Stati Uniti. A scuola d’Italia
Massimo Veccia stringe la mano a ognuno dei suoi alunni, studenti innamorati dell’Italia, che arrivano alla sede di Learnitaly New York, la prima scuola del suo gruppo. Si trova nel centro di Manhattan, vicino a Herald Square, a due passi dal centro commerciale Macy’s. Basta affacciarsi alla finestra, per venire contagiati dall’energia di New York. «A Learnitaly non si viene solo a imparare la lingua – ci dice durante un evento culturale in cui offrono taralli e vino – ma per fare il proprio ingresso in Italia, senza prendere l’aereo o timbrare il passaporto».
Massimo ha girato il mondo facendo il musicista, poi ha deciso di continuare sulle orme del padre, cioè nella didattica e nella cultura. Così ha preso un aereo, e dopo aver visitato il Canada, è atterrato a New York: «Sono subito stato contagiato dall’entusiasmo di questa città. Chi viene a New York sente che nell’aria c’è qualcosa che permette di realizzare i propri sogni. Non ci ho pensato su troppo, e ho aperto questa scuola. E fin dall’inizio, dal primo momento, sono arrivate le richieste. Io non credevo ci fosse tanto interesse per la cultura italiana. Ma poi ho capito: non si tratta di imparare una lingua, ma di entrare in un sogno, in uno stile di vita, nella Dolce vita di Fellini, di Anita Ekberg che si immerge nella fontana di Trevi… Quella – dice indicando l’ingresso della scuola – è una porta magica: apri e ti ritrovi in Italia. Siamo partiti con soli sei alunni, e col tempo siamo cresciuti sempre di più. Il nostro segreto? Gli insegnanti sono tutti italiani, ma non solo, sono innamorati dell’Italia, perché bisogna trasmettere la forza della passione».
All’inizio Learnitaly era solo una scuola, adesso è diventata una rete di scuole sparse in tutto il mondo, tra cui Miami, Londra, New York e La Plata in Argentina. Ad esse vanno aggiunte le tante sedi italiane: Puglia, Toscana, Lazio. Gli studenti studiano l’italiano per le ragioni più varie. Claudia è peruviana e lo impara perché ha sempre sognato di avere un fidanzato italiano; Raji lo studia per lavoro. «Per lo più, la gente si avvicina all’italiano non per l’utilità, ma per la bellezza, così come farebbe per la Gioconda di Leonardo o la Cappella Sistina. E ciò fa la differenza». Non è un mistero, infatti, che chi studia inglese è interessato alla lingua, ai suoi risvolti lavorativi, e magari non gli importa nulla dell’Inghilterra o degli Stati Uniti; chi vuole studiare l’italiano invece ama l’Italia. Punto. E Massimo Veccia è d’accordo: «Dalla lingua, l’allievo passa spesso alla cucina, al viaggio a Roma, a Firenze o verso mete più piccole, ma suggestive come Bologna. Poi l’interesse può aprirsi all’acquisto di un vestito italiano o di un oggetto di design. La lingua diventa così uno strumento di promozione e sviluppo di tutto un sistema» conclude Massimo. E manda giù l’ultimo sorso di Chianti.