Siamo il motore del Sud America
Nato a San Giorgio in Bosco, in provincia di Padova, Luigi Pallaro partà per l'Argentina nel 1952 per rimanervi solo sei mesi, ma trovatosi in circostanze favorevoli e consone alla sua professionalità si stabilì in forma permanente. Infatti, due anni dopo l'arrivo era già dirigente di un'impresa d'impiantistica, assieme al fratello; in seguito diede vita al «Grupo Pallaro Hnos» per prodotti elettronici e installazioni automatiche. Realizzatosi come imprenditore, nel 1972 sentì il bisogno di dare una mano all'associazionismo italiano. Erano gli anni in cui nascevano i primi circoli collegati con le associazioni venete che andavano formandosi: «Vicentini», «Bellunesi», «Padovani»...
Il suo impegno associazionistico ebbe diverse tappe: nel 1972 iniziò con la fondazione del Circolo «Padovani nel mondo», con l'appoggio dell'onorevole Storchi; successivamente divenne presidente di una vecchia associazione italiana fondata nel 1912: la «Feditalia». Fu un incarico che lo rese «pellegrino» per dare vita, nella vasta Repubblica argentina, a federazioni, circoscrizioni consolari, regionali e «settoriali», che comprendevano associazioni cattoliche e combattentistiche. Si interessò molto affinché le autorità argentine riconoscessero i Comites e continuò il suo impegno associazionistico come consultore nazionale e come membro della Consulta dell'emigrazione per la Regione del Veneto. Dopo quest'ultima esperienza, rivolse la sua attenzione alla Camera di Commercio italiana di Buenos Aires: ne assunse la presidenza, trasformandola in un grosso centro di servizio. Un successo, questo, che gli meritò la vicepresidenza delle Camere di Commercio italiane del mondo. Ultimamente ha ripreso anche la presidenza di «Feditalia», per stimolare il mondo associazionistico italo-argentino a rivolgere le propria attenzione ai giovani e a renderli consapevoli del retaggio dei padri: un impegno che lo costringe ad essere attivamente presente a diversi incontri organizzati in questi ultimi anni; l'ultimo, organizzato a Paranà (Entre Rios), ha visto la partecipazione di oltre trecento giovani.
Msa. Gli italiani in Argentina che rapporto hanno con la loro terra d'origine ?
Pallaro. Il ministro degli Interni argentino, quando parla di noi dice: «Voi non siete una comunità , ma un Paese». Siamo, infatti, più del cinquanta per cento della popolazione argentina. Seguiamo quotidianamente, attraverso la stampa e la Tv, tutto ciò che succede in Italia, mentre i nostri connazionali residenti nella madre patria, senza un messaggio di ritorno, conoscono poco la realtà argentina e sono fermi allo stereotipo della valigia di cartone. I nostri emigrati, giunti dal 1880 in poi, hanno creato delle situazioni straordinarie, in modo speciale nel mondo associativo: si sono inseriti nella società argentina, hanno concesso che i loro figli frequentassero le scuole e le università , non perdendo mai i contatti con l'Italia. Quando siamo arrivati noi, negli anni Cinquanta, abbiamo cercato di allacciarci con la vecchia emigrazione, stabilire un rapporto con le loro associazioni. Oggi sono 1.066, sparse in tutta l'Argentina e con la sede nelle piazze principali del Paese.
Nel mondo si rincontra un crisi del vecchio associazionismo. È un fenomeno che coinvolge anche le associazioni in Argentina?
Il mondo associativo italiano ha avuto un costante rinnovo: molte sono nate e poi sparite; altre si sono formate con ruoli corrispondenti alle nuove istanze delle comunità . Negli anni Cinquanta, con la nostra venuta, sono sorte associazioni che hanno fondato alcune scuole elementari. Tre di queste sono arrivate a gestire dei corsi universitari; altre sono cresciute nell'ambito della cultura e dello sport, mentre le associazioni mutualistiche, nate per assistere i nostri emigrati, grazie all'impegno assunto dallo Stato per offrire l'assicurazione sociale a tutti i cittadini, hanno perso parte del loro ruolo. Tra queste vecchie associazioni, alcune si sono rinnovate, passando dal mutualismo alla cultura, allo sport, aprendo anche scuole e corsi professionali.
I giovani partecipano alla vita associativa?
Nelle nostre associazioni si è riscontrata, dopo gli anni Settanta, una partecipazione più intensa alla vita della società italiana. C'è un rapporto con la politica nazionale, un interesse per i cambiamenti strutturali, sociali e culturali che hanno dato un nuovo volto alla penisola. Le associazioni, cambiando parte dei loro statuti, sono divenute «centri civici» di formazione dei giovani, per renderli partecipi della vita politica argentina e italiana. È un ruolo formativo, che non vuole trasformare le associazioni in partiti politici, ma in una scuola di democrazia.
Identità significa anche conoscenza della lingua e della cultura della terra d'origine. C'è interesse e diffusione per la lingua e la cultura italiana?
Faccio una premessa: le autorità argentine sono convinte che ognuno deve alimentare le proprie radici e solo così può diventare un buon cittadino. Sulla scia di questa consapevolezza, in Argentina oggi sono 80.000 gli alunni che studiano l'italiano in scuole costruite da noi e gestite dalle nostre associazioni. Inoltre, sulla base di accordi con le autorità argentine, solo a Buenos Aires, 75 scuole pubbliche hanno inserito l'insegnamento dell'italiano. Un'iniziativa che si sta allargando ad altre province dell'Argentina. Si comincia a capire che l'insegnamento dell'italiano, oltre a gratificare tante famiglie, è strategico dal momento che l'Italia ha rapporti commerciali sempre più intensi con l'Argentina.
Il modello Europa, in che modo può essere utile per lo sviluppo del Mercosul? I giovani italo-argentini che vengono in Italia a frequentare dei master, quali prospettive hanno nel mondo imprenditoriale argentino?
La nostra scuola «Cristoforo Colombo» di Buenos Aires di circa mille alunni, dà la possibilità , terminato il Liceo, di iscriversi sia nelle università argentine che in quelle italiane, oltre a immettere nel mercato centinaia di alunni che parlano bene l'italiano. Con le università italiane c'è un rapporto ormai consolidato. Dal 1998, anche l'università di Bologna ha aperto un corso post-lauream per 32 studenti, metà italiani e metà argentini, offrendo a quelli provenienti dall'Italia, la possibilità di frequentare il corso in Argentina, e agli argentini, dopo la frequenza della prima parte del corso a Buenos Aires, di terminare il curriculum a Bologna.
I temi del voto politico in loco e della doppia cittadinanza sono discussi e sentiti dalla comunità italiana?
È dalla prima Conferenza dell'emigrazione, svoltasi a Roma tanti anni fa, che attendiamo il riconoscimento del diritto di voto in loco per i nostri connazionali residenti all'estero. Le lungaggini e i ritardi sono motivati dalla poca sensibilità del legislatore italiano, convinto che le nostre aspettative abbiano solo un carattere nostalgico. Invece, le comunità italiane e soprattutto le nuove generazioni sono interessate a mantenere con la terra d'origine un contatto possibile solo se supportato da una partecipazione attiva alla vita politica italiana. Il voto in loco costituisce un investimento anche per l'Italia che nei suoi figli all'estero ha delle «teste di ponte» in grado di stabilire rapporti di ordine economico e commerciale.
Vede con speranza il futuro dell'Argentina?
Fino a pochi anni fa, in Argentina la velocità era interpretata dal passo del cavallo, però la velocità è cambiata radicalmente sia in questo Paese come in tutto il mondo. Capire questo è fondamentale per ogni calcolo che si voglia fare nei Paesi emergenti. Interpretare bene il fenomeno della velocità è alla base del futuro dell'Argentina. Se facciamo un confronto tra giovani laureati con appena 5 anni di differenza l'uno dall'altro, ci rendiamo conto del ritardo esistente tra loro. La speranza del futuro dell'Argentina è che, sul piano culturale, governi e strutture sociali seguano con serietà quei programmi educativi che, sfortunatamente da molti anni, in questo Paese, sono stati posticipati creando incertezze.