Stati Uniti. Louis, l’indistruttibile

20 Marzo 2015 | di

L’ultimo film di Angelina Jolie, Unbroken, ha recentemente portato alla ribalta la storia eccezionale di un grande atleta italoamericano: Louis Zamperini. Suo padre Antonio, originario di Castelletto di Brenzone (VR), era emigrato nel 1903, ad appena 14 anni, per riunirsi con i fratelli Francesco, Giovanni e Angelo, residenti a New York in uno dei tanti tenements, i condomini-ghetto in cui gli italiani vivevano ammassati in attesa di un lavoro dignitoso. Louis nacque ad Olean (NY) nel 1917, dal matrimonio tra Antonio e Luisa Dossi, un’italiana originaria di Pesina di Caprino Veronese; ma è Torrance in California la città della sua infanzia e della sua adolescenza turbolenta. Louis, infatti, finiva spesso nei guai. Le difficoltà con la lingua inglese lo esponevano alle angherie dei coetanei anglosassoni. La sua era la tipica famiglia di emigranti: «In casa mia si parlava e si mangiava secondo gli usi italiani – spiegava Louis –. Mio padre era molto severo nell’educazione, ma capace anche di grande affetto». E fu proprio il padre che provò a riscattarlo, insegnandogli i rudimenti della boxe senza successo. Il fratello Pete, invece, discreto podista, gli fece amare la corsa, che divenne la sua arma di riscatto.

«Quando correvo – spiegava Louis – volevo distinguermi, odiavo essere invisibile per il solo fatto di essere un immigrato italiano». In poco tempo divenne l’idolo di Torrance. Nel mezzofondo sgretolò gli avversari, tanto da stabilire il record di 4 minuti, 21 secondi e 9 decimi sulla distanza del miglio. Partecipò, inoltre, alle Olimpiadi di Berlino del 1936, presentandosi come il più giovane mezzofondista della squadra statunitense dell’epoca. Nella gara cruciale, però, arrivò ottavo, tradito proprio dalla sua acerba esuberanza. L’entrata in guerra degli Stati Uniti cambiò per sempre la sua vita.

Arruolato in aviazione, precipitò con l’aereo nell’Oceano Pacifico. Louis si salvò insieme a due compagni. Insieme resistettero in mare per oltre un mese, ma furono fatti prigionieri dai giapponesi nelle isole Marshall. Nel campo di prigionia di Ofuna il mezzofondista conobbe il sadismo del sergente Mutsuhiro Watanabe, famigerato aguzzino. «I miei carcerieri sapevano chi ero – ricordava l’ex soldato – e si divertivano a farmi gareggiare con loro dopo giorni e giorni di digiuno». L’incubo finì due anni dopo, ma il ritorno alla vita quotidiana fu altrettanto traumatico tanto che Louis entrò nella spirale dell’alcol.

Sposatosi con Cynthia Applewhite, imparò da lei quanta forza possa dare la fede e il potere taumaturgico del perdono. L’ex mezzofondista tornò in Giappone per fare visita ai soldati nipponici che avevano compiuto crimini nel corso della guerra ed espresse il suo perdono, abbracciandoli senza distinzione. Nel 1954 fondò il Victory Boys Camo, un campeggio in cui accoglieva e salvava ragazzi a rischio. Il 1998 gli regalò una grande soddisfazione. Il ragazzo che aveva stupito tutti a Berlino, a 80 anni tornò a correre in Giappone con la fiaccola olimpica in mano (Olimpiadi di Nagano). E con una speranza nel cuore: quella di abbracciare finalmente il suo aguzzino Watanabe che, però, rifiutò l’invito. L’incontro con la scrittrice Laura Hillenbrand, il lungo lavoro per la pubblicazione di un libro, la casuale amicizia con Angelina Jolie e il conseguente progetto cinematografico, insieme alla nomina a Gran maresciallo della Rose Parade di Pasadena, hanno riempito i suoi ultimi anni di vita, vissuti giorno dopo giorno con la consapevolezza che «tutto accade per una ragione e a fin di bene». È morto il 2 luglio 2014, a pochi mesi dall’uscita del film, consegnando alla memoria la storia di un uomo che non si è mai fatto sopraffare dal male. Appassionato testimone di resilienza e perdono. 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017