Strappato per i capelli al gorgo della malavita
Sergej ha 15 anni. Fino a qualche mese fa lo avresti potuto incontrare alla stazione di Kyiv, (Kiev è la versione russofona) a dormire sulle panchine, a elemosinare qualche grivnya, o a scippare qualche vecchia per farsi una sniffata di colla, la droga degli straccioni, che non ti fa più sentire il freddo, la fame il dolore; che ferma tutto attorno a te, come ti racconta il ragazzo ucraino. In casa non ci voleva più stare, la madre lo picchiava, e allora, inferno per inferno, è scappato via, e ha scelto la strada e i suoi demoni. È ricercato dalla polizia, ma ora ha trovato un rifugio e qualcuno che s'è preso a cuore la sua adolescenza difficile: è ospite di una delle prime comunità di recupero di ragazzi di strada aperte a Kiev, dall'associazionecristiana Cuore aperto.
Noi avviciniamo i giovani di cui nessuno vuole prendersi cura: ragazzi che vivono in strada anche da cinque-sei anni, che la polizia magari ha catturato e affidato più volte agli orfanotrofi, dai quali, però, sono evasi regolarmente, spiega Nikolay Kuleba, il direttore della casa, ex manager in un'azienda chimica, ora impegnato a tempo pieno per il recupero di questi ragazzi.
Qui, nell'angusto appartamento di un modesto condominio del quartiere periferico di Goloseevsky, alloggiano una decina di minori, ma un'altra trentina arrivano ogni mattina per mangiare e studiare. I volontari li accompagnano alle visite mediche, li vestono, e cercano per loro un'occupazione. In casa vige una regola ferrea: basta con la colla. Dopo pranzo, per tutti, mezz'ora di Bibbia.
C'è chi non ce la fa - spiega Kuleba -. Una ragazza quattordicenne è appena stata allontanata dalla comunità . Aveva venduto una bambina di dieci anni a un cliente per 10 grivnye. Purtroppo accade spesso: le ragazze si prostituiscono presto e insegnano il mestiere alle più giovani.
Sergej è stato acciuffato per i capelli da una mano amica prima di affogare nel gorgo della malavita; ma tanti altri Sergej stanno ancora lì. Kiev, la grande capitale dell'Ucraina, quasi tre milioni di abitanti, è la madre di tutte le città russe, ma è anche la matrigna che raccatta questi figli di nessuno che provengono da ogni parte del Paese, prede facili delle reti pedofile, del mercato clandestino delle adozioni e della prostituzione, come ha denunciato Save the Children nel suo ultimo Rapporto sulla tratta dei minori. Secondo Kuleba, i bambini di strada, nella capitale, sono almeno cinquemila, ma c'è chi dice molto più del doppio. Hanno la stessa malinconia negli occhi e lo stesso destino segnato degli street kids rumeni, ma, a differenza dei ragazzi delle fogne di Bucarest, di loro non si occupa nessuna tv o giornale occidentale. Figli, anche in questo, di un Dio minore.
Ne avvicino un gruppo alla stazione ferroviaria della Riva sinistra. Victoria, giacca a vento sudicia, un cappellaccio di lana e tracce di smalto rosa alle unghie, ha compiuto 16 anni in uno degli anfratti della metro: A casa non torno più perché mia madre è sempre ubriaca.
Crisi economica e della famiglia
Quella dei minori abbandonati e istituzionalizzati in Ucraina è una vera a propria piaga sociale. Il fenomeno è enorme sia che ci si fermi alle cifre ufficiali: 130 mila, secondo i dati governativi; sia che si dia credito alle stime delle associazioni umanitarie: 300 mila. Si tratta per il 90 per cento di orfani sociali. Crisi economica e disgregazione familiare sono i due principali fattori scatenanti: l'Ucraina detiene il primato, tra i Paesi dell'Est, per separazioni coniugali. Il 70 per cento delle famiglie si divide dopo cinque anni di matrimonio. E quando non c'è divorzio, a distruggere la famiglia ci pensa la disoccupazione e l'alcolismo. Intanto, i bambini ospiti degli internat, gli orfanotrofi statali, sono sempre di più. Difficile dire quanti. I dati ministeriali sono bassi, ma perfino una fonte ufficialissima come la Relazione sullo stato dell'infanzia stilata ogni cinque anni dall'Istituto ucraino delle ricerche sociali è costretta ad ammettere che il numero degli istituti è insufficiente per ricoverare tutti bambini, e parte dei minori dev'essere alloggiata negli ospedali, e che le risorse economiche non garantiscono, a volte, neanche il vitto quotidiano.
In due ore d'auto da Kiev si raggiunge la cittadina di Vasilikiv. Qui sorge un vecchio, grande internat. La fatiscenza in cui versa l'edificio ha un'evidenza desolante: non c'è una finestra che abbia un vetro intatto, mancano i tavoli in mensa, e gli armadi nelle camere; i bagni assomigliano più a latrine; la palestra non conosce manutenzione da quarantaré anni. Le sedie esistono perché i ragazzi s'ingegnano a costruirne. Uno dei pochi elettrodomestici presenti è una vecchia tv, ma è sempre sottochiave perché altrimenti viene rubata e venduta.
In queste condizioni vivono e studiano 230 orfani dai 14 ai 18 anni che dovrebbero uscire con un diploma professionale. Ma come si fa a preparare degli autisti se ci manca l'auto per la scuola-guida e, quando c'è, non possiamo farci il pieno? E come formare buone sarte se le macchine per cucire sono sempre da riparare? - ammette, sconsolata, la giovane direttrice -. Chi esce di qui non può che essere pieno di rabbia contro questo Stato e privo di speranze. Di fronte all'istituto sorge una caserma dell'aeronautica militare: in questa insegnano a volare, qui imparano solo a scappare.
L'internato di Bucha un modello da imitare
Dall'internato di Bucha, paesino contadino della provincia di Irpin, invece non scappa nessuno. Pur ospitando più di 400 minori tra i 3 e i 18 anni l'istituto riesce a dare un senso alla vita dei piccoli ospiti. Abbiamo anzitutto cercato di superare l'abituale isolamento in cui versano questi istituti, aprendo le porte della scuola anche ai bambini del paese che hanno famiglia, spiega Igor Maltsev, vicedirettore dell'orfanotrofio.
Ex maggiore dell'esercito sovietico, dopo una lunga esperienza a bordo dei sottomarini atomici, un bel giorno ha scritto una lettera a Gorbaciov chiedendogli di poter troncare con la carriera militare: Preferivo insegnare ai bambini che continuare a dirigere soldati. Da dodici anni ha trasferito la sua capacità operativa nella gestione di questo istituto che è diventato un modello da imitare. La parola d'ordine è: occupare la mente dei ragazzi e incentivarli in ogni modo.
A Bucha il tempo per oziare non c'è: oltre alle materie scolastiche, l'istituto offre corsi di danza, scacchi, laboratori di falegnameria e d'informatica. Il parco che circonda l'edificio ospita, addirittura, un allevamento di ottanta pecore, che fornisce il fabbisogno di latte agli ospiti. Ogni classe ha un rappresentante che fa parte del parlamentino dei bambini. L'anno scorso abbiamo congedato venti giovani, quattordici dei quali si sono iscritti all'università . Ma sa qual è stata la soddisfazione maggiore? L'iscrizione di tre nostri allievi alla scuola per assistenti sociali. Vogliono prendersi cura degli orfani come qualcuno ha fatto per loro in tutti questi anni.
Ma quella di Bucha, purtroppo, resta un'eccezione: il 30 per cento dei minori che escono dagli orfanotrofi non trovano casa né famiglia e non pochi di loro si suicidano o muoiono ammazzati. D'altra parte, la cultura dell'adozione da queste parti non è ancora nata, e una coppia ucraina che adotta un bimbo quasi se ne vergogna. Cambia città , si nasconde in casa, ammette Andrei Voitenko, presidente di Cuore aperto.
Ma un Paese che abbandona i suoi figli non ha futuro.