Sordi: ricomincio
Protagonista insuperato della cosiddetta Commedia all'italiana o, come lui stesso ama definirlo, del Neorealismo a sfondo ironico, Alberto Sordi si accinge a completare la sua Storia di un italiano, con gli anni Ottanta e Novanta, abbinando a brani dei suoi film, un solido repertorio documentario. Un programma quello di Sordi che, a partire da Quei temerari delle macchine volanti fino ai più recenti successi, ricostruisce un secolo di storia d'Italia, raccontata dall'attore romano in chiave artistica, ma soprattutto umana, senza scendere mai a compromessi.
Le occasioni perdute è il titolo del film che segnerà il suo ritorno sul set in primavera. Sordi racconterà le sensazioni e i sentimenti di un settantenne che dopo aver incontrato una giovane donna, scopre di essere ancora in grado di amare.
Msa. C'è qualcosa a cui ha rinunciato nella sua vita?
Sordi. Ho rinunciato a tante cose per il cinematografo. Il matrimonio innanzitutto, non perché io sia contrario anzi, ho detto a molti amici: Sposateve, che è molto bello!... Non mi sono sposato perché questo lavoro non mi ha dato modo di farlo. Per compensazione, sono stato 'sposato' sulla scena tante volte, ma alla fine mi sono sempre detto: Meno male che era solo un film... Ora la mia famiglia è il pubblico. Per tutti sono Albertone; ciò significa che ormai sono di casa dappertutto.
Una delle figure che hanno contato di più nella sua carriera cinematografica, è stata quella di Vittorio De Sica. Che ricordo ne ha?
De Sica fu il primo a capire che io avevo deciso di fare la radio per bruciare i tempi. Col teatro sarebbero dovuti passare almeno trent'anni prima che si accorgessero di me. Feci un programma di successo; De Sica era uno degli ascoltatori. Si accorse subito di me e insieme facemmo il film Mamma mia, che impressione!; poi abbiamo fatto tanti film. Per me era un continuo godimento lavorare con lui. A parte il fatto che la nostra amicizia era basata sulla stima e sull'affetto. Devo dire che mi manca. Però lo sento sempre molto vicino. Qualunque cosa io faccia c'è sempre un riferimento che me lo fa ricordare.
Nel film Nestore, l'ultima corsa, lei appare nelle inconsuete vesti di un vecchio. Da cosa nasce questa attenzione per gli anziani?
Un giorno mi sono svegliato e ho capito di essere vecchio anch'io; non mi sono reso conto del passare degli anni. Così mi sono chiesto: Mo' che faccio, chiudo? Ennò! Così, mentre tutti mi davano premi alla carriera - come pe' dimme: a chiudi o no sta' cariera? - , io, dopo aver interpretato i giovani, i figli, i fidanzati, i padri, ho deciso di rappresentare ciò che mi mancava: gli anziani. Oggi bambini ne nascono pochi, la vita si allunga, e l'ottuagenario è diventato il protagonista della nostra epoca. Ci sono tante categorie di anziani. Io sono partito da uno debole e indifeso. Così è nato il film Nestore, l'ultima corsa: la storia di un vetturino romano che ha fatto la guerra, contribuito alla società portando a spasso i turisti; si è fatto una famiglia, ha cresciuto dei figli... Alla fine, lui viene destinato all'ospizio, e il suo cavallo, dopo tanti anni di fedele servizio, al mattatoio. Oggi molte famiglie sono accomunate dal fatto di mettere gli anziani all'ospizio. Frequento da tempo questi posti. Incontro gli anziani, parlo con loro; tanti avrebbero bisogno di starsene a casa con i figli e i nipoti; molti sono ancora in forma.
Cosa rimprovera agli italiani?
Oggi la gente non parla, non si confronta, non commenta. Bisognerebbe ragionare di più. Il consumismo ci fa vivere a un ritmo tale che non ci dà neppure più il tempo di riflettere. Se si ritornasse a vivere più umanamente, certe crudeltà non si commetterebbero. Si accettano le mode. Dai giovani ai vecchi, tutti sono influenzati da una televisione che stabilisce il nostro modo di vivere. Che società è la nostra? Dobbiamo tendere la mano a chi ha bisogno, non chiuderci tra le quattro mura della famiglia, senza pensare al prossimo.
La rivedremo presto al cinema?
Sto preparando un altro film su un anziano di un'altra categoria. Questa volta è uno un po' ingrillato. Insomma non mi fermo. A Venezia ho detto: non crediate che con questo Leone alla carriera io chiuda. Voi mi state spingendo, è un incitamento, perché io ne comincio un'altra: faccio na' serie de vecchi da fa' impallidì.