Sul colle del paradiso

Voluto da papa Gregorio IX e realizzato in parte da frate Elia, il complesso monumentale creato per onorare la memoria del Poverello di Assisi, è diventato un tesoro di arte e un centro unico al mondo di spiritualità, di dialogo e di fervore ecumenico.
05 Ottobre 1997 | di
   
   
Assisi, che recenti avvenimenti hanno rilanciato all'attenzione del mondo intero, è da sempre città  straordinariament felice per l'incanto di cui la natura l'ha dotata, per l'arte che i pittori del Trecento hanno qui profuso a piene mani, per la presenza sempre viva di un santo, il cui spirito la anima e la pervade. Da sempre è meta di gente, credente o no, che quello spirito vuole trovare o ritrovare. Soprattutto lo spirito di pace e di fratellanza con gli uomini e con tutto il creato che hanno fatto della città  del Poverello un centro mondiale del dialogo con tutte le religioni per la pace, e di richiamo al rispetto della natura e delle creature di Dio, contro ogni progetto di sfruttamento dissennato.     

Luogo di incontro della fede e della pietà  sono le due grandi basiliche che l'amore e il genio di tanti devoti hanno innalzato a onore del Poverello e la cui storia qui rapidissimamente vogliamo raccontare.

C'era anche frate Antonio ad Assisi il 25 maggio del 1230 (era in corso il capitolo generale dei frati) quando le spoglie mortali di Francesco furono trasferite dalla chiesa di San Giorgio - dove quattro anni prima erano state provvisoriamente collocate - nella nuova chiesa-sepolcro che frate Elia, un geniale minore che sapeva ben coniugare i Salmi con le leggi della statica, aveva ideato e messo in piedi in appena ventidue mesi. La prima pietra era stata posta, infatti, il 16 luglio 1228 da papa Gregorio IX che il giorno precendente aveva inserito il Poverello d'Assisi nell'albo dei santi. Luogo prescelto per il tempio, un lotto di terreno donato da un ricco assisate e situato sul colle dove venivano lasciati i cadaveri dei giustiziati e per questo chiamato 'Colle dell'inferno': la presenza di Francesco lo trasformerà  nel 'Colle del paradiso'.     

La basilica, che non aveva la grandiosità  del complesso attuale (si limitava a quella oggi detta 'inferiore' senza le aggiunte successive), era venuta su grazie alla commovente generosità  dei fedeli. Ma anche tra una ridda di polemiche . C'era chi tra i frati       considerava oscena tanta profusione di denaro per un santo che aveva fatto della povertà , anche materiale, il punto di forza della sua vita e della sua spiritualità . E non li rassicurava il fatto che quel sontuoso omaggio all'uomo che aveva riformato la vita della chiesa, l'aveva voluto Gregorio IX, garantendo lui stesso sulla questione della povertà . Frate Elia si era volentieri adeguato.

Il giorno della traslazione, Assisi pullulava di frati convenuti per il capitolo: assieme a migliaia di fedeli accompagnarono le spoglie di Francesco nella nuova dimora. La commovente cerimonia si concluse in modo imprevisto. Giunti davanti alla chiesa, i frati trovarono le porte sbarrate da soldati che impedivano a chiunque di entrarvi. Ma non fu la sola sorpresa: mentre tutti cercavano spiegazioni, frate Elia e i maggiorenti del comune con un colpo di mano prelevavano le spoglie del Santo, le introducevano in chiesa per poi nasconderle in una cripta segreta scavata nella roccia sottostante la chiesa.     

Nessun frate, e neppure il pontefice, era stato informato del gesto, che i più buoni definirono di inaudita arroganza. Frate Elia, minacciato addirittura di scomunica, dovette dare spiegazioni. Le diede e furono convincenti. D'accordo con le autorità  civili aveva voluto prevenire eventuali malintenzionati: i furti di reliquie di santi, e non sempre per motivi di devozione, a quel tempo erano frequenti. E quelle di Francesco costituivano ambitissima preda. Meglio non correre rischi. E le proteste cessarono.

Della tomba del Santo, poi, si persero addirittura le tracce. Venne ritrovata solo il 12 dicembre del 1818, dopo 52 notti di lavoro. Ora alla cripta si accede da una scaletta posta a metà  della navata della basilica inferiore.     

Le polemiche sulla sparizione delle spoglie mortali di Francesco, dunque, si placarono. Ma non quelle relative all'intera opera celebrativa del Santo che nei progetti prevedeva qualcosa di più ampio e ardito di quanto realizzato e al quale frate Elia stava provvedendo. La chiesa appena costruita era solo la cripta-sepolcro per custodire il corpo del Santo, sopra di essa avrebbe dovuto sorgere un'altra chiesa destinata ai fedeli: l'insieme doveva costituire un monumento eccezionale, in sintonia con altri straordinari monumenti che quell'epoca di grande fede e di vertiginosi slanci aveva edificato o stava edificando.

Frate Elia, dunque, era all'opera (probabilmente affiancato dai celebri maestri Comacini e da altri), quando un tumultuoso capitolo di frati, convocato a Roma (1239), lo deponeva bruscamente da ministro generale dell'Ordine, reo di aver governato con pugno di ferro non solo i religiosi, ma anche il cantiere di Assisi. In seguito a ciò, probabilmente i lavori subirono una forzata interruzione, per riprendere più tardi. Nel 1253 venivano consacrati gli altari. A quel punto però i lavori non dovevano essere finiti, se qualche settimana dopo la cerimonia, Innocenzo IV autorizzava i frati a raccogliere offerte per il completamento dell'opera e per la sua decorazione. Il tutto fu portato a termine agli inzi del 1300.       

La chiesa inferiore, che oggi ammiriamo, non è identica a quella ideata da frate Elia. Ultimata la basilica superiore, per offrire maggiori spazi ai numerosi pellegrini, si provvide ad ampliare quella inferiore: vennero aggiunti il transetto di ingresso e le cappelle laterali, modificando in parte la pianta originaria. E così elementi gotici alleggerirono il massiccio impianto originario di stile romanico. La pianta della chiesa è a croce latina, divisa in campate quasi quadrate, coperta da volte a crociera cupoliforme, e con un'abside semicircolare.

Ideata come luogo di sepoltura, la basilica inferiore è volutamente ispirata alla chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che frate Elia aveva visitato, con tutta la simbologia che essa sottende. Come il provvisorio sepolcro di Cristo, la tomba di Francesco doveva insegnare che la morte significa passaggio verso la vita, verso la luce, per poter       prendere dimora nella Gerusalemme celeste.     

Di diversa concezione la basilica superiore: slanciata e luminosa, divisa in campate che corrispondono all'incirca a quelle sottostanti, più un breve atrio interno. Navata e transetto sono coperti da volte a crociera, con sottili costoloni e archi trasversi, su pilastri       composti da snelli fusti cilindrici.

Contemporaneamente alla chiesa sorgeva il convento: l'instabilità  del terreno in pendio venne da subito compensata con poderosi contrafforti che aumentarono di numero nel tempo, man mano che il convento si ingrandiva, fino a comporre, nel secolo XIV, la grandiosa sfilata di cinquantatré arcate sovrapposte che danno al tutto il carattere di un solido fortilizio.     

Da subito sulle pareti delle due basiliche si alternarono i maggiori talenti pittorici dell'epoca per raccontare la vita di Francesco ed esaltarne le virtù. Tra i primi un ignoto senese, detto  Maestro di San Francesco , che intorno al 1270 sulla navata centrale della basilica inferiore dipingeva cinque scene della vita di Cristo e altrettanti episodi della vicenda terrena di Francesco, per dimostrare come il Poverello abbia cercato di uniformare la propria vita a quella del divino Maestro.

Nel 1278 (o un decennio dopo, secondo altri), chiamato da Nicolo IV giungeva da Firenze Cimabue (e discepoli), il primo grande innovatore della pittura fiorentina, con il compito di avviare la decorazione della basilica superiore. Iniziò dal transetto e dall'abside narrando storie di Maria, dell'Apocalisse, dei santi Pietro e Paolo e affrescando la grande crocifissione del transetto sinistro e altri capolavori (evangelisti, teorie di angeli, la Madonna in trono con angeli e santi).     

Arrivarono, poi, esponenti della scuola romana capeggiata da Pietro Cavallini (sono con lui Filippo Rusuti  e Jacopo Torriti ), e forse anche il grande caposcuola senese  Duccio da Boninsegna . Il confronto tra le due scuole favorì il completarsi di un discorso che portò al rinnovamento totale della pittura.  Sono della scuola romana, nella basilica superiore, tra altri lavori, le storie dell'Antico Testamento, alcune delle storie del Nuovo (Nozze di Cana) e la storia di Isacco.

Ma furono Giotto e la sua scuola a creare, nella basilica superiore, il ciclo pittorico più innovativo e anche più celebre, narrando sulle pareti della navata gli episodi più significative della vita di san Francesco ispirandosi alla biografia scritta da san Bonaventura (Legenda Maior ). Da tempo c'è polemica sulla paternità  giottesca di tutti questi affreschi: probabilmente l'apporto dei suoi discepoli è più consistente e ampio di quanto si pensasse un tempo. Giotto, infatti, lasciò Assisi nel 1300, ma vi rimasero i suoi scolari che lavorarono soprattutto nella basilica inferiore; per lo più ignoti, sono       conosciuti con il nome di Maestro della Santa Cecilia, Maestro delle vele, Maestro di Figline...     

Accanto ai fiorentini operano i senesi Pietro Lorenzetti e Simone Martini , autori di straordinari capolavori che fanno di Assisi il più importante museo della pittura del Duecento e Trecento. l

     

A colloquio con padre Berrettoni, custode del Sacro Convento
Il fascino di Francesco                 

Vicini e lontani affratellati dallo 'spirito di Assisi': non c'è profezia migliore
per il grande giubileo del duemila.
     

a cura di Egidio Monzani

Padre Giulio Berrettoni è custode della basilica di San Francesco e del Sacro Convento dal 1989, testimone quindi del grande richiamo che sta suscitando san Francesco in questo scorcio di fine millennio. Lo abbiamo intervistato.     

Msa. Quali avvenimenti e ragioni hanno fatto di Assisi una capitale dello spirito.

Berettoni. I fatti si raccolgono in questo ultimo trentennio.     

Nel 1973 si celebrò il 750° della Regola bollata di san Francesco e la città  di Assisi fu letteralmente invasa da migliaia di religiosi, suscitando curiosità  e interesse dei massmedia.

Nel 1978 si effettuò la ricognizione, la seconda dopo quella dei lontani 1819, per verificare lo stato di conservazione dei resti mortali del Santo. L'esposizione delle reliquie richiamò moltissima gente.     

Ci fu poi, nell'anno 1982 l'ottavo centenario della nascita di san Francesco. E recentemente, 1993-1994, quello di santa Chiara.

Ma nel frattempo le quattro visite di Giovanni Paolo II contribuirono non solo a fare di Assisi la città  dello spirito, ma a definire lo stesso 'spirito di Assisi'.     

La prima visita ebbe luogo dopo pochi giorni dalla sua elezione, nel novembre 1978. L'incontro con la Conferenza episcopale italiana nel 1982. L'incontro con i capi delle religioni nel 1986. E infine la grande preghiera per la pace nei paesi Balcani nel gennaio 1993. Grandissima rilevanza ebbe l'incontro di preghiera per la pace del 27 ottobre 1986. Da quel momento iniziò per la chiesa un vero cammino interreligioso ed ecumenico, e Assisi fu eletta come punto senza ritorno di dialogo e di fraternità .

Queste quattro visite sono state impresse recentemente in sculture di bronzo dal maestro Manfrini.     

Perché la gente viene in Assisi?

Le risposte possono essere tante quanti gli stati d'animo dei pellegrini. Qualcuno cerca certamente l'esperienza umana e cristiana di Francesco e Chiara. Senza dubbio questi due santi rappresentano l'ideale e la nostalgia verso Dio che ogni uomo e donna coltiva dentro di sé. La loro visione e interpretazione della vita sono radicalmente e appassionatamente positive. Assisi trasmette questo movimento spirituale come una nota profetica in una cultura sommersa e affannosamente legata alle cose e alla materia.     

Anche l'uomo credente, religioso o laico, ritrova in Assisi la possibilità  di un'esperienza carica di spiritualità , fatta di contemplazione e di silenzio: un recupero fondamentale nel ritmo caotico imposto dalla vita.

Inoltre, la dimensione radicalmente e pienamente umana della santità  di Francesco, ha fatto avvicinare a questa città  uomini di buona volontà  animati dal desiderio della fraternità , dell'accoglienza, della convivenza serena senza essere ghettizzati per ragioni sociali o religiose o di cultura. Di qui 'lo spirito di Assisi' che rende la città  'casa comune', dove il senso dell'ospitalità  e l'impegno a dare delle risposte a esigenze profonde devono attivare un vero spirito di servizio.     

Che cosa offre Assisi?

Certamente una possibilità  di incontro con l'esperienza di Francesco e Chiara, narrata attraverso i luoghi legati alla biografia dei due santi, da cui tutti i visitatori possono portare con sé il messaggio francescano di pace, di perdono e di fraternità .     

Un contatto con la santità  di Francesco, recuperando simbolicamente la ragione della visita alla basilica; entrare, cioè, nella santità  di Francesco per subirne il fascino ed esserne avvolti.

Che cosa propone Assisi per il giubileo del 2000?     

Recentemente è stato scritto da una persona autorevole che 'lo spirito di Assisi è la migliore profezia verso il grande giubileo dell'anno 2000'. Per la sua vocazione di universalità , per la presenza in Assisi di vicini e lontani, Assisi ai pellegrini del giubileo, dentro le grandi linee della Tertio Millennio Advenienite, può proporre: il perdono e la pace; la profezia della fraternità  e povertà ; una nuova cultura a partire da Francesco; un cammino di speranza e di gioia in particolare per i giovani.

Francesco, fratello universale, prosegue ancora il mandato: 'Va', ... ripara la mia chiesa!'.             

'San Francesco Patrono d'Italia'

  Come ogni grande santuario, anche la basilica di San Francesco ha la sua rivista. È 'San Francesco Patrono d Italia', 77 anni di vita, mensile di 60 pagine tutte a colori.     

Evidentemente anche i santi hanno bisogno di un microfono se vogliono far arrivare la loro voce lontano.

'San Francesco Patrono d'Italia' è il microfono del Santo di Assisi, perché diffonde ogni mese la sua voce e il suo messaggio a tanti amici e devoti in Italia e nel mondo.     

Serve ad approfondire la conoscenza e il legame con Francesco, tentando soprattutto di legarlo alla nostra storia e alle nostre vicende personali e di comunità , perché continui ad essere una guida e un punto di riferimento per la nostra vita di uomini di credenti.

L'obiettivo della rivista è di creare una cultura alternativa nell'ambito dei massmedia, ove predomina la notizia pesante, deprimente, riducendo il mondo a un groviglio senza via di uscita e senza speranza. Raccontare il bene attraverso persone ed esperienze semplici, e per lo più nascoste, induce alla fiducia e all'ottimismo.       

Le rubriche spaziano su vari orizzonti: la vita della chiesa, la società  di oggi, la famiglia, la spiritualità  francescana collocata nella nostra cultura, la conoscenza di fatti e di persone che vivono nell'eredità  di Francesco, gli avvenimenti nazionali e internazionali che hanno come luogo d'incontro la basilica e la città  di Francesco...

Averla in visione non costa nulla: basta chiederne alcune copie a 'San Francesco Patrono d'Italia' - Basilica San Francesco - 06082 Assisi (PG).       

E. M.

Itinerari francescani.
Visita ai luoghi dove visse san Francesco
,
Fernando Uribe,
Edizioni Messaggero Padova,
pagine 208,
lire 12.000.
Scritto da un frate che ha lunga esperienza come guida dei pellegrini ad Assisi, il       testo è per quanti vogliono conoscere qualcosa di più delle informazioni turistico-artistiche: brevi stralci della vita di Francesco invitano e accompagnano la riflessione spirituale.
      

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017