Tredici chilometri per vivere
Il suo nome era Mailumo. Non aveva ancora dodici anni quando è morta di colera. Mailumo è stata uccisa dall’acqua sporca. Come lei sono morti in tanti, soprattutto bambini, a causa della mancanza d’acqua, un bene prezioso senza il quale è impossibile qualsiasi prospettiva di sopravvivenza.
Siamo in Camerun, una sorta di «Africa in miniatura» come viene chiamato questo Paese per la molteplicità dei suoi paesaggi e la varietà delle etnie presenti. Ci troviamo, per l’esattezza, a Bambui, un piccolo villaggio a nord ovest, 1500 metri di altitudine, a tredici chilometri da Bamenda, il capoluogo della regione. Basta percorrere le sue strade polverose per capire subito, senza bisogno di tante domande, quale sia la situazione in cui vive la popolazione. Molte case sono ancora costruite con fango e paglia, le condizioni igieniche sono pessime, con poco o nulla da mangiare, ma soprattutto con niente da bere. Ogni giorno donne e bambini sono costretti a percorrere chilometri e chilometri a piedi, portando bidoni e contenitori di ogni tipo sulla testa, per rifornirsi d’acqua. I bambini arrivano spesso in ritardo a scuola e talvolta non possono frequentarla poiché è loro compito portare l’acqua a casa.
«La disponibilità di acqua potabile ha portato a una sensibile riduzione delle infezioni – spiega padre Umberto Paris, responsabile del progetto –. Inoltre è stata favorita la costruzione di nuove strutture scolastiche. L’acqua ha dato la possibilità di coltivare i terreni attirando la popolazione dalle zone limitrofe e offrendo lavoro a molte persone. Oggi vivono a Bambui almeno 6 mila bambini, sono sorti nuovi quartieri e la richiesta di acqua è aumentata. Per questo abbiamo proseguito quel progetto iniziale che mira a far arrivare l’acqua a un numero più elevato di bambini e villaggi».
L’obiettivo è quello di estendere la rete di altri tredici chilometri. L’opera consiste nel raccogliere l’acqua da una nuova sorgente e convogliarla nell’acquedotto esistente. Questa regione soffre di una cronica carenza d’acqua, dovuta alla mancanza di infrastrutture per la sua distribuzione più che alla scarsità della risorsa. I lavori hanno visto la sostituzione dei tubi rovinati dall’eccessiva pressione e la costruzione di una nuova cisterna di raccolta. «È accaduto anche un altro “miracolo” – prosegue padre Umberto –. Proprio i progetti legati all’acqua hanno portato alla collaborazione tra le persone, facendo superare le diversità che causano continui conflitti. Da noi ci sono cristiani, musulmani e credenti di altre fedi. Tutti, però, hanno posto al di sopra di ogni azione l’obiettivo finale, dimenticando le divisioni e pensando ai bambini. La maggioranza di loro proviene da famiglie nullatenenti, con grossi problemi legati all’aids che, insieme con la malaria, rappresenta la causa principale di un altissimo tasso di mortalità soprattutto tra i più piccoli, spesso già orfani».
I lavori, iniziati nel gennaio 2006, saranno conclusi a breve. Il progetto prevede che siano costruite anche tredici fontanelle, da cui attingere acqua potabile. Nel frattempo, l’acqua è arrivata in molte scuole, mentre altre sono state munite di fontane, in attesa che le tubature vengano posizionate al termine della stagione delle piogge.
Nel mondo sono 500 milioni i bambini che vivono quotidianamente questo problema: ogni 15 secondi uno di loro muore per mancanza d’acqua potabile, stroncato da malattie come la dissenteria, il colera, il tifo. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità ogni persona dovrebbe poter disporre di almeno venti litri d’acqua al giorno per bere, cucinare e lavarsi. Ma venti litri di acqua equivalgono oggi al consumo medio di un’intera famiglia africana.
C’è ancora molto da fare perché tante famiglie possano contare su un bene così prezioso. Ma, in fondo, se ci pensiamo, l’Africa e i bambini di Bambui non sono poi così lontani.
il progetto in breve
➜ Cosa: estensione dell’acquedottoper altri 13 km
➜ Dove: a Bambui, nel Nord ovest del Camerun
➜ Quando: dal 1989 al 2007
➜ Beneficiari: 20 mila abitanti (6 mila bambini)
➜ Quanto: la Caritas Antoniana contribuisce con 40 mila euro