Un americano a Roma

«Il nostro compito è quello di mantenere vive lingua, tradizioni e valori. La famiglia resta un caposaldo dell'identità italiana nel mondo».
21 Maggio 2007 | di

Incontro Renato «Ron» Turano nei suoi uffici del Senato. Questa sarà la sua casa per l’intera legislatura. La storia del senatore Turano inizia come quella di tanti calabresi emigrati: nato in Calabria nel 1942, negli anni Cinquanta si trasferisce a Chicago con i genitori e i fratelli per realizzare quello che sul suo sito web definisce come il loro sogno americano. Nel 1962 la famiglia acquista un piccolo panificio, poi trasformato nella più grande azienda di produzione di pane artigianale del Nord America. Oggi il senatore Turano è presidente della Campagna-Turano Baking Co. e anche chairman dell’American Bakers Association (ABA). Non ha mai dimenticato le sue origini e si è interessato attivamente della comunità italo-americana di Chicago per decenni. È stato presidente del Columbian Club of Chicago, dell’Associazione Calabresi in America, dell’Italian American Chamber of Commerce-Midwest e di Casa Italia, e ha ricevuto onorificenze da molte organizzazioni negli Stati Uniti e in Italia.

Sposato da 40 anni, 3 figli e 9 nipoti, il senatore Turano condivide le speranze e i sogni della prima, della seconda, della terza e quarta generazione di italiani in America.

Mi trovo in ascensore e, abbagliato dalla luce dei neon, cerco di raccogliere i miei pensieri. Busso e mi apre direttamente lui. Ciò che mi colpisce subito è lo stile e la sobrietà dell’ambiente: sul tavolo c’è un Pc portatile aperto, la giacca è sulla sedia e il senatore è a suo agio in maniche di camicia. Questo primo impatto mi fa capire che è un luogo dove c’è poca politica e molto da postazione di battaglia. Altro particolare che mi attira è un porta bandiere che regge insieme il tricolore e la bandiera statunitense.

Il senatore Turano mi accoglie con la proverbiale ospitalità calabrese: la sua stretta di mano e un sorriso mi mettono subito a mio agio.

Amoruso. Lei è un senatore «calabrese», giunto a Palazzo Madama grazie al forte sostegno dell’associazionismo. Possiamo utilizzare questo parallelismo?

Turano. Senz’altro la comunità calabrese, la comunità siciliana e quella pugliese sono molto numerose negli Stati Uniti, ma anche in Canada, e queste comunità mi hanno fortemente appoggiato.

Quello dei parlamentari eletti all’estero è un sogno che finalmente si realizza: sono stati quasi tre milioni e mezzo gli elettori, ma in rappresentanza di almeno sessanta milioni di oriundi sparsi nel mondo. Che cosa ne pensa?

Sono circa 64 milioni gli italiani che vivono fuori dall’Italia. Solo nel Nord America contiamo 400 mila persone con passaporto e cittadinanza italiana. Il territorio è vasto anche se le comunità sono concentrate nelle principali città come Montréal, Toronto, Chicago, New York, nel New Jersey, a Philadelphia, a Boston, a Los Angeles, a San Francisco e un po’ nel Wisconsin.

Lei è sempre stato in prima fila con le associazioni degli italiani all’estero e dei calabresi. Come sono cambiate negli anni e verso quali obiettivi si sono indirizzate?

Le associazioni in Nord America, con il passare delle generazioni, stanno un po’ perdendo l’identità. Il nostro compito è quello di cercare di mantenere vive le tradizioni, la lingua italiana, tutti i valori che abbiamo portato dall’Italia per poi trasmetterli ai nostri figli. Le associazioni si riuniscono proprio per mantenere la propria italianità.

Il secondo aspetto è il suo attuale impegno politico, fortemente connesso con quello dell’associazionismo; con quali progetti e con quali entusiasmi si è lanciato in questa avventura?

Con l’obiettivo di far conoscere la vera realtà degli italiani all’estero a tutti gli italiani, e poi per portare a casa qualcosa in più: l’insegnamento della lingua italiana, la ristrutturazione dei consolati italiani affinché possano offrire servizi migliori. Poi proveremo a sviluppare una maggiore collaborazione tra tutti gli uffici e gli enti italiani per cercare di correlare le diverse funzioni, e tentare di formare una sinergia tra tutti loro.

Dopo il sogno americano, questo suo impegno politico, legato alla sua vita, può essere considerato come il suo «sogno italiano»?

Questo può essere la realizzazione di un sogno che aveva mio padre. Lui è emigrato con tutti noi e ha sempre voluto che noi mantenessimo i rapporti con l’Italia. Di tanto in tanto diceva che dovevo mantenere questi rapporti perché, forse, avrei potuto lavorare in Italia. Peccato che non ha visto la mia elezione al Senato e il mio rientro in Italia.

La famiglia ha un valore molto importante per tutti i calabresi nel mondo. E anche per lei è un punto di forza.

Noi abbiamo portato all’estero i nostri valori: la famiglia è stata sempre molto importante per i calabresi, nello specifico la mia famiglia mi è molto vicina. Lavoro insieme ai miei fratelli da quarantaquattro anni e andiamo ancora d’accordo. Io ho tre figli e nove nipotini che insieme a mia moglie costituiscono il mio principale sostegno.

Torniamo al suo impegno politico: membro della VI commissione permanente Finanze e Tesoro, e di quella parlamentare per l’Infanzia; un impegno gravoso ma pieno di soddisfazioni, soprattutto perché si tratta di attività che riguardano la vita quotidiana degli italiani in Italia.

Una delle cose che contano di più per me è aiutare i giovani, cercando di creare un ponte, un network tra i giovani italo-nord-americani e quelli italiani. Stiamo cercando di fare accordi tra le rispettive Università per scambi di studenti, docenti e programmi. Noi vorremmo allargare questo progetto a tutte le università italiane e collegarle con le maggiori Università degli Stati Uniti. Il mio obiettivo principale è quello di permettere ad ogni studente con cittadinanza italiana che vive in Nord America, di venire in Italia e di dedicare un anno del proprio curriculum allo studio in una Università italiana, così siamo sicuri che la lingua italiana non potrà perdersi.

Cosa ha provato entrando nel mondo della politica italiana?

Il primo giorno che sono arrivato, mi ha colpito moltissimo il picchetto d’onore che mi ha salutato. Pensavo a mio padre e a quello che mi aveva detto. Mentre viveva in me questa forte emozione, ho visto la grande confusione dell’aula, telefoni che squillavano, ognuno che parlava per sé. Per quanto riguarda l’aspetto prettamente politico, mi attendevo molto più «colloquio» tra le parti, maggior concordia e mi aspettavo un dialogo tra opposizione e maggioranza, invece ho trovato che l’opposizione offre solo un muro, e al di là di quel muro non si è capaci di formare alleanze. Sento che quello che perde è l’elettore, il cittadino.

Senatore Turano, quale provvedimento vorrebbe veder approvato per la sua Calabria?

Io penso che la cosa più importante per la Calabria è il futuro dei suoi giovani per cui occorre creare opportunità di lavoro affinché possano rimanere nella regione. Oggi tutto ciò è molto difficile: sono vicino al mondo delle Università, e ogni anno si contano ventimila laureati, ma purtroppo non c’è un posto di lavoro per tutta questa gente. I giovani si impegnano a crearsi una propria vita e una propria identità, e molti di loro se ne vanno via. È un vero peccato perché per anni abbiamo offerto risorse umane a tutto il mondo.

Come definirebbe la «calabresità»?

Penso che siamo portatori di valori che, negli anni, abbiamo contribuito a diffondere in tutto il mondo: valori come quelli della famiglia, dell’ospitalità, della facilità di adattamento. Lo abbiamo visto con i corregionali che sono andati in tutto il mondo e hanno contribuito a edificare intere nazioni. La cosa che mi viene in mente è la generosità, l’amore per la famiglia e la capacità di adattarsi alle più svariate situazioni.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017