Un antidoto contro l’odio

Senz'amore, la giustizia non basta a portare nel mondo quella pace che il terrorismo mina, cavalcando la disperazione di tanti popoli oppressi dalla povertà e dall'ignoranza.
19 Gennaio 2004 | di

L";anno nuovo è iniziato con i gravi interrogativi e gli eventi che in queste ultime settimane sembrano voler minacciare la nostra speranza in un futuro migliore per l";umanità . La persistente minaccia terroristica toglie, infatti, alla comunità  internazionale, serenità  e senso di sicurezza, sia nelle nostre città  come in intere nazioni. E si radica, purtroppo, la convinzione che la strategia del terrorismo sia diventata ormai planetaria. L";equilibrio del mondo rimane alterato, e la paura di nuovi, devastanti attentati, come quello del tragico 11 settembre 2001, è cresciuta, com";è cresciuta la domanda di sicurezza.
Dai Balcani all";Iraq, dall";Afghanistan al Medio Oriente fino ai Paesi dell";Africa sub-sahariana, ovunque è impellente un sostegno politico, non militare, e aiuti economici destinati a garantire sicurezza e democrazia alle popolazioni locali. Il rifiuto della guerra si è fatto più esplicito nella coscienza di tanta gente. Rimane, però, ancora lontano l";accordo degli Stati Uniti e dell";Europa con l";Onu per una comune politica mirata a salvaguardare la pace e a garantire la democrazia nei Paesi in cui è più a rischio la tutela dei diritti umani e laddove le situazioni politiche e sociali continuano a fomentare lotte, violenze e forzate fughe dalla propria terra.
Noi non desistiamo dal sognare un mondo più giusto, dove i popoli di diverse culture e religioni possano vivere con dignità  e in pace. Ci sarà  però un futuro migliore se coloro che hanno in mano le sorti del mondo "; d";intesa con l";Onu, accolto come punto di riferimento sui diritti internazionali e sui problemi emergenti nel mondo "; fonderanno la loro politica sociale sui valori della democrazia e sul rispetto dei diritti civili. «È doveroso riconoscere che l";Organizzazione delle Nazioni Unite, pur con limiti e ritardi, ha contribuito notevolmente a promuovere il rispetto della dignità  umana, la libertà  dei popoli e l";esigenza dello sviluppo», ha affermato Giovanni Paolo II nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace. Anche la stessa lotta al terrorismo, che richiede sempre maggiori forze ed energie in diversi territori del mondo, non può risolversi in controffensive punitive. «È essenziale che il pur necessario ricorso alla forza "; aggiunge il Papa "; sia accompagnato da una coraggiosa e lucida analisi delle motivazioni soggiacenti agli attacchi terroristici. L";impegno deve esprimersi anche sul piano politico e pedagogico».
Ho letto con stupore e interesse una recente affermazione del segretario di Stato americano, Colin Powell, pubblicata dall";Economist : «Combattiamo il terrorismo perché costretti a farlo, ma desideriamo un mondo migliore, con democrazia, sviluppo, salute e diritti umani. Non si tratta di decorazioni per camuffare i nostri interessi. Sono questi i nostri veri interessi». Un";affermazione che dovrebbe essere punto di partenza per il rilancio del dialogo con Paesi come l";Afghanistan, l";Iraq o le nazioni africane dove le lotte sembrano endemiche. Il vero nome della pace si chiama solidarietà . L";alternativa alla guerra e alla fame si pone allora con progetti di sviluppo; con la ricerca di maggiore benessere e di risultati sociali ed economici che si possono raggiungere con mercati più equi. Sarebbero segno del superamento dei blocchi e delle divisioni che hanno impedito, per esempio, la soluzione positiva del recente incontro mondiale di Cancun, in Messico. «Da sola la giustizia non basta», sottolinea Giovanni Paolo II: «Può anzi arrivare a negare se stessa, se non si apre a quella forza più profonda che è l";amore».

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017