Troverete un bambino
«E quelli che l’hanno trattato più male son quelli che hanno inventato il Natale…». Quando, alla guida, mi capita di ascoltare la nota canzone di Pierangelo Bertoli, mi sento un po’ strozzato da queste parole che tento di mandar giù, con il loro amaro retrogusto e la forza di ferire che hanno le mezze verità. Ci sono voragini nella storia che restano drammaticamente aperte, nonostante il passare degli anni. Il 3 ottobre di quest’anno, tra le centinaia di morti annegati di Lampedusa, un bambino nasce nel pieno del disastro e subito muore affogato. Il 16 ottobre 1943, memoria tragica per gli ebrei di Roma (il rastrellamento e la deportazione nei lager di 1024 persone), il figlio di Marcella Perugia, nato il giorno prima, finisce su un carro bestiame verso la voragine di Auschwitz. Sono solo due terribili esempi, ma di voragini di bambini ne restano aperte molte, qualche volta in forma assolutamente «legale», nell’indifferenza dei più.
Sto leggendo in questi giorni l’ultimo libro di Vito Mancuso. Condivido la sua domanda iniziale su come si possa amare e appassionarsi a un mondo che chiede un indescrivibile quantitativo di dolore come prezzo del cosiddetto «sviluppo umano» o «umanizzazione». «Ma di che cosa?» verrebbe da dire. Si parla di radici cristiane dell’Europa, si discute di jus soli e ci si chiede se sia giusto che l’immigrato che si salva dal mare incorra comunque nel crimine di clandestinità, incriminato magari insieme alle eroiche persone che lo hanno appena soccorso. Passa davvero la voglia di lasciarsi coinvolgere dalla «poesia» natalizia, che per un po’ sembra tutto anestetizzare. Ma noi abbiamo la possibilità di non farci schiacciare dal male, possiamo scegliere di vedere in modo chiaro le cose come stanno e come dovrebbero invece stare.
Sant’Antonio ci guida dicendoci: «Troverete un bambino». Questo è il messaggio vero del Natale! Tutto inizia sempre da una nuova vita che chiede spazio. Solo spazio, il resto lo fa da sé. Ed è esattamente qui, scommettendo sulla vita, che può ricominciare la nostra speranza. Sant’Antonio, sulla scia di san Francesco d’Assisi, vede il Natale come il «sorriso di Dio» sul mondo: «Oggi la Vergine, terra benedetta, ricolma della benedizione del Signore, ha partorito l’erba verdeggiante, il pascolo dei penitenti, cioè il figlio di Dio… Oggi viene ristabilita sulla terra la tranquillità e la pace. Che vuoi di più ? Tutto sorride, tutto esulta».
Ma Antonio non è uno sprovveduto, anche ai suoi tempi i piccoli e il loro diritto al «sorriso di Dio» non venivano tutelati. Scrive il Santo: «Troverete un infante. Ahimè, ahimè! Non “chi non parla” ma chi abbaia, chi detrae, chi mormora, chi adula io trovo, ovunque mi volga.. E tu dici “troverete un infante”»? Io trovo chi parla, chi leva la sua bocca fino al cielo e la sua lingua percorre la terra (cf. Sal 72,9)… Trovo chi parla, chi chiama bene il male e male il bene, chi cambia le tenebre in luce e la luce in tenebre…(cf. Is 5,20)». E, per restare in casa propria, sant’Antonio ha parole di fuoco per questa sproporzione di misure tra Dio e l’uomo: «Che cosa dirò degli effeminati prelati del nostro tempo, che si agghindano come donne destinate alle nozze, si rivestono di pelli varie, e le cui intemperanze si consumano in lettighe variopinte, in bardature e sproni di cavalli…?». Ma diceva lo stesso per tanti altri «potenti» di ogni ordine e grado.
Di ogni egoismo che minaccia la vita, tutta la vita umana, il Santo dice: «Il Padre, quando la Vergine Maria partoriva il suo Figlio, poteva dire ciò che Isacco disse a Giacobbe: “Ecco il profumo del mio figlio, come il profumo di un campo ubertoso, che Dio ha benedetto” (Gn 27,27)». Ogni bambino che nasce, nero o bianco che sia, è lui il Natale, profumo gradito a suo Padre. E proprio perché è così, voglio concludere parlandovi ancora di Lorenzo, il piccolo grande uomo della Comunità San Francesco di cui ho scritto poco tempo fa. Nato di mezzo chilo e con svariati problemi, ha voluto vivere, regalando i più bei sorrisi fin da quando ha lasciato la terapia intensiva. Ora corre, interagisce con tutto e con tutti, ha il visetto furbo di chi nasconde in pugno un segreto: è la passione di vivere? Non sappiamo chi abbia fatto il «miracolo» per Lorenzo, se il nostro Santo da molti invocato, o se i validissimi neonatologi padovani, o se l’amore della mamma, o se tutto questo insieme. O se il miracolo sia semplicemente lui, Lorenzo, segno dell’ «Immenso fatto bambino». Da cui tutto, per grazia, sempre ricomincia.
Buon Natale.