Tra memoria e conoscenza

L'informazione può essere un asso nella manica per 120 milioni di italiani. Innovazione e sviluppo chiamano istituzioni e privati a raccogliere le nuove sfide tecnologiche.
02 Dicembre 2001 | di

L'informazione è un mezzo potentissimo di accelerazione del processo di globalizzazione. Ma, nei prossimi decenni, le nuove tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni avranno il potenziale di liberare, o di destabilizzare, le società .

Anche oggi, in un quadro così sofisticato e uniformante per definizione, l'etica della comunicazione e il potenziale di solidarietà  che può passare attraverso questo eccezionale canale di trasmissione, costituiscono valori sicuramente da riaffermare e da rilanciare. Lo diciamo da un osservatorio particolare come quello del Consiglio generale degli italiani all'estero, che da quando è nato, ha riservato all'informazione, da e per i nostri connazionali sparsi nei cinque continenti, ogni attenzione possibile e immaginabile.

L'informazione ha svolto, e svolge tuttora, un ruolo cruciale per "l'altra Italia", perché attraverso questa strategia della memoria e della conoscenza, le nostre comunità  sono riuscite a mantenere saldo il legame con la madre patria e con le proprie origini. Centinaia di testate italiane, giornali e opuscoli delle missioni cattoliche, programmi radiofonici e televisivi italiani all'estero, ospitati per lo più da emittenti locali, hanno sopperito per decenni all'assoluta mancanza di una politica organica dello Stato italiano in materia di informazione, ed hanno contribuito enormemente alla conservazione della lingua italiana, alla diffusione del nostro patrimonio culturale e alla promozione dell'immagine complessiva del nostro Paese.

È attraverso questa ricchezza che gli italiani all'estero hanno difeso la propria identità , le proprie radici storiche, e hanno imparato a raccontarsi poiché sanno di avere molto da dire, e in alcuni settori anche da insegnare. Le reti relazionali largamente diffuse che hanno costruito in molti Paesi, hanno valorizzato la comunità  come fattore di crescita delle società  locali e di quella italiana.

Le traversie della vita, le sofferenze e i disagi vissuti dai nostri emigrati non sono caduti nel vuoto. Hanno dato origine a grandi forme di solidarietà , testimoniate dalle società  di mutuo soccorso fondate ovunque, come pure dalla creazione di ospedali e scuole italiane. E con lo stesso impegno, hanno creato luoghi di aggregazione divenuti poi circoli e club prestigiosi. Eppure, nonostante l'attenzione puntuale e l'impegno profuso dal Cgie e dalle reti di associazioni presenti in emigrazione, si deve constatare l'insufficienza del flusso di informazioni che ancora oggi intercorrono tra le "due Italie".

C";è un dato impressionante per la sua dimensione numerica che ci obbliga a molteplici riflessioni: per ogni italiano che è rimasto, c";è stato uno che è partito. Questa Italia se non ha consapevolezza dell";enorme patrimonio rappresentato dai suoi 60 milioni di cittadini italiani e discendenti all";estero, rischia di arretrare entro i propri confini e di non coglierne l";utilità  nel quadro di processi sistematici necessari per reggere la competitività  che regna nel villaggio globale, che non è una rappresentazione irreale, bensì una manifestazione concreta e una sfida nei nuovi scenari internazionali.

I passi fatti per ricomporre la cesura informativa tra gli italiani all";estero e la nostra nazione non hanno prodotto i miglioramenti progettati, soprattutto sul versante del servizio pubblico. Grazie ai progressi tecnologici e a strategie di mercato più lungimiranti, la stampa italiana ha una maggiore diffusione internazionale e il Corriere della Sera o La Repubblica non hanno difficoltà  ad uscire quotidianamente a Sydney, Buenos Aires, Caracas, New York o Toronto, tralasciando l";Europa.

Non si capisce allora per quali ragioni i programmi radio-televisivi non riescano a fare un salto di qualità , assicurando un segnale più chiaro, contenuti più aderenti alle esigenze dei connazionali all";estero, palinsesti più ordinati e meno simili a quanto impera entro i confini nazionali.

Accanto al modello culturale anglosassone sta avanzando a grandi passi quello spagnolo, non solo in America Latina ma anche in Nord America. Vi è dunque la necessità  estrema di mettere freno alla sempre più palese emarginazione della lingua italiana dalla sua pratica, nella consapevolezza che la valorizzazione della cultura passa attraverso la lingua, che ne è alla base non solo come veicolo per la sua comunicazione, ma come sua parte costitutiva. E occorre fare scelte precise e rapide sull";indirizzo del nostro sistema radiotelevisivo per l";estero: rete di accompagnamento o rete culturale, oppure un mix di entrambe, ma cancellando molte delle cose che attualmente i nostri connazionali fuori dall";Europa criticano e respingono. Nel merito delle questioni da risolvere, vorrei qui rilanciare i quattro punti sui quali il Cgie insiste da tempo: eliminare le disfunzioni continue che si rilevano nel servizio pubblico in Europa; potenziare oltreoceano RAI International; operare investimenti urgenti in tecnologie migliorative per le trasmissioni radio affinché giungano in modo efficace alle comunità  italiane all";estero; coinvolgere le amministrazioni regionali, soprattutto quelle che negli ultimi anni hanno impresso una spinta decisiva alla comunicazione per i propri corregionali nel mondo.

Tutto ciò, comunque, non è certamente sufficiente a far sì che la cosiddetta "informazione di ritorno" trovi una sua collocazione definitiva in Italia. Si sa che il titolare del nuovo dicastero per gli Italiani nel Mondo, il ministro Mirko Tremaglia, ha un progetto ambizioso e che ha affidato l";incarico di curarne la realizzazione a persone altamente qualificate.

L";informazione di ritorno evoca il ruolo dei mezzi radio-televisivi, ma in pari tempo anche quello della carta stampata. I tentativi di cooperazione messi in campo negli ultimi anni tra importanti media italiani e media italiani all";estero, al fine di creare circuiti virtuosi e attivare sinergie preziose, non hanno dato sempre buoni risultati, e in alcuni casi non sono andati oltre la sperimentazione. Al riguardo dobbiamo avere la capacità  di discernere tra obiettivi di mercato finalizzati all";incremento delle vendite e informazione di ritorno, che anche in questi casi è mancata quasi del tutto.

È una carenza culturale che occorre colmare se si vogliono avvicinare veramente le "due Italie" e se si vuole mettere a frutto, in termini culturali ed economici, quella grande ricchezza data dalla rete della nostra presenza nel mondo. Fortunatamente non siamo all";anno zero, e indubbi progressi sono stati fatti. Dobbiamo migliorare la qualità  dei nostri messaggi trasformandoli da input ad output. Anche se viviamo nell";era multimediale, voglio richiamare l";attenzione sulla stampa italiana all";estero, un argomento che meriterebbe di essere affrontato dedicandovi uno spazio maggiore. È indubbio che la valorizzazione dei media in lingua italiana all";estero, siano essi giornali, radio, o televisioni, sia irrinunciabile. Aiutarli aumentando cospicuamente le risorse, come propone il ministro Tremaglia, ferme nella loro totalità  da anni allo stesso importo, senza parlare dei ritardi cronici nell";erogazione, vuol dire sostenere il loro ruolo di collegamento tra le comunità  emigrate, oltre che affermare l";importanza assoluta dei valori descritti poc";anzi. Soltanto con un";operazione di potenziamento delle loro possibilità  finanziarie si potranno migliorare anche gli aspetti qualitativi analizzati da tempo e realizzati solo parzialmente a causa delle ristrettezze finanziarie.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017