Stivale Valley
SAN FRANCISCO
Il console generale d";Italia a San Francisco, Francesco Sciortino, proviene da Palermo ed è quindi un siciliano «doc» come tanti corregionali residenti negli Stati della California e di Washington. La sua carriera al Ministero degli Esteri si è svolta in buona parte in Africa, in Medio Oriente e in Asia. Prima di essere inviato a San Francisco, in un momento impegnativo e con un ruolo particolarmente delicato, è stato per 4 anni ambasciatore in Somalia. La giurisdizione territoriale del consolato di San Francisco comprende la California settentrionale, gli Stati dell";Alaska, di Washington, Idaho, Montana, Oregon, Utah, oltre alle Hawaii e ai territori d";amministrazione fiduciaria delle Isole Caroline, Yap e Marianne. È un immenso territorio, dieci volte più esteso dell";Italia, raggiunto dagli italiani in un periodo storico successivo all";arrivo sulla costa orientale. In parte si tratta di connazionali giunti non più tardi dell";inizio del secolo scorso e, in parte, di italiani che dopo essere sbarcati a New York, nelle generazioni successive si sono spostati nel Far West, dove c";erano possibilità lavorative più interessanti.
Msa. Ci sono difficoltà di rapporti con gli enti federali e statali americani?
Sciortino. Per quanto riguarda il Consolato e le collettività italiane residenti nella circoscrizione, i rapporti con le autorità "; ad eccezione del momento storico costituito dalla Seconda guerra mondiale "; sono sempre stati e sono tuttora ottimi. Prova ne sia che San Francisco ha avuto tre sindaci d";origine italiana nelle fasi di maggior sviluppo della città : Angelo Rossi, Joseph Alioto e George Moscone a cui è dedicato il grande centro di conferenze nel cuore della città . Anche nelle recenti elezioni, due candidati al ruolo di sindaco erano italoamericani.
La California sta vivendo un crescente fenomeno di ispanizzazione che metterà a repentaglio il tradizionale primato della lingua anglosassone. Crede che in questo contesto la lingua cugina italiana possa avere più spazio?
Che lo studio dell";italiano in America sia destinato a crescere ne è prova l";accordo raggiunto recentemente tra Italia e Stati Uniti per l";introduzione dell";italiano nei programmi dell";High School: il liceo americano, in cui finora erano ammessi solo spagnolo, francese e tedesco. A differenza, però, dello spagnolo, che acquista un ruolo sempre più ampio come lingua di utilizzo giornaliero, l";italiano mantiene un suo ruolo di lingua di cultura. Oggi gli italoamericani, che in passato per accelerare il processo di americanizzazione avevano spinto i loro figli a dimenticare l";italiano, si sentono orgogliosi di manifestare le loro origini, e spingono i figli e i nipoti a imparare la lingua dei padri. Oltre a loro, anche molti californiani, che hanno un livello di vita molto elevato, desiderano conoscere il nostro Paese e amano approfondire la nostra cultura imparando la lingua italiana.
L";incremento di corsi di lingua e cultura italiana è un fenomeno passeggero o una strada nuova che si sta aprendo nel tessuto sociale e culturale che permea le giovani generazioni di americani?
Io credo che non sia un fenomeno passeggero, ma che ci sia un crescente interesse verso la vecchia Europa dove l";Italia ha una posizione particolare per il suo patrimonio artistico e culturale e per le doti dei suoi cittadini. Tanti americani mi dicono: «Visitando la Francia o la Gran Bretagna ci sentiamo dei corpi estranei. Quando invece siamo in Italia ci sentiamo subito parte dell";ambiente». Il modo in cui gli italiani accolgono lo straniero è indubbiamente uno dei maggiori elementi d";attrazione.
Cultura e affari. Lei crede che questo binomio possa essere la chiave di volta per avvicinare il mondo economico e imprenditoriale di Stati Uniti e Italia?
Ritengo che la nostra cultura e la nostra civiltà siano qualcosa che in Italia fa parte della vita quotidiana. Come il grande design italiano viene fuori da secoli di cultura artistica e artigianale, così tutto quel che l";Italia ha prodotto nei secoli ha dei frutti in quello che il nostro Paese è oggi. Credo quindi che sottolineare il collegamento tra la nostra cultura e la nostra civiltà e quello che l";Italia fa e produce oggi, sia un elemento sul quale bisogna basarsi. Qui in California io cerco, per quanto possibile, di presentare insieme i due aspetti, per esempio: i mosaici romani e le piastrelle da cucina prodotte oggi in Italia, che senza dubbio risentono di tutta l";esperienza secolare. L";abbinamento quindi tra cultura ed economia è un qualcosa su cui l";Italia deve sempre puntare.
Molti laureati italiani lavorano in aziende o università della California. Lei prevede che questo fenomeno continuerà o che si possa ipotizzare un ritorno in Europa delle nostre menti migliori?
In California risiedono oggi molte menti italiane di altissimo livello, anche nei campi più avanzati. Pensiamo a Federico Faggin, che alla Intel ha dato il via al grande sviluppo dei microprocessori; oppure al giovane Napoleone Ferrara, che al Geneteck ha appena messo a punto un nuovo trattamento per la cura di una forma di cancro, cura che appare estremamente interessante per gli sviluppi futuri. Sono cervelli che, nei campi della ricerca, sono tra i più attivi e i più importanti della California. Non sarà facile, in tempi brevi, pensare che ci possa essere un riflusso verso l";Italia, perché le condizioni della ricerca scientifica e dell";economia del nostro Paese non offrono le prospettive della California. La strada su cui lavoriamo è allora quella di fare in modo che questi cervelli italiani, residenti in California, siano una testa di ponte per sviluppare rapporti con l";Italia. Cerchiamo per esempio di portare universitari italiani a fare degli stage nelle imprese italiane della Sylicon Valley; di stabilire collegamenti con la «Etna Valley» siciliana, dove abbiamo un polo informatico in grande sviluppo. In questo modo, i nostri scienziati diventano un canale di rapporti che può essere benefico per l";Italia e può avere risvolti interessanti anche per la California.
Ritiene che si possa parlare di una lobby italica affacciata sul Pacifico e sull";Asia?
Credo che gli italiani non siano interessati a formare delle lobby, anche se potrebbero avere un peso politico anche maggiore di quello che hanno in realtà . Li vedo infatti ben integrati nel tessuto sociale californiano e, senza costituirsi come gruppo, sono in grado di avere un";influenza e un";importanza rilevanti. Forse sarebbe utile favorire la creazione di lobby, com";è avvenuto quando, con la Niaf, si è costituito un consiglio degli italiani della Sylicon Valley. Messi insieme, possono effettivamente avere un peso rilevante nelle questioni della California stessa.
Rivolgendo l";attenzione alla nostra comunità , quali sono le più significative espressioni d";italianità ?
Qui a San Francisco è molto sentito il Columbus Day, la manifestazione che riunisce e attrae tutta la comunità italiana. Tutte le altre iniziative hanno invece un carattere regionale e sono mantenute in vita dalle varie collettività legate alla loro terra d";origine. Solo a San Francisco e nell";area immediatamente vicina, ci sono una settantina di associazioni legate alle province e alle regioni italiane: come la Lucchesi nel mondo che aggrega più di 200 membri, la Comunità dei siciliani di Monterey o dei Liguri. È un mondo italiano ancora vivace che mantiene in vita le culture e le tradizioni delle regioni italiane. Alcune associazioni sono filiali di realtà a carattere nazionale, come la Niaf, i Sons of Italy o i Toscani della California, collegati ai loro corregionali di Chicago o di Toronto. Tutto questo costituisce un tessuto che mantiene in vita le caratteristiche della nostra identità , che in parte sono entrate a far parte della civiltà americana. Esse probabilmente potranno essere utili anche in futuro, per evitare che il mondo americano prenda certe strade molto lontane dalla civiltà e dai valori che gli italiani hanno portato in questo Paese.