Un elisir chiamato preghiera
Il battello solca lentamente lo specchio d'cqua che separa il paese di Orta, sulla riva del lago omonimo tra le colline dell'alto novarese, dall'isola di San Giulio.
A chi la osserva da riva l'isola appare come una nave che ha appena gettato l'ancora, ma già pronta a salpare di nuovo. Una luce rarefatta le dà un fascino misterioso. Il viaggio è breve ma è sufficiente a creare uno strappo dal mondo. Le ansie e il chiasso restano alle spalle.
La leggenda narra che nel IV secolo dopo Cristo san Giulio, prete, pellegrino dalle isole del mare Egeo, sia giunto nell'isola, allora scoglio selvaggio e inospitale, a bordo del suo mantello disteso sulle acque. Qui piantò nella roccia la croce e predicò la parola di Dio.
Appena sbarcati, appare, quasi d'incanto, la basilica medievale di San Giulio, incastonata tra i pochi edifici dell'isola. Percorrendo strettissimi viottoli si arriva poi a un piccolo spiazzo, che ha al centro un pozzo con insegne nobiliari, qui si sorge il monastero benedettino 'Mater Ecclesiae'. L'abbazia è un imponente edificio, già seminario, costruito nel secolo scorso sulle macerie di un antico castello. Qui ora vivono 54 monache, tra esse 15 novizie e una postulante: insieme testimoniano, nella solitudine e nella preghiera, l'attualità della vocazione contemplativa.
L'abbazia, come si legge su un'effigie infissa sul muro, è dedicata alla Madonna 'Mater Ecclesiae', Madre della chiesa. Suoniamo il campanello. Al termine di un'ampia scalinata ci accoglie sorridente una giovane monaca, che ci conduce dalla abadessa, madre Anna Maria Canopi.
Madre Canopi è conosciuta per la sua intensa spiritualità , molte sue riflessioni sono state riprodotte in opuscoli e libri distribuiti un po' ovunque. Nel 1993, prima donna a farlo, ha scritto i testi per la Via Crucis che Giovanni Paolo II conduce il Venerdì Santo al Colosseo. Nel 1995 propose ai giovani, che incontravano il papa a Loreto, la sua testimonianza di claustrale. È arrivata sull'isola nel 1973 con un piccolo drappello di monache, provenienti da Vidolbone, Milano: sentivano il bisogno di costruire una comunità che seguisse fedelmente il carisma del fondatore, san Benedetto, facendo fruttare i doni dello Spirito nel silenzio e nel distacco totale del mondo.
La giornata delle monache benedettine si svolge in armoniosa alternanza di preghiera e di lavoro, così che la preghiera sia anche lavoro e il lavoro preghiera. Si passa dal raccoglimento e dalla coralità delle voci, al ritmo e alla coralità delle mani e delle cose. Le principali attività delle monache sono il restauro di tessuti antichi, tessitura a mano, confezione e ricamo di paramenti e arredi liturgici, scrittura di testi di spiritualità , pittura di icone e altri lavori artigianali.
Per i benedettini l'ospitalità è sacra, sancita dalla regola: 'Tutti gli ospiti che giungono al monastero - esorta san Benedetto - siano accolti come Cristo; poiché infatti egli un giorno dirà : 'Ero forestiero e voi mi avete accolto'. A tutti siano tributati i dovuti onori, specialmente ai credenti e ai pellegrini. Nel saluto stesso - continua la regola scritta dal Santo di Norcia - si mostri grande umiltà davanti a tutti gli ospiti: quando essi arrivano e partono si chini il capo davanti a loro, oppure ci si prostri completamente a terra, onorando così in loro il Cristo che in essi viene accolto. Ai poveri e ai pellegrini sia riservata un'accoglienza particolarmente premurosa, perché in essi viene accolto Cristo nel senso più vero'. Molti chiedono di parlare con madre Canopi. Arrivano anche da molto lontano, non solo geograficamente. Qui hanno bussato anche persone legate alla mafia. 'Persone - aggiunge l'abadessa - in via di pentimento, che desiderano uscire dalla piovra che attanaglia il loro cuore. Persone con drammi umani e interiori molto forti. A tutti cerchiamo di dare conforto e aiuto spirituale, anche attraverso la corrispondenza'.
Gli ospiti (sacerdoti, religiosi, laici, coppie, giovani, piccoli gruppi) vengono accolti nella foresteria, dove possono pernottare circa 20 persone. A loro è richiesta la partecipazione integrale alla preghiera liturgica del monastero, che inizia alle 4.50 con il canto del mattutino e si conclude alle 20.45 con la compieta. È possibile anche condividere il lavoro, negli ambienti riservati, secondo le necessità del monastero. Come il signor Pierino, padre di una giovane monaca, che ogni anno, oltre a far visita alla figlia, si ferma a sistemare il vigneto. E Sara, sorella di un'altra claustrale, che, in visita alla comunità , si presta a dare una mano nell'accoglienza agli ospiti.
I pasti vengono consumati, insieme al cappellano del monastero, in una sala del parlatorio. Si pranza in silenzio, mentre da un altoparlante si ode la voce di una monaca che legge testi di spiritualità . Con noi, seduti al tavolo, oltre a papà Pierino, a Sara e ad altri ospiti ci sono anche Davide ed Eligia, una giovane coppia di sposi di Lentate sul Seveso, in provincia di Milano. Sono sposati da sette anni e hanno due bambini: Matteo, cinque anni e Marta di due. Hanno lasciato i bambini ai nonni e per qualche giorno hanno deciso di condividere con le monache la vita di preghiera. 'È la quarta volta che veniamo in questo monastero - racconta Eligia - . La prima, una settimana prima di sposarci. Ogni tanto ritorniamo per riassaporare il gusto della preghiera e del silenzio'. 'Molto spesso le preoccupazioni della vita quotidiana ci stordiscono - le fa eco Davide - e ci portano a trascurare la vita interiore. A volte ci si sente come vuoti dentro. È importante fermarsi e riflettere. E la preghiera, il raccoglimento aiuta a ritrovare noi stessi e a entrare in contatto diretto con Dio'.
'Il silenzio è Dio presente in noi - afferma madre Anna Maria - . È Dio in noi. L'esperienza del silenzio coincide con l'esperienza mistica della presenza di Dio'. L'abadessa racconta di una ventina di giovani, provenienti da Biella, che hanno sostato al monastero: 'Erano diretti a Torino, dove avrebbero fatto visita alla sacra Sindone. Ma prima hanno voluto condividere con noi una giornata di preghiera e di meditazione. I giovani - conclude l'abadessa - hanno bisogno di essere educati a incontrare Dio nella preghiera. La preghiera è vivere nel desiderio di Dio. Per evitare di cadere nelle illusioni e inseguire altre vie, non autentiche, di vita spirituale, occorre invocare lo Spirito Santo affinché ci doni il giusto discernimento. Sant'Agostino diceva che bisogna sempre tenere la bocca accostata alla sorgente'.
Con i francescani
I responsabili della pastorale giovanile dei francescani conventuali della Provincia Patavina propongono alcune 'vacanze alternative'. - Settimane di spiritualità presso la basilica di San Francesco ad Assisi: - Campi itineranti (Assisi e luoghi francescani): - Portogallo e Spagna: itinerario francescano. - Campo di lavoro e di preghiera: - Campi di lavoro in Ghana, Africa: - Periodo di silenzio e di preghiera per le giovani Per ulteriori informazioni rivolgersi a: |