Sputnik: la prima cosa lanciata su che non cadde giù
Quella sera tutto il mondo restò col naso all’aria. Era il 4 ottobre dell’anno 1957. Per la prima volta nella storia dell’umanità, osservando il cielo e contando le stelle, ci si poteva accorgere che ce n’era una in più. Era una stellina luminosissima, che sembrava scivolare tra gli astri e le costellazioni che la mano di Dio aveva collocato da migliaia di millenni nel firmamento. Ma questa piccola stella nella volta celeste ce l’aveva messa l’uomo. Com’era potuto accadere? L’emozione fu grandissima e molti rimasero turbati. Proprio l’Unione Sovietica, il Paese guida del comunismo ateo, sembrava sfidare l’opera di Dio cambiando per sempre la faccia al cielo notturno… Lo Sputnik lanciato dai russi − il suo nome vuol dire «compagno di viaggio» − era poco più grande d’un pallone da calcio, viaggiava a un’altezza tra i duecentocinquanta e i novecento chilometri e compiva un’orbita attorno alla terra ogni ora e mezzo. E questi dati, letti oggi, ci commuovono se pensiamo che da allora sono stati lanciati nello spazio più di seimila satelliti, di cui più di tremila ancora in orbita, oltre a centinaia di sonde per l’esplorazione di altri pianeti, astronavi, navette, e che dodici anni dopo lo Sputnik gli americani hanno messo piede sulla luna. Eppure oggi, a cinquant’anni da quell’attimo di sbalordimento, avendo potuto compiere altri enormi progressi in tutti i rami della scienza, l’uomo si sente molto più vicino a Dio. Forse perché ha capito che la scienza, come un tempo l’arte, la musica, la poesia, è un altro grande dono con cui Dio gli permette di compiere il suo viaggio nell’universo creato.