Slalom tra gli oriundi
TORINO
Quando, la sera del 25 febbraio di quattro anni fa, al termine della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Salt Lake City, negli Stati Uniti, i riflettori illuminarono la pista ghiacciata su cui comparve il simbolo di Torino 2006, iniziò un sogno fatto di speranze, di impegno e di fatica per tanti giovani atleti azzurri. In pochi giorni, dal 10 al 23 di questo mese, questi ragazzi si giocheranno tutto il loro lungo lavoro di preparazione per la XX edizione dei giochi invernali. Questo appuntamento davvero unico permetterà loro di sperimentare la convivenza, il dialogo e l";incontro con atleti provenienti da culture diverse sulla base del rispetto reciproco, della fratellanza e della correttezza verso gli altri e verso se stessi nel nome dello sport.
Da Cortina a Torino, nel segno della pace
Le Olimpiadi invernali tornano in Italia a cinquant";anni da quelle svoltesi a Cortina nel 1956. Se quei giochi contrassegnarono la rinascita dell";Italia dopo il secondo conflitto mondiale, furono i primi trasmessi dalla televisione, e videro per la prima volta la partecipazione dell";Unione Sovietica. Oggi, in un momento storico dominato ancora da tensioni internazionali, l";importanza dei valori promossi dall";Olimpiade non sono solo parole simboliche o di circostanza, ma rispecchiano un";esigenza sempre più avvertita.
Nell";antichità , la tregua olimpica (l";ekecheiria , cioè l";«alzare le mani») era sacra: veniva proclamata alcuni giorni prima dell";inizio dei giochi, e permetteva agli atleti e ai cittadini di viaggiare attraverso la Grecia per raggiungere Atene senza correre pericoli.
All";inizio degli anni Novanta fu ripresa la tradizione della tregua olimpica, promossa dal Comitato Olimpico Internazionale, e sostenuta dalle Nazioni Unite. «Gli ideali olimpici sono gli stessi delle Nazioni Unite: tolleranza, uguaglianza, fair play e, soprattutto, pace», disse Kofi Annan, segretario generale dell";Onu. In nome della tregua olimpica nel 1992, gli atleti dell";ex-Jugoslavia, mentre il loro Paese si stava smembrando nel sangue, parteciparono alle Olimpiadi di Barcellona indossando solo divise con cinque cerchi, prive di qualunque indicazione relativa alla nazionalità . Nel 1998, in occasione dei giochi invernali di Nagano, ci si appellò alla tregua olimpica per evitare i bombardamenti sull";Iraq; mentre nel 2000, a Sidney, sfilarono per la prima volta, sotto la stessa bandiera, gli atleti delle due Coree.
Il 3 novembre scorso, l";Onu ha approvato la Risoluzione per la tregua olimpica dei Giochi di Torino. «Lo spirito della Risoluzione "; ha sottolineato in quell";occasione Aldo Mantovani, ambasciatore d";Italia a New York "; è stato adeguato alle necessità sempre più pressanti del mondo di oggi: mantenere la pace, promuovere lo sviluppo, stimolare il dialogo, la cooperazione e una maggiore comprensione e solidarietà fra culture e civiltà diverse».
Questo auspicio è stato ripetuto anche dal Papa quando, nel giorno dell";Immacolata, ha benedetto la torcia olimpica, in viaggio verso Torino, spiegando che la fiamma è il simbolo dei valori di pace e di fratellanza che stanno alla base delle Olimpiadi.
Italiani sotto bandiere diverse
I giovani atleti in gara a Torino nei prossimi giorni, misureranno la loro statura umana prima che il loro livello agonistico. Il campo di gara, a ben guardare, potrà mettere alla prova i valori olimpici in modo piuttosto singolare: gli azzurri, infatti, incontreranno sul ghiaccio e sulla neve atleti d";origine italiana che primeggiano in diverse discipline, e gareggiano per i colori dei Paesi in cui sono nati.
Nel bob femminile ci sarà la tedesca Cathleen Martini, 30 anni, nata a Dresda, da tempo ai vertici della specialità , dominatrice della Coppa del mondo nelle ultime tre stagioni e dell";ultimo Campionato mondiale, argento olimpico a Salt Lake City; e l";inglese Nicola Minichiello, 27 anni, di Sheffield, seconda nella scorsa rassegna iridata. Nello skeleton, disciplina poco conosciuta in cui l";atleta si tuffa a pancia in giù e con la testa in avanti su una pista ghiacciata, sta emergendo la canadese Carla Pavan , 30 anni, quest";anno al suo primo successo in Coppa del mondo. Tutti i cognomi di queste ragazze tradiscono la loro origine italiana.
Ma l";asso nella manica dei figli degli italiani nati all";estero sarà la sciatrice Julia Mancuso , 22 anni il marzo prossimo, californiana di origini calabresi, di seconda generazione: ha vinto diversi titoli mondiali juniores, 5 medaglie agli ultimi Campionati americani e 2 medaglie di bronzo, in gigante e in supergigante, ai Mondiali di Bormio, lo scorso anno. Come se non bastasse, Julia non ha difficoltà a dire che vuole tornare da Torino con 3 o 4 medaglie al collo. Insomma uno spauracchio per la nostra valanga rosa, così come per tutte le più temibili avversarie.
Nell";hockey maschile vedremo quasi un derby nello scontro tra Italia e Canada perché la nazionale italiana è composta, almeno per metà , da oriundi nati nel Paese delle foglie d";acero. I nomi degli azzurri lasciano pochi dubbi: dal portiere Jason Mark Muzzatti e dai difensori Andrè Signoretti e Carter Trevisani, agli attaccanti Jo Busillo, capitano della nazionale; Mario Brian Chitarroni, Jason Cirone, Dino Felicetti, John Parco, Giulio Scandella e Anthony Tuzzolino. Anche nello staff azzurro ci sarà un oriundo: Jim Corsi , oggi allenatore dei portieri, per anni bandiera del Varese.
Gli atleti oriundi rappresentano, quindi, una delle espressioni più alte dello spirito olimpico che, per definizione, è contro ogni barriera o confine, in nome della gloria dello sport e dell";onore delle squadre. I più giovani potranno darsi appuntamento di nuovo tra quattro anni: a Vancouver, nella terra in cui sono nati. Quando si spegneranno le luci che hanno illuminato il sogno di Torino, prenderà infatti il via l";avventura che porterà in terra canadese la XXI edizione dei Giochi olimpici invernali.