Signori, tocca a voi

Il debito dei paesi poveri non è più una questione di buoni sentimenti, ma un’emergenza planetaria che coinvolge tutti i paesi, ricchi e poveri. Le soluzioni? Ci sono, a patto che non vinca l’interesse di alcuni.
02 Marzo 2000 | di

Ieri un sasso, oggi un macigno. Il debito dei paesi poveri è un fardello che non perdona. Possibile che nessuno abbia pensato di risolvere per tempo il problema? Al contrario, sono stati fatti grandi sforzi per trovare soluzioni! Già  agli inizi degli anni `€™80, tutti gli organismi internazionali e le banche che avevano prestato migliaia di miliardi di dollari ai paesi poveri, si erano accorti che il volume dei debiti era gigantesco, tanto da renderne praticamente impossibile la restituzione. Da allora sono state elaborate più di cento proposte di soluzione. Risultati? Poco o niente. Perché nessuno vuole veramente rinunciare a essere pagato, magari tra molti anni, o ad accumulare interessi da capogiro.
Allora cosa si può fare per uscire da questo incubo? Innanzitutto, va eliminata la leggenda secondo cui la cancellazione di tutti i debiti farebbe crollare l`€™economia mondiale. Niente di più falso. Anche se all`€™inizio degli anni `€™80 alcune grosse banche erano davvero in crisi per aver prestato troppo denaro, trovarono un modo furbissimo per non fallire, anzi, ci guadagnarono ancora di più: accantonarono i loro guadagni, per compensare i debiti, in una voce di bilancio che permetteva di non pagare le tasse sui profitti! Quindi, allora come ora, nessun gigante finanziario rischia nulla, al contrario: hanno guadagnato cifre vergognose con gli interessi da usura .
Cosa serve dunque? Prima di tutto la volontà  politica di restituire la speranza ai popoli disperati. Tecnicamente le soluzioni esistono.
Vediamone alcune.
Occorre l`€™impegno politico dei più ricchi. I paesi più poveri sono indebitati in gran parte con i grossi enti mondiali, come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, le Banche regionali di sviluppo, e con i Governi dei paesi più ricchi. Per annullare il debito basterebbe quindi una decisione dei paesi del G7, i grandi paesi industrializzati, tra cui l`€™Italia, dato che il loro potere politico pesa molto, e coinvolgerebbe automaticamente i grossi creditori internazionali. Non si dovrebbe neanche giustificare la decisione, perché si è già  guadagnato abbondantemente sui crediti concessi, perché i costi della povertà  del Sud stanno spaventando anche il ricco Nord (ad esempio, per le guerre e per l`€™emigrazione clandestina), perché i disastri ambientali procurati al Sud si fanno sentire anche da noi, ecc.
Cancellare i crediti di aiuto. Una parte notevole dei debiti nasce dai cosiddetti «crediti di aiuto», cioè da prestiti concessi per lo sviluppo delle popolazioni locali. In teoria. Peccato che almeno quattro quinti di questi finanziamenti sono «rientrati» nel paese «donatore» con lavori o acquisti per le imprese, stipendi di esperti o altro. Oltretutto, già  da molti anni, era stata decisa la cancellazione di questo tipo di debiti, e a Colonia, nel giugno 1999, lo hanno ribadito i soliti politici di fama mondiale. Si tratterebbe, quindi, di passare ai fatti.
Cancellare i debiti illegittimi. Ancora oggi vale un singolare principio: quando un paese prima sottoposto a un regime dittatoriale o militare elegge un governo democratico, per dimostrare di essere «bravo» deve assolutamente accollarsi i debiti contratti dal regime precedente, se vuole ottenere nuovi prestiti! Forse sarebbe il caso di cancellare, senza neanche doverci discutere sopra, questa parte di debiti assolutamente illegittimi, che hanno tra l`€™altro arricchito i dittatori e i funzionari corrotti con miliardi di tangenti, prodotto guerre con l`€™acquisto di armi, devastato interi territori e tagliato drasticamente le spese di istruzione e sanità .
Cancellare i crediti per i progetti sbagliati. Altrettanto velocemente si dovrebbero eliminare i crediti concessi per realizzare mega-progetti sbagliati, non finiti, che hanno procurato danni incredibili alle popolazioni locali e all`€™ambiente (dighe senza canali, che non portano acqua a nessuno, ospedali irraggiungibili nel deserto`€¦), sui quali, oltretutto, molte imprese del ricco Nord, anche italiane, hanno già  guadagnato soldi a palate.
Imporre regole rigorose all`€™Ance. Per fermare l`€™uso illegale dei prestiti andrebbe fatto un intervento ugualmente deciso verso l`€™Agenzia nazionale dei crediti alle esportazioni, ossia la compagnia di assicurazioni pubblica che garantisce le imprese private, quando vendono i loro prodotti ai paesi poveri (se servono scarpe al Burundi, la società  che le esporta non è sicura di essere pagata, e allora interviene questa speciale assicurazione per rifondere il venditore con soldi pubblici nel caso di mancato pagamento). A questa agenzia il governo dovrebbe imporre criteri rigorosi che impediscano di assicurare con denaro pubblico la vendita di armi o di tecnologie pericolose, di prodotti a prezzi troppo alti o di lusso, le operazioni «oliate» da tangenti o i cui profitti vanno a beneficio delle «famiglie» al potere.
Intervenire sui meccanismi di riduzione e cancellazione del debito. In merito all`€™unica proposta di soluzione attualmente attiva, l`€™Hipc (sigla che significa «Iniziativa per i 41 paesi più più indebitati»), si dovrebbe portare il numero dei paesi ad almeno 52, decidere una cancellazione del 100 per cento (oggi si parla solo di riduzione), concedere le autorizzazioni in un breve giro di mesi (ora dura circa 6 anni!), e, infine, togliere l`€™intera procedura dalle mani del Fondo monetario internazionale, affidando la responsabilità  a un organismo autonomo che conceda subito le agevolazioni ai paesi. Oltretutto il Fmi è lo stesso ente che impone scelte di politica economica che si sono rivelate disastrose per i paesi poveri, come il taglio drastico alle spese sanitarie e di istruzione, o la privatizzazione delle aziende pubbliche, che hanno provocato una nuova «colonizzazione».
Comprare i crediti a maggiore sofferenza. Per convincere le banche private a cancellare i debiti, lo stato potrebbe invece comprare da queste banche i crediti in sofferenza maggiore, con una sorta di svendita pubblica. Già  esiste una forma contorta di «liquidazione» dei crediti peggiori, con sconti fino all`€™85 per cento, perciò le banche sanno benissimo che hanno già  spremuto tutto il possibile e gli conviene disfarsi del problema. In sostanza, sarebbe possibile bloccare la spirale perversa degli interessi con una spesa pubblica molto ridotta.
Gli esempi dimostrano che non si tratta di trovare formule magiche, ma solo di modificare i comportamenti finora adottati verso i paesi del sottosviluppo, nel nostro stesso interesse. La montagna dei 2.600 miliardi di dollari del debito sta schiacciando interi popoli: dobbiamo costringere i poteri politici a ridurla in polvere, consapevoli del fatto che la cancellazione dei debiti è solo l`€™inizio, la condizione minima, ma non sufficiente, per permettere ad alcuni miliardi di persone di avere un futuro.

STORIA

DEBITO ACCETTABILE

Nel 1970 il debito estero complessivo ammonta a 67 miliardi di dollari. È un debito sopportabile, che proviene da donazioni o da prestiti a basso tasso di interesse e a lunga scadenza.

AUMENTA IL PETROLIO

Alla fine del 1973 il prezzo del greggio quadruplica. Tale innalzamento era caldeggiato da tempo dall`€™Opec, l`€™organizzazione dei paesi produttori di petrolio, e dalle «sette sorelle», le multinazionali del petrolio, ma il loro sogno si realizza solo quando gli Usa, preoccupati che il loro petrolio costi di più di quello del Golfo Persico, acconsentono all`€™aumento.

 
 

 

PRESTITI FACILI

L`€™aumento del greggio soffoca i paesi poveri che ne hanno bisogno per lo sviluppo. La montagna di dollari che affluisce nelle tasche dei petrolieri è depositata presso banche private, che fanno a gara per offrire ai pvs denaro

SALE L`€™INFLAZIONE

Tutto sotto controllo fino al 1979. Poi, agli inizi degli anni `€™80 sale l`€™inflazione. Per contenerla, gli Usa aumentano i tassi dal 7,5 per cento del `€™75 al 20 per cento dell`€™81. Il debito, a suo tempo contratto in dollari, diventa pesantissimo. Ora occorre esportare molto di più per ottenere i dollari con cui pagare.

PRESTITI CAPESTRO

Per onorare le scadenze, i paesi poveri ricorrono a nuovi prestiti anche a condizioni capestro. Per esempio, accettando di restituirli a breve termine, quando lo sviluppo richiede ben altro. Le banche trasformano gli interessi non pagati in un nuovo prestito, sul quale vengono fatti pagare nuovi interessi.

 

 

  LE COLPE DEI DEBITORI

I paesi debitori spesso utilizzano male i fondi: opere sbagliate; progetti faraonici rispetto alle esigenze locali; dittatori senza scrupoli esportano all`€™estero ingenti somme di capitali; gran parte dei crediti, si calcola circa 1/3 del debito, viene concessa a condizione che i finanziamenti vengano destinati all`€™acquisto di armamenti nei paesi creditori.

...E QUELLE DEI CREDITORI

I paesi creditori hanno la colpa di elargire i prestiti senza porsi il problema se saranno utilizzati per finanziare regimi dittatoriali, guerre fratricide, falsi progetti di sviluppo.
Anzi spesso i creditori impongono ditte ed esperti del loro paese per le realizzazioni. Nessuno poi considera la solvibilità , cioè la capacità  di ripagare i debiti, dei singoli paesi «beneficiati».

 

 

LA CRISI DEL MESSICO

Nel 1982 esplode la «crisi del debito».
Il Messico, dichiara di non poter pagare il debito. Le banche creditrici vanno in panico e rifinanziano subito il Messico. Temono che si disinneschi il lucroso meccanismo del debito, ma soprattutto che altri paesi dichiarino l`€™impossibilità  di pagare, minacciando l`€™ordine economico mondiale.

FONDO MONETARIO

Di fronte alla crisi, le banche ricorrono al Fondo monetario internazionale (Fmi), a una istituzione cioè all`€™apparenza neutra, in modo che obblighi gli stati poveri a privilegiare i rimborsi e che raccolga risorse finanziarie pubbliche per rifinanziare i paesi in crisi.

 

 

RIGIDE REGOLE

Ma il Fmi, neutro non è. Nato nel dopoguerra per finanziare la ricostruzione, ha una visione occidentale dell`€™economia. Ai paesi che chiedono finanziamenti, il Fmi impone misure capestro: svalutare la moneta locale, liberalizzare i mercati, ridurre la spesa pubblica, privatizzare le imprese statali, eliminare i sussidi sui prodotti essenziali di consumo, aumentare le esportazioni.

CONSEGUENZE DISUMANE

Misure economiche e finanziarie che si traducono in chiusura di imprese, scuole e ospedali, produzione incentrata solo sull`€™esportazione e quindi per nulla attenta alle esigenze alimentari della popolazione, economie debolissime esposte alla concorrenza di economie forti e navigate, perdita del potere d`€™acquisto e disoccupazione. Una completa impossibilità  di sviluppo.

 
 

 

PRIMI TENTATIVI DI SOLUZIONE

Al 1985 risalgono i primi tentativi di trovare qualche forma di alleggerimento (Piano Baker, poi l`€™Iniziativa di Toronto del 1988, il Piano Brady del 1989). Ma è troppo tardi. Nel 1990 il debito è aumentato del 61 per cento rispetto al 1982, mentre i successivi tentativi(i Termini di Londra, Napoli, Lione e l`€™incontro di Colonia del giugno 1999) non riescono a incidere sul meccanismo di crescita dell`€™indebitamento.

HIPC INIZIATIVE
La prima iniziativa nel giusto senso è solo del 1996, la Heavily indebted poor countries initiative (Hipc), prevede misure di cancellazione parziale per i paesi più indebitati. Ma riguarda poco più di 200 miliardi di dollari sui 2300 dell`€™epoca, dei 41 paesi interessati solo 4 sono stati finora ammessi ai benefici previsti e comunque per la concessione definitiva dovranno attendere 6 anni, rispettando le misure imposte dal Fmi e ottenendo buoni risultati economici. Il debito ha raggiunto nel 1998 i 2465 miliardi di dollari e oggi, all`€™inizio del 2000, potrebbe aver superato i 2600 miliardi di dollari.

LA TUA FIRMA È FONDAMENTALE

Nel 1996 è nata in Gran Bretagna Jubilée 2000, la campagna internazionale per la cancellazione del debito, diffusa ora in 60 paesi. In Italia è promossa da «Sdebitarsi», un coordinamento nazionale di Ong e associazioni laiche e cattoliche. Tante più firme riusciremo a raccogliere tanto più grande sarà  la nostra pressione sulle leve dei poteri nazionali e internazionali. Aprofittiamo dell`€™occasione!

Per firmare via Internet:: www.unimondo.org/sdebitarsi

Per informazioni: Tel. 06 57.300.330

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017