Stati Uniti. «Io, stregato dal computer»

16 Gennaio 2012 | di

Chi pensa che il detto «Unire l’utile al dilettevole» – specie nel campo del lavoro – sia pura illusione dovrà ricredersi. Certo, venire pagati per un lavoro che saremmo disposti a fare gratis è un lusso riservato a pochi. Quando però talento e determinazione non mancano, prima o poi l’obiettivo viene raggiunto. Il mio amore per l’informatica risale all’inizio degli anni ’80, quando in Italia cominciò a diffondersi il Commodore 64, uno dei primi home computer accessibili al pubblico. Ben distante da un normale strumento di gioco, quel misterioso apparecchio poteva eseguire migliaia di calcoli al secondo: l’unico limite era dato dalla fantasia. Ricordo che passavo notti intere a generare immagini digitali di sfere trasparenti che si riflettevano su un pavimento a scacchi. Altre volte rimanevo incantato di fronte ai disegni astratti, creati da certe formule trigonometriche iterate migliaia di volte.
I miei genitori si domandavano se fosse davvero necessario sprecare energie in cose tanto astratte, invece di investirle nello studio. Naturalmente dal loro punto di vista avevano ragione. Ciononostante, si sono sempre fidati del mio istinto, supportando anche le scelte più strane. Del resto, chi avrebbe detto che quell’esercizio così superficiale mi avrebbe condotto a uno dei più affascinanti mestieri che esistano oggi, il visual effect artist?

Romano di nascita (classe 1972), ma genovese di adozione, mi trasferii nella capitale ligure con la famiglia a otto anni. In età universitaria optai per la Facoltà di Ingegneria. Cinque anni più tardi, uno studio di videogiochi, dopo aver notato alcuni miei esperimenti di computer grafica, mi commissionò la realizzazione del video di un gioco sul calcio. Seguirono altre collaborazioni, quindi l’assunzione in uno studio di Tortona. L’anno successivo prestai servizio civile, per poi trasferirmi a Lugano, dove una piccola casa di produzioni televisive mi assunse con un contratto a tempo indeterminato. Fu un vero trampolino di lancio. Grazie a questa esperienza durata cinque anni, mi avvicinai al mondo della pubblicità: se lo spot Ceres Chen vinse il premio Key Awards nel 2006 il merito, in parte, è anche mio. Ma l’avventura che più di tutte ha rivoluzionato la mia carriera rimane quella australiana: a Sydney ho lavorato al film Happy Feet (vincitore del Premio Oscar come miglior film di animazione nel 2006). Da lì sono volato a Londra: due anni intensi in cui mi sono diviso tra le pellicole Batman, the dark knight (secondo classificato agli Oscar per i migliori effetti speciali nel 2008), Le avventure del topino Despereaux, e La bussola d’oro (Premio Oscar per i migliori effetti speciali nel 2007). L’esperienza accumulata negli anni mi ha permesso nel 2008 di approdare alla casa di produzioni DreamWorks animation, a Los Angeles, dove ancora oggi – grazie al fedele supporto del computer – traduco in immagini la mia fantasia.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017