Un hub per gli italo-americani di New York

Nel cuore di Brooklyn, la Fiao si appresta a realizzare un luogo d'incontro per soddisfare le crescenti richieste degli iscritti: corsi di lingua e cultura italiana, attività sportive e sociali. Un progetto da 15 milioni di dollari.
23 Giugno 2008 | di

New York
Se tutto va bene, l’anno prossimo la comunità italo-americana avrà una nuova casa a New York. Sarà il nuovo centro della Federazione delle organizzazioni italo-americane di Brooklyn, che verrà costruito a Bensonhurst, che un tempo fu cuore nevralgico degli emigrati dal Belpaese negli Stati Uniti.
Adesso la sede della Federazione (chiamata Fiao) è al numero 7403 della 18th Avenue, sempre a Bensonhurst: ospita uffici per aiutare gli italo-americani a risolvere i problemi burocratici relativi alla cittadinanza, italiana o americana, oppure legati alla vita quotidiana negli Stati Uniti, come il pagamento delle tasse. La Fiao offre anche a circa 250 giovani l’opportunità di giocare a calcetto, ballare e avere un punto di riferimento sociale. Tutto quello che offre la Federazione è gratuito. Anche se la missione finale rimarrà sempre la stessa, ben diverse saranno la dimensione e il ruolo del nuovo centro, che ospiterà un’avveniristica biblioteca, spazi per le esposizioni d’arte, una palestra, una piscina, un campo per giocare a calcetto e diverse stanze per riunioni e convegni.
«Offrirà molte opportunità per la comunità italo-americana», spiega Jack Spatola, uno dei responsabili della Fiao che parecchio tempo fa, nel 1993, chiese al Comune di New York di trasformare la 18th Avenue di Brooklyn in «Viale Cristoforo Colombo» in onore dell’esploratore italiano che scoprì l’America. «Il sindaco di allora, David Dinkins, fu molto disponibile – spiega Spatola mentre guida la sua automobile lungo il Viale – e fu perciò deciso di dare un nuovo nome a questa strada».
La tappa più ambiziosa, per Spatola e gli altri animatori della Fiao, è il nuovo Centro per la comunità italo-americana che sorgerà proprio sul Viale dedicato a Cristoforo Colombo. «Ci saranno classi di inglese e di italiano – continua il presidente della Federazione –; altri alunni verranno addestrati, per esempio, ad affrontare con successo un’intervista di lavoro. Verranno dedicate lezioni a bambini in età prescolare, ci sarà un salone per stare assieme e parlare, una cucina per preparare pranzi e cene comunitarie, ma anche per una scuola culinaria di alto livello». Ci saranno, ovviamente, anche gli uffici che traslocheranno dalla sede attuale al 7403 di Viale Cristoforo Colombo, presa in affitto dalla Federazione.
Anche se sorgerà nel cuore di Brooklyn – qualche isolato più a sud, ma sempre sulla 18th Avenue – il Centro dovrebbe richiamare persone interessate anche dagli altri borough: i grandissimi quartieri di New York. Secondo il presidente della Fiao, gli italo-americani «verranno da Staten Island e dal Queens per usufruire dei servizi del centro» che cercherà di accontentare sia i giovani che gli anziani. Questi ultimi saranno aiutati in diverse aree: i servizi sociali, la gestione della pensione, italiana o statunitense, l’interpretazione e la traduzione delle pratiche burocratiche. Ma potranno dedicarsi anche ad attività più gradevoli e rilassanti come i giochi con le carte, il bingo, il nuoto o la ginnastica. Tutte cose che verranno apprezzate anche dai più giovani, cioè studenti e ricercatori degli atenei americani o figli degli emigrati storici. Interessanti per tutti, infine, saranno le conferenze su politica, economia, cultura, oltre che gli spettacoli con attori e cantanti.
Questo «Centro», insomma, sarà culturale, sociale e sportivo: per definirlo, Spatola usa una parola inglese: hub che indica proprio un nodo nevralgico per la società civile. Ma da chi è composta la società di Bensonhurst? È sicuramente meno italiana rispetto a trent’anni fa: l’emigrazione è diminuita perché molti non sentono il bisogno di lasciare l’Italia per cercare fortuna all’estero. Il modo di vivere all’italiana, sostiene Spatola, è completamente diverso da quello americano. E rischia spesso di andare perduto. Allo stesso tempo, per fortuna, c’è grande interesse «nel riscoprire le proprie radici, imparare – magari nuovamente – la lingua, andare al teatro italo-americano, mantenere la propria italianità».
Per fare questo, il Centro avrà a modello le istituzioni culturali di altri gruppi etnici presenti nei sobborghi della Grande Mela. Vicino a Bensonhurst, ad esempio, c’è una comunità ebraica molto attiva e socialmente molto coesa. Mantenere le proprie radici nel mosaico statunitense: la sfida della Federazione è tanto difficile quanto affascinante.
I problemi più sentiti dal tassello italiano di questo mosaico? «Certamente la lingua – spiega il responsabile della Fiao –; quindi i problemi con le istituzioni americane, che chiedono di compilare moduli e consegnare documenti, di seguire complicate procedure per ottenere la carta verde o la cittadinanza». Ci sono poi casi particolari, come quello di un giovane musicista al quale la Federazione ha trovato addirittura una band con la quale suonare.
I ragazzi e le ragazze italo-americani? «Sono molto complessi – risponde Spatola –: all’inizio, quando sono giovani, amano il calcio. Poi, però, si appassionano agli sport americani. D’altra parte, qui il calcio è molto amato dalle ragazze. E questo è qualcosa di straordinario. Molti ragazzi e ragazze, poi, ci aiutano spontaneamente, magari vogliono dare una mano ai più anziani, portare fino a casa loro la spesa: insomma, aiutarli per quel poco che possono fare. Rispetto al passato, questi giovani sono aiutati dalla “nuova” Italia: adesso, per esempio, il made in Italy ha reso il nostro Paese importante».
La Fiao ha cominciato le sue attività oltre trent’anni fa, nel 1977, a seguito del forte attivismo delle associazioni religiose e socio-culturali di Brooklyn per mantenere vivo il nostro passato e «vigilare sulla nostra cultura». Inizialmente vi aderivano solo sette organizzazioni. Adesso sono salite a 45, seguendo il motto: «l’unione fa la forza». Non senza successo: la Fiao è riuscita infatti a ottenere finanziamenti per due milioni di dollari all’anno. «Non abbiamo, però, la capacità di soddisfare tutte le richieste che vengono fatte», si rammarica Spatola.
Le richieste sono tante, variegate, magari inaspettate. Una volta, ad esempio, un gruppo di studenti italiani ha chiesto di poter essere aiutato per un viaggio di istruzione negli Stati Uniti. La Fiao, con l’aiuto di alcune famiglie italo-americane, ha offerto alloggio, lezioni di inglese, e diversi tour della Grande Mela. Altro tipo di istanze – spiega Spatola – vengono dagli imprenditori, interessati a importare o esportare i prodotti sulle due sponde dell’Atlantico. La Fiao, inoltre, cerca di aiutare anche i più giovani, nello studio e nel lavoro, con delle borse di studio.
Indubbiamente, però, il nuovo Centro sarà la risposta definitiva alle tante richieste della comunità italo-americana di New York. Costruirlo e renderlo operativo costerà 15 milioni di dollari. Finora ne sono stati raccolti 9,5. «Molto importante sarà l’impegno dei comuni cittadini – sottolinea il presidente – i quali possono donare, anche una piccola somma, direttamente sul web attraverso il sito: www.fiaobrooklyn.org».
Attualmente nella sede della Fiao lavorano 16 impiegati a tempo pieno, 200 persone part-time. Con il nuovo Centro ci saranno anche nuovi posti di lavoro, sottolinea Spatola mentre illustra il progetto della nuova casa della comunità italo-americana a Brooklyn.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017