Sempre più a servizio della famiglia
Su dieci omicidi avvenuti nel 2005 nell’ambito familiare, sei sono stati commessi tra le mura domestiche. E poi i dati più impressionanti: 1200 vittime in cinque anni; come a dire: un morto ogni due giorni. La famiglia italiana «uccide» più della mafia, quindi. Numeri e commenti provengono dal recentissimo Rapporto Eures-Ansa 2006 sull’omicidio volontario in Italia. La notizia evidentemente è solo una curiosità statistica. Ma, pur nella deformante enfasi scandalistica, richiama la realtà di profondo disagio che sta attraversando l’istituto della famiglia. E un settimanale attento a tali questioni come «Vita», in uno degli ultimi numeri apre in copertina con un «Famiglia bye bye» a caratteri cubitali, sottotitolando: «Il più piccolo e diffuso nucleo sociale in Italia rischia l’estinzione. Non è una provocazione. I numeri lo dicono. Ma non solo i numeri. È un fenomeno di portata probabilmente epocale...».
Insomma la famiglia italiana pare seriamente ammalata: non ha bisogno di semplici aspirine.
Ebbene, di fronte a questa crisi «epocale» che ruolo possono svolgere i consultori familiari di ispirazione cristiana, che da decenni nel nostro Paese studiano e accompagnano i problemi della vita di coppia?
Nuove risposte per nuove esigenze
Era il 15 febbraio 1948 quando, su iniziativa di un coraggioso sacerdote milanese, ex internato nei lager nazisti, don Paolo Liggeri, si apriva a Milano il primo consultorio familiare, «La Casa», impostato sul modello anglosassone. Fin d’allora garantiva consulenze di ordine medico, giuridico, psicologico e morale per fidanzati e sposi, e fin d’allora era «aperto a tutti senza nessuna discriminazione di idee politiche o religiose».
Quella esperienza «vincente» si diffuse gradualmente in tutto il Paese, e nel 1968 gli allora 29 centri si associarono nell’Ucipem (Unione consultori prematrimoniali e matrimoniali). Erano i tempi in cui soffiava forte il vento del Concilio e queste nuove strutture esaltavano l’impegno del laicato cristiano.
Più tardi, nel 1982, su spinta dei vescovi italiani, sarebbe nata anche la «Confederazione italiana dei consultori familiari d’ispirazione cristiana», attualmente la maggiore delle realtà cattoliche associate in questo ambito. Entrambe le associazioni, iscritte al «Forum delle associazioni familiari», si sono contraddistinte per aver svolto nel territorio servizi multidisciplinari di consulenza familiare e lavoro d’équipe, spesso all’avanguardia rispetto ai tempi e agli stessi consultori pubblici nati nel 1975.
I primi corsi per fidanzati, di forte impronta umanistica e plurispecialistica, avevano tutti la firma dei consultori cattolici, prima che la Chiesa italiana rendesse obbligatori gli itinerari di preparazione al matrimonio e li vincolasse alle comunità parrocchiali.
Ma nel frattempo il campo d’intervento dei consultori si era allargato e differenziato.
I sentimenti prima della salute
E adesso? In tempi in cui, tra l’altro, il servizio «pubblico» sta segnando una pesante empasse (anche recentemente il ministro della Salute, Livia Turco, ha sottolineato «il processo di svilimento e di impoverimento dei consultori familiari, particolarmente accentuato negli ultimi tempi»), i consultori di ispirazione cristiana si interrogano sul loro ruolo in una società «sotto assedio» sempre più connotata da «relazioni deboli, liquide», per usare espressioni care al sociologo Zygmunt Bauman. Quale servizio alla coppia e alla famiglia? Quale sostegno alle loro nuove fragilità?
«In questi anni la famiglia e la società sono mutate profondamente. È cambiata la figura del padre e della madre. Modificati completamente i comportamenti sessuali. Poi è arrivata l’epidemia di separazioni e divorzi, un vero terremoto. Per esempio, nella mia città, Parma, su cento matrimoni ci sono 38 divorzi», spiega il professor Beppe Sivelli, psicoterapeuta e presidente dell’Ucipem. «Su questo terreno stiamo lavorando. Se il consumismo ha infettato anche i sentimenti, se nel supermarket della coppia gli slogan più ricorrenti sono “col prossimo marito (o moglie) andrà meglio”, se diminuisce la responsabilità, e l’impegno “per sempre” spaventa sempre di più, credo che il nostro compito oggi sia educare a un nuovo modo di vedere l’altro e noi stessi, un modo libero dal culto narcisista e individualista. Il consultorio deve spiegare che vincere lo stress e l’infelicità quotidiana si può, a patto di arricchire le cose di significati. Deve inoltre suggerire che noi non possiamo star bene da soli».
E le coppie che avvicinano i consultori chiedono esattamente questo: percorsi sull’affettività e sui sentimenti, più che sulle problematiche della sessualità e della contraccezione, precisa Sivelli. «Forse la crisi dei consultori pubblici è dovuta proprio all’aver privilegiato a lungo gli aspetti sanitari, sottovalutando la parte relazionale della coppia. Faccio da tanti anni terapia di coppia e il ringraziamento di chi viene da me è sempre lo stesso: “Grazie per averci aiutato a comunicare tra noi sul serio, a dirci di nuovo ti amo, ad avere pazienza”. A queste persone dobbiamo offrire una possibilità: anche in amore il momento del buio capita sempre. Cos’è un amore se non anche una vulnerabilità condivisa, una delusione superata, un dolore vinto?».
Luogo di promozione della famiglia
Sulle funzioni e la disciplina dei consultori familiari è stata elaborata di recente una proposta di legge all’interno del Forum, che tende a superare l’idea di consultorio come mero erogatore di prestazioni sanitarie per farne un luogo di promozione dei valori e della centralità della famiglia come «fondamentale società naturale», valorizzandone le responsabilità educative. Insomma, un servizio non più «neutrale», ma decisamente schierato rispetto ai valori fondamentali che reggono la famiglia.
Sia l’Ucipem che la Confederazione stanno attraversando una fase di espansione dei servizi e delle strutture.
Il primo, oltre ai tradizionali itinerari per fidanzati, organizza da tempo corsi nelle scuole e occasioni di approfondimento sull’affettività. Da qualche tempo si occupa anche di adozioni internazionali. In Lombardia i consultori familiari che aderiscono alla confederazione (presenti con 43 centri) hanno registrato nel 2006 un incremento del 30 per cento dei servizi accreditati. «In passato erano solo le famiglie più bisognose che si rivolgevano a noi. Ora ci passano tutti, credenti e non credenti. E ci chiedono aiuto soprattutto rispetto al disagio di coppia e ai difficili rapporti con gli adolescenti. Poi vengono le problematiche legate alla sterilità e la mediazione familiare nei casi di separazione e affidamento dei figli» afferma l’avvocato Goffredo Grassani, presidente della Confederazione.
Lombardia 1999: la grande svolta
Momento di svolta nella storia dei consultori associati nella Confederazione è stata l’approvazione della legge n. 23 nel 1999 da parte della Regione Lombardia. Si tratta della prima disposizione in Italia che riconosce lo status di «servizio pubblico» anche agli enti privati senza fine di lucro che operano nella direzione del bene comune, con il conseguente accreditamento dei consultori familiari. Passaggio fondamentale, soprattutto per l’applicazione del principio di sussidiarietà, secondo il quale vengono promosse le azioni delle famiglie e dell’associazionismo a favore del bene comune.
«Questo riconoscimento della corresponsabilità della società civile – continua Grassani – è un processo ancora in atto ed è forse il più importante che abbiamo davanti ai nostri occhi, non solo dal punto di vista giuridico. Come prepararci a questa responsabilità? In questo senso diventano indispensabili la formazione e la qualificazione degli operatori, e in secondo luogo il dialogo tra strutture pubbliche e società civile. I nostri consultori stanno crescendo molto, perché attraverso l’accreditamento è stato possibile coniugare la gratuità del volontariato con la professionalità che necessita questo servizio».
Le sfide del futuro
Che cosa aspettarsi allora dai consultori cattolici? Anzitutto, un ruolo di maggiore prevenzione e aiuto alla famiglia «sana», rispetto a prima, quando il consultorio interveniva quasi esclusivamente sulle patologie.
«Lo stiamo già facendo, potenziando i nostri servizi educativi» sottolinea ancora il presidente. «In questo senso, per esempio, va la recente apertura a Milano, presso l’abbazia di Mirasole, del “Creada”, il Centro di ricerca e intervento sulla relazione educativa adulto-adolescente, promosso assieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore».
La nuova struttura si configurerà come un centro di ricerca di qualità accademica, che risponde alle esigenze di trovare nuove relazioni sia tra famiglia e adolescenti sia tra docenti e adolescenti, e che si pone quale interlocutore riguardo a un tema, quello dell’adolescenza appunto, che coinvolge molti soggetti, dalla famiglia agli oratori, dai servizi sociali dei comuni ai centri di aggregazione giovanile.
«Al centro vengono studiati i casi (cinquecento solo nel primo mese d’attività) segnalati dai nostri operatori, e si formano ricercatori che operino presso i consultori stessi. Insomma, vorremmo che nascessero anche dei poli di ricerca sul territorio. Ma l’altro fronte aperto, convinto come sono che la famiglia non si difenda alle porte della città, è quello della ricerca culturale. Per questo abbiamo anche messo in piedi un dipartimento culturale affidato al filosofo genovese Pier Paolo Ottonello».
Aperti al territorio
Se il consultorio deve diventare sempre più specchio della società, un’altra sfida con la quale fare i conti si chiama multiculturalità e multietnicità. «Dovremo sempre più specializzarci su questo versante – dice Grassani – visto il rapido aumento delle famiglie straniere e miste nel nostro Paese. E penso all’inserimento nei centri della figura del mediatore culturale».
La fragilità dei matrimoni va affrontata con i fidanzati attraverso una forte formazione antropologica: «Vanno educati – conclude il presidente – alla “navigazione della vita”, che spesso assomiglia a un percorso di guerra al quale non sono per nulla allenati. Ci vuole, cioè, ben altro che riaffermare in astratto i valori della fedeltà e dell’indissolubilità. Bisogna aiutare chi si sposa a interrogarsi sui grandi temi della vita, da quella che nasce a quella che declina, sulla solidarietà e la tolleranza. E infine i nostri consultori dovranno creare sempre di più reti di solidarietà. Cioè imparare a essere aperti ai bisogni del territorio dov’è collocato il centro, coniugandolo con ricerca scientifica e culturale della famiglia». Come a dire: un consultorio più «glocal», che studia il mondo ma opera nel quartiere.
ZOOM - L’abc dei consultori cattolici
Unione consultori italiani prematrimoniali e matrimoniali (Ucipem)
Vi aderiscono 76 consultori distribuiti in 16 regioni, con circa 1500 operatori. L’Unione «assume come fondamento e fine del proprio servizio consultoriale la persona umana e la considera, in accordo con la visione evangelica, nella sua unità e nella dinamica delle sue relazioni sociali, familiari e di coppia. L’Ucipem si riferisce alla persona nella sua capacità di amare, ne valorizza la sessualità come dimensione esistenziale di crescita individuale e relazionale, ne potenzia la socialità nelle sue diverse espressioni, ne rispetta le scelte, riconoscendo il primato della coscienza, e favorendone lo sviluppo nella libertà e nella responsabilità morale» (dallo statuto).
Presidente: Beppe Sivelli
Sede: via Lattuada 14, 20135 Milano tel. 02 55189202
Confederazione italiana consultori familiari di ispirazione cristiana (Cfci)
Vi aderiscono 183 consultori in 19 regioni italiane.
«La confederazione è un organismo di volontariato senza fini di lucro, che si propone la promozione e la salvaguardia dei valori della vita, dell’amore e della sessualità, del matrimonio, della famiglia, conformemente all’insegnamento del Magistero della Chiesa Cattolica. Assume iniziative di ricerca e di servizio nel campo della problematica familiare e consultoriale, con particolare attenzione alle persone svantaggiate in ragione delle condizioni familiari; promuove l’istruzione, la formazione e l’aggiornamento degli operatori dei consultori familiari; promuove nel territorio servizi di assistenza sociale e socio-sanitari anche attraverso l’apertura di nuovi consultori; promuove la ricerca scientifica di particolare interesse sociale e la cultura in materia familiare; coordina le attività delle Federazioni regionali aderenti e le rappresenta, in ogni sede nazionale e internazionale» (dallo statuto).
Presidente: Goffredo Grassani
Sede: Largo Francesco Vito 1, 00168 Roma tel. 06 3017820
I NUMERI
1948 : in Italia nasce il primo consultorio familiare. È «La Casa», un centro di chiara matrice cattolica, fondato da don Liggeri, che si occupa di consulenza per fidanzati e sposi.
1968: viene istituito l’Ucipem (Unione consultori italiani prematrimoniali e matrimoniali). Attualmente ha 76 sedi, distribuite in 16 regioni.
1975: con la legge 405 vengono costituiti i consultori familiari pubblici, nei quali lavorano medici, psicologi, pedagogisti e assistenti sociali.
1982: nasce la Confederazione italiana dei consultori familiari d’ispirazione cristiana (Cfci), oggi la più grande delle realtà cattoliche associate in questo ambito. Vi aderiscono 183 consultori in 19 regioni italiane.
L’ESPERIENZA
Brescia: un consultorio «nuovo»
Il consultorio diocesano di Brescia è una struttura innovativa sia per il target al quale si rivolge che per le modalità di lavoro. «Una particolarità – spiega il direttore, don Giorgio Comini – dettata dalle due anime presenti nel servizio: nella stessa struttura si può accedere infatti a uno spazio dedicato ai minori e a uno riservato agli adulti, con figure specifiche per ogni fascia d’età».
La prima novità consiste nel servizio per i minori, dove per minori si intendono non solo gli adolescenti, ma anche i bambini – compresi quelli davvero piccoli – che possono essere già vittime di soprusi e violenze, per i quali sono stati studiati interventi di prevenzione, formazione, consulenza e psicoterapia ad hoc. Pure l’ambiente è stato pensato perché i piccoli ospiti possano sentirsi a loro agio, con un piano coloratissimo tutto dedicato a loro, tavolini, giochi e tanta luce.
La seconda novità è la modalità di intervento: uno staff che raggruppa diversi specialisti (un consulente per ognuna delle quattro differenti aree, un assistente sociale, un pedagogista, uno psicologo, uno psicoterapeuta, uno psichiatra, un neuropsichiatra infantile, un ginecologo, un’ostetrica e un insegnante di metodi naturali per la contraccezione) che lavorano in équipe per riuscire a dare la soluzione più mirata alla richiesta di aiuto.
«L’ossatura dei servizi – continua don Giorgio Comini – è formata proprio dalle quattro macro aree di intervento: formativa, giuridica, medica e psico-sociale. La volontà è quella di promuovere i valori umani e cristiani della persona, del matrimonio, della coppia e della famiglia. Anche il metodo d’intervento, che è un po’ il nostro fiore all’occhiello, vuole prendersi carico della persona nella sua globalità, attraverso un attento lavoro di équipe e una rete di collaborazioni con altri enti e istituzioni, sia pubblici che privati».
«In realtà la storia del consultorio diocesano – racconta monsignor Beschi, vescovo ausiliare di Brescia – inizia da lontano, con il Centro di consulenza e “Spazio Bimbo”. Abbiamo fatto tesoro di questa esperienza la quale necessitava di strumenti più adeguati per rispondere alle richieste di una realtà che è in continua trasformazione. Oggi si parla molto di famiglia, ma c’è un grande divario tra il dire e il fare: il consultorio vuole essere, allora, un segno tangibile e concreto, aperto a tutti. La chiara identità ecclesiale, inoltre, non vuole essere di ostacolo: il nostro consultorio sarà una struttura al servizio di tutti».
Per informazioni: tel. 030 396613; fax 030 3392101
www.consultoriodiocesanobrescia.it
Lucilla Perrini