crescere arricchendosi delle diversità  altrui. Per questo, per esempio, nei programmi recupererei uno spazio per l'educazione civica, che non c'è».
In sintesi, quali sono secondo i ragazzi le urgenze più pressanti? Giandiego Carastro, di Reggio Calabria e Chiara Sancin, di Trieste - i due segretari nazionali del Movimento       studenti di Azione cattolica - tracciano una vera e propria agenda delle cose da fare. Alcune «esistono già  e vanno soltanto meglio definite e collocate in un quadro organico. Altre sono da realizzare di sana pianta».
Al primo posto viene collocato il discorso relativo all'autonomia didattica, organizzativa e finanziaria. «Non tutti la vogliono, ma l'autonomia rimane l'unica soluzione per alleggerire l'istituzione scuola - dice Giandiego - spesso appesantita dal fardello della burocrazia e del centralismo. L'autonomia potrà  essere la cinghia di collegamento tra scuola e comunità  locale».
Altra priorità , dice Chiara, è portare a termine la riforma della secondaria superiore, «vera e propria cenerentola che si aggira da decenni nelle aule parlamentari. Non       appena sembra che il parlamento si appresti a trovare un'intesa per attuarla, ecco che l'incantesimo finisce. L'Ulivo ha promesso di riuscire... speriamo».In concreto vengono elencati come nodi da riformare: l'esame di maturità , i programmi di licei e istituti («è inconcepibile che in quinta non si arrivi a parlare della seconda guerra mondiale»),       l'elevazione dell'obbligo scolastico, il legame con l'università , ma anche un'attenzione a chi decide di non frequentarla, e «per questo è interessante la proposta di creare un sistema di formazione professionale postsecondaria».
Un ampio capitolo dell'ipotetica agenda da presentare al ministro Berlinguer, viene dedicato agli insegnanti: «In Italia si diventa docenti in virtù della laurea, senza avere le conoscenze pedagogiche di base su come insegnare e favorire l'apprendimento degli allievi». Per questo motivo Chiara e Giandiego auspicano «un biennio di specializzazione psicopedagogico per i laureati che vogliono insegnare, e, di seguito, un accompagnamento nel lavoro da parte di un servizio nazionale per la formazione e l'aggiornamento». Va promossa la piena partecipazione dei genitori alla vita della scuola - «alle ultime elezioni per il rinnovo delle cariche di rappresentanza la partecipazione ha oscillato tra il 10 e il 20 per cento» - valorizzando gli strumenti già  esistenti e «istituendo una conferenza permanente dei genitori», dice Giandiego.
Chiara, infine, tocca il nodo della parificazione tra scuola pubblica e scuola privata. «La libertà  delle famiglie di scegliere, non deve più trovare ostacoli e vincoli di tipo economico». Come fare? «È percorribile la strada di un unico sistema nazionale, articolato nel settore pubblico statale e in quello pubblico non statale. Le scuole non statali, per ottenere il riconoscimento dello stato, dovranno assumere gli stessi parametri - nella didattica, nella valutazione, ecc. - delle scuole statali». A questo punto, aggiunge Giandiego, si collega anche la necessità  di creare «un istituto nazionale di valutazione della qualità  delle scuole italiane e della loro efficienza».

Il tempo stringe

Le proposte sono tante e urgenti. Il tempo per realizzarle sembra stringere. Sono tanti i segnali, piccoli e grandi, che in questi ultimi mesi fanno riflettere amaramente: perché se per protestare contro i tagli, tra i docenti c'è chi decide di manifestare, come il professor Francesco Mini, facendo polemicamente il lavavetri nella Capitale, e al Sud gli abbandoni non diminuiscono nonostante le prospettive lavorative non migliorino, nel Nordest la ricerca di manodopera da parte degli imprenditori locali rischia di svuotare le aule degli istituti tecnici e professionali in nome di un boom economico che, una volta finito, lascerà  sul campo, come prime vittime, proprio coloro che, in vista di un guadagno immediato, non hanno completato il ciclo di studi.
Per non parlare del capitolo dei piccoli e grandi affari economici che sono fioriti alle spalle della scuola pubblica: dalle lezioni private, alle scuole di lingua, ai corsi di recupero super rapido. Un sottobosco di piccoli e grandi evasori fiscali, di secondi lavori, che proliferano grazie alla crisi dell'istituzione.

LA SCUOLA DELLE DONNE

Il novecento, secolo delle donne? Si chiedeva con un bel punto interrogativo il salone del libro di Torino. Riguardo alla scuola la risposta è un sì a tutto tondo. Già , perché il dato più significativo di questa ultima parte di secolo è l'ingresso massiccio, e con ottimi risultati, delle ragazze nel mondo dell'istruzione secondaria superiore. In venti anni - dal 1973 al 1993 - l'indice di scolarità  tra i quattordici e i diciott'anni è passato dal 42 al 76,2 per cento.
Oltre a licei e magistrali, dove la presenza femminile sembrerebbe più scontata,       anche quelli che sono tuttora feudi a prevalenza maschile, sono stati occupati lentamente ma con costanza: la presenza femminile è raddoppiata negli istituti tecnici agrari, quasi triplicata negli istituti tecnici professionali industriali; quadruplicata negli istituti per geometri; la perfetta parità  si raggiunge nei licei scientifici e negli istituti tecnici commerciali, che raccolgono il 40 per cento degli iscritti. Presenti da poco, ma già  più brave! Infatti, dulcis in fundo, il tasso di ripetenza delle donne nei tre cicli di studi (elementari, medie, superiori) è la metà  rispetto ai colleghi maschi.
È questo il primo dato che colpisce della ricerca del Cisem (Centro per l'innovazione e la sperimentazione educativa della provincia di Milano) e dell'Unione delle province d'Italia, presentata nel marzo scorso. L'altro dato è meno «rosa» e divertente, perché parla di una scuola dal volto bifronte: da un lato la scolarità  è molto cresciuta, dall'altro gli abbandoni non sono diminuiti. Vale a dire che in tanti entrano nelle aule scolastiche (i quattordicenni iscritti al primo anno superano la soglia del 90 per cento), ma tra ripetenze e abbandoni, in tanti finiscono per non completare il ciclo di studi: circa il 25 per cento ripete o abbandona tra il primo e il secondo anno, il 15 per cento tra il secondo e il terzo.
I dati del Cisem, che si fermano al 1993, spiegano come in venti anni, i valori complessivi non siano mutati. E proprio nel 1993, aggiunge una ricerca Istat sulla       selezione nelle scuole superiori dal 1981 a oggi, sono stati 225 mila gli sconfitti dell'istruzione: giovani che sono andati via senza aver conseguito nessun titolo, diploma o maturità . La selezione è più forte proprio nei corsi considerati meno impegnativi: negli istituti professionali ogni anno viene bocciato il 22 per cento degli studenti, seguono quelli degli istituti tecnici (18,2 per cento), le magistrali e infine i licei, con il 9,3. Negli istituti professionali, dopo il primo anno escono dal sistema il 21,4 per cento degli studenti (24,8 se maschi); agli istituti tecnici, il 15 per cento che diventa il 17 per i maschi.
V.P.

LA CARTA DEI SERVIZI

Parla di regole, intenzioni e diritti che dovrebbero tutelare tutti coloro che gravitano nell'universo scuola. Elaborata lo scorso anno dal ministero della Funzione pubblica, insieme a quello della Pubblica istruzione, la Carta dei servizi tenta di stabilire degli standard di qualità  che ogni istituto deve rispettare. A parte l'obbligo di efficienza su questioni come le attrezzature, l'ambiente scolastico, la libertà  dei docenti, i servizi amministrativi, la Carta regola anche l'area didattica attraverso la scelta dei libri di testo e l'assegnazione dei compiti a casa, e soprattutto imponendo la presentazione di alcuni documenti fondamentali: il Pei (progetto educativo d'istituto), che è elaborato dalle singole scuole e contiene le scelte educative e i criteri di utilizzazione delle risorse; la Programmazione educativa, che è elaborata dal consiglio dei docenti e progetta i percorsi formativi (qui si sono organizzati i corsi di recupero); la Programmazione didattica; il Contratto formativo, che si stabilisce tra il docente, l'allievo e il genitore e che è la dichiarazione esplicita dell'operato della scuola. A parte l'ordinaria attività  degli ispettori ministeriali, per il controllo del rispetto della Carta, si propone una rilevazione dell'andamento dei corsi scolastici tramite un questionario rivolto a genitori, personale e studenti.
V.P.
Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017