Turchia, cosa è rimasto di Gezi Park?
Di Gezi Park, la Turchia ricorda oggi la violenta risposta del governo: fortemente repressiva con i giovani che protestavano, fortemente benevola verso gli agenti di Polizia che caricavano.
L’impunità per le violenze delle forze dell’ordine è stata garantita dal diktat impartito dal presidente turco Tayyip Erdogan allora e anche un anno dopo: «Nessuna tolleranza per le manifestazioni pacifiche».
Così anche le manifestazioni promosse in tutta la Turchia per ricordare l’anniversario della sollevazione erano state vietate o disperse brutalmente con gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e manganelli.
Di recente, Erdogan ha intrapreso uno strano tour europeo rilanciando l’entrata del suo Paese in Europa. Prima Parigi, poi Roma. Il presidente turco non si recava in visita in Europa occidentale dai tempi di Gezi Park, quando parve chiaro che le politiche interne poco avevano a che fare con lo spirito europeo.
È bene ricordare che durante quelle proteste la Polizia provocò 8 mila feriti e almeno 4 morti. I pochi procedimenti nei confronti di alcuni agenti di polizia (in tutto 5) sono stati archiviati. Le restanti indagini sono state ostacolate o già chiuse. Oltre 5.500 persone sono ancora sotto processo per aver preso parte alle proteste con il reato di «finanziamento di organizzazione criminale».
Medici sono stati sottoposti a provvedimenti disciplinari per aver fornito i primi soccorsi negli ambulatori da campo allestiti durante le proteste di piazza. Hanno subito indagini anche quanti commentavano e documentavano i fatti sui social media mentre cresceva il potere di chiudere i siti Internet «sgraditi» al Sultano. E tuttora vige il terrore.
Il Presidente di Amnesty International in Turchia, per aver ricordato la questione dei diritti umani è stato messo in prigione. Dopo alcuni mesi è stato liberato e poi nuovamente arrestato, il tutto in 24 ore. Accadeva proprio mentre Erdogan e consorte prendevano l’aereo per Roma. Per chiedere di entrare in Europa.