Stati Uniti. Novant’anni di sacchesi

22 Novembre 2013 | di

Novant’anni di tradizioni: è il traguardo che l’Associazione sacchesi d’America ha recentemente superato a Whitestone, nel Queens (New York). Fondata da un gruppo di emigrati originari di Sacco – paesino del salernitano – con l’intento di mantenere vive e tramandare le tradizioni e la cultura del proprio paese d’origine, l’Associazione oggi conta trecento iscritti residenti nella Grande Mela. Negli anni il club ha saputo garantire ai suoi membri supporto e solidarietà, grazie anche alla collaborazione di Acli, patronati e realtà missionarie.

«Oggi la maggioranza dei nostri soci è anziana – racconta Benny Polito, presidente dell’Associazione sacchesi d’America –. Ciononostante, queste persone sono sempre più desiderose di stare unite, di frequentare la sede, di leggere le pubblicazioni che parlano di Sacco». Per i suoi membri, dunque, il club di Whitestone è divenuto quasi una seconda casa. Al numero 12-24 della 149th street numerosi sono gli incontri serali dedicati all’organizzazione di feste religiose e all’accoglienza di ospiti più o meno autorevoli. Insieme i sacchesi d’America riflettono sui temi della quotidianità, programmano gite e picnic estivi, pellegrinaggi, anniversari e celebrazioni rituali.

Tra gli appuntamenti più rilevanti ci sono la processione in onore della Madonna degli angeli, la celebrazione in memoria dei defunti, la festa del ringraziamento e quella della «Befana» (Epifania). «Fiore all’occhiello dei Sacchesi d’America è il Natale, vissuto nelle memorie e attraverso le celebrazioni del paese d’origine – continua Lucia Salomone, presidente della sezione femminile dell’Associazione –. Attraverso i presepi allestiti sia al club che nelle case degli associati, la nascita di Gesù sollecita all’accoglienza gioiosa di chi, spinto dal bisogno, bussa alla nostra porta».

Se è vero che il Natale è la festa della tenerezza, della bontà e della famiglia, il presepio che lo rappresenta non incarna soltanto un’identità religiosa e culturale, ma è anche simbolo di fraternità e solidarietà. «Bisogna imparare ad amare per essere amati, così come ad accettare per essere accettati – continua Lucia Salomone –. Il bimbo che nascendo non trova posto nelle case degli uomini e viene accolto dalla mangiatoia rivive nell’emigrante che chiede asilo e ospitalità a una patria non sua». Nel parallelo con la storia di Gesù il «fenomeno emigrazione» si carica di significato: se è vero che nel corso della storia ha cambiato il destino di migliaia di persone, chi meglio dei sacchesi trapiantati in America può testimoniarlo? Coniugando la cultura del vecchio Paese d’origine con quella della nuova patria di adozione, questi emigrati dal sangue salernitano hanno forgiato un popolo nuovo, impegnato nella vita comunitaria come in quella familiare, attivo nel lavoro e partecipe in chiesa. «Ciò che soprattutto intendiamo inculcare nelle menti e nei cuori dei giovani che frequentano il nostro club è il fascino del paese da cui proveniamo – conclude un membro dell’Associazione sacchesi d’America –. Un paese, Sacco, fatto di storia, di cultura e di civiltà».


Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017